Il racconto, la richiesta, la voglia sacrosanta di attenzioni
Non è un voler accendere i fari della cronaca per farne un “Caso” e neanche l’ennesima denuncia di malasanità.
Un semplice racconto, che sa di tristezza, di lotta, di amore, di tenacia… per pensarci sopra, rifletterci, con una bella presa di coscienza collegiale.
Infatti quanto leggerete non vuole essere una denuncia, puntare il dito su o contro qualcuno, ma semplicemente raccontare una storia, accogliere lo sfogo di una madre, il disagio di trovarsi di fronte ad istituzioni, fatte da uomini, spesso sorde, poco attente, avvolte nella burocrazia, e quindi lente e distanti dai bisogni dei cittadini.
Accade nel distretto sanitario di Patti, ma potrebbe accadere ovunque e a chiunque.
MARZIA LA PICCOLA GUERRIERA
Tutto ebbe inizio quella mattina del 12 Maggio 2013, ore 9,30 sala visite ospedale di Patti: Signora mi dispiace dirglielo ma un battito non c’è più.
Racconta la madre, ancora giovanissima, che quest’esperienza ha fortificato, l’ha resa ancor più caparbia, determinata, sempre alla ricerca di attenzioni e soluzioni per sua figlia: “Era come se mi rifiutassi di capire, il mio sogno si era frantumato per sempre, il buio e il dolore, paura al di sopra di tutto” .
C’era intanto l’altra emergenza.
Salvare la gemellina e bisognava fare in fretta.
In sala operatoria una voce rassicurante chiede “come chiamiamo la bimba? Marzia, risponde la madre. Era la festa della Mamma. Ci vuole coraggio e un bel respiro per Marzia che sta nascendo”. La dottoressa che seguiva il parto le parla: ” Mi prenderò cura di sua figlia”. Marzia era piccolissima, appena sopra il mezzo etto, era nata alla 27° settimana. Venne intubata, ventilata meccanicamente, non riusciva a respirare in modo autonomo, non si era fatta mancare niente : distress respiratorio, acidosi metabolica, ipoglicemia, sofferenza perinatale, anemia grave. Ma era lì qausi a dire a tutti “aspettatemi”.
Per complicare le cose un ampio dotto di botallo la stava scompensando sia a livello respiratorio che cardiaco, così si dovette decidere per un intervento chirurgico per chiudere la volvolina del cuore.
Da Patti a Taormina per un intervento decisivo, temendo il peggio.
Marzia (e non è un nome di fantasia) resiste, è resistente, la sua voglia di vivere era ed è esplicita. Passa i suoi primi 4 mesi in Tin e solo dopo questa sospensione nel limbo pdel reparto, asettico, senza rumori, quando un altra immersione nel liquido amniotico, la madre riesce ad abbracciarla, nonostante i tubi che penzolavano da tutte le parti il suo corpo. Quanti traguardi, il suo primo Kg, il passaggio in patologia dopo i mesi di terapia intensiva, la gioia di vederla vestita in mezzo a tanti altri bambini e il 26 agosto la rinascita a casa.
Racconta la madre: “Quando si ripercorre una esperienza difficile con il pensiero ritornano i brividi, una angoscia e un senso di vuoto al cuore, poi per fortuna guardi il presente ciò che hai e allora capisci che c’è un progetto superiore e che la chiave per andare avanti è sempre la speranza e il saper aspettare giorno dopo giorno. Ma ancora la strada era lunga da percorrere … io non sapevo cosa c’era ancora in serbo per noi e per lei”
SORDITA’ PROFONDA
La piccola soffriva di un grave deficit, frutto della sua prematurità: “ho pensato che non sarà mai normale, non potrà godere la vita come tutti gli altri bambini! Vedevo il problema come la fine, una catastrofe che non aveva soluzione”.
Il conforto, giusto per citarla della dottoressa Caterina Cacace – una presenza costante – si sintetizza in un altro abbraccio, quando le disse: Cosa vuol dire avere una vita normale ?
Io non lo so cosa vuol dire, perché ogni giorno combatto per tenere in vita bambini come Marzia e spero, fortissimamente spero che un giorno siano in grado di vedere , di camminare, di parlare. Non so se sarà così, ma io combatto sempre e li amo tutti allo stesso modo.
Capisco il tuo dolore e ti giuro che lo capisco davvero, ma pensaci bene mia cara, una sordità si recupera, costa fatica lo so ma si recupera. Pensaci bene, tutto ciò che si recupera puoi affrontarlo.
Magari con rabbia e dolore , ma devi farcela.
Così fù
La soluzione si chiamava Impianto Cocleare.
Il 22 Aprile 2015, sembra un secolo fa, la piccola affrontò l’intervento bilaterale. Marzia comincia, nel tempo, a sentire le voci, a parlare, a chiamare la sua sorellina e dice tante paroline, ad iniziare a vivere.
Ma la favola ancora non ha il lieto fine di tutte le favole
Le realtà dei centri riabilitativi dove esegue 5 terapie settimanale di logopedia e psicomotricità proprio per l’acquisizione del linguaggio e delle capacità di comprensione sono distanti, in Toscana a Pisa nell’ospedale di Cisanello, i controlli sono frequenti, prima ogni 6 mesi per un ricovero che varia da 5/ 10 giorni , ora ogni anno, le asl permettono di avere attraverso una richiesta un rimborso spese parziale delle spese che vengono affrontate dal viaggio al soggiorno in albergo o in case in affitto spese di alimenti e spostamenti coi mezzi pubblici.
Ma spesso il meccanismo si arresta, si inceppa,
Così la madre racconta ancora: “siamo partiti ad aprile scorso il 15 , nel mese di marzo ho inoltrato la domanda al distretto sanitario di Patti allegando certificato della pediatra richiesta di ricovero della clinica referto precedente …mi dicono che la commissione ha accettato la richiesta che il mio rimborso e pari a euro 223,00 ma che non c’è un capo reparto che firmi autorizzando la liquidita’…e passato un anno e noi ancora aspettiamo”.
a volte la parole sembrano semplici scuse.
Il padre di Marzia lascia il lavoro per 10 giorni e la ditta ne paga solo 3 di legge104 tutto il resto e perso.
Ma i sacrifici della famiglia sono anche di altra natura. Ci sono affetti, emozioni, rinunce, che lasciano il segno.
“Ma per nostra figlia per il suo bene questo e fatto con amore e lo capisce anche l’atra sorella poco più che adolescente”,
I pezzi che si rompono
Sono quelli di ricambio dell’impianto cocleare.
Si ricevono in convenzione, ma purtroppo le tempistiche sono da terzo mondo.
A volte 5 e come e successo anche 8 mesi, dal momento della loro rottura, che costringono la famiglia, alla fine, ad acquistare il pezzo perchè “tua figlia non può stare 8 mesi senza sentire nulla. Noi ogni giorno facciamo sacrifici io non lavoro più per dedicarmi alle sue attività e ai suoi bisogni. L’impianto è costituito in parti elettrici con cavetti che mandano l’impulso al nervo uditivo attraverso onde radio, se un cavetto ha un anomalia la bimba non sente più”. Il suo mondo diventa silente, senza rumori. I regressi psicologici sono dietro l’angolo.
quando si guasta viene da me e mi dice non sento aiutami!
Lasciare una bimba nel silenzio assordante e più totale per 8 mesi a volte diventa la prassi. La negazione di quei processi che la fanno andare a scuola ad apprendere, a socializzare, alle terapie mediche “questo – spiega la madre – sarebbe un regresso e non posso più permettere ciò, infatti da due anni non faccio più le pratiche Asl“.
L’appello
“Vorrei dire a questi enti che loro sono i tutori a cui affidiamo le cure dei nostri bambini porgete loro più cuore se siete padri lottate per i loro diritti per la loro crescita insieme a noi per una società migliore vi farebbe davvero onore l’impegno mostrato. Sono i fatti che contano”.
Noi l’abbiamo raccontata
Non vogliamo risposte, ma speriamo che una porta si apra quando ci si bussa, che una risposta giunga nei tempi “umani”… sperando di non dover scrivere ancora.
Ciao giovane guerriera