All’attivo ha un romanzo “Pace” e una raccolta di 18 racconti “La Serpe nera”, opere edite entrambe dalla Casa Editrice di Patti, Pungitopo.
Graziano Delorda è uno scrittore messinese che ha creduto fermamente in se stesso ed ha ‘osato’ investire il proprio talento nella sua terra: la Sicilia, un’isola.
Luogo di per sé separato dal resto, dagli altri, dalle altre culture. Ed è stata questa la prima scelta di Delorda, credere – ancora e ancora – che si può costruire, rimanendo in casa propria, un futuro di artisti, pensatori, umoristi senza apparire utopisti. Credere che Messina può – ancora e ancora – dar spazio a chi vuole crescere culturalmente e si proporsi sfidando tutti i clichè stilistici ‘ingessati’.
Lo scrittore trentanovenne Delorda sia nell’opera di esordio che nella “La Serpe Nera” ha una penna vivace che lo guida fra storie realiste e crude dell’esistenza umana che potrebbe essere comune a quella di chiunque, di tanti. Il suo curriculum letterario è composto da una serie di collaborazioni e pubblicazioni su giornali e riviste culturali. Sta terminando un racconto che presto darà alle stampe ed è, ovviamente, top-secret.
Consultando la copiosa documentazione su di lui in rete, si trovano interviste e articolo giornalistici da cui si deduce l’originale personalità dell’uomo prima che dell’autore. È esattamente colui che narra quel genere di storie, non si dissocia di molto dai suoi personaggi. Il lettore può immaginare l’avvenimento narrato attraverso le descrizioni ed anche il suo ideatore. E questo è un pregio perché le storie che ci consegna si percepiscono vere, seppur di fantasia.
Oggi che di bello da immaginare c’è ben poco e, al tempo stesso, che si deve star con i piedi per terra, Graziano Delorda ci regala entrambe: fantasia e realtà.
Tratta dall’intervista di Nunzia Lo Pesti, propongo la domanda alla quale ha risposto: “Qual è la forma di scrittura più congeniale al tuo stile?«La scrittura è uno strumento al servizio dell’autore, uno strumento quasi “senziente”, oserei dire con volontà artistica propria, spesso ti porta dove vuole, scegliendo parole quasi a tua insaputa.
Nonostante l’assenza di una presunta regola non ti nascondo che torno decine di volte su ciò che scrivo, è una battaglia costante con la pagina. È certo però che il mio stile strizza l’occhio al fumetto e forse anche al cinema.
Parafrasando Bukowski potrei dire che il romanzo spesso non dice molto ma impiega troppo tempo per farlo, il racconto può dire tutto impiegando pochissimo tempo per farlo».
linda liotta sindoni
http://grazianodelorda.altervista.org/2012/01/01/2012/