Si tratta di una lunga storia che parte dalla delibera di giunta municipale n° 101 del 6-08- 2014 con cui l’amministrazione comunale in carica decise di mettere in vendita tutti i capannoni dell’area artigianale di Filippello concedendo diritto di prelazione a quanti l’avevano in concessione.
Fu facile vendere quelli sfitti: i locali lasciati dalla SISA e quelli destinati ai servizi dell’intera area urbanizzata.
I nodi sono venuti al pettine quando gli altri affittuari, non potendo acquistare i capannoni, cercarono di far valere i loro diritti appellandosi alla concessione stipulata a norma del regolamento che prevedeva una durata di 36 anni rinnovabili.
L’amministrazione cercò di ricorrere ai ripari modificando il regolamento in alcuni punti ma il parere legale, richiesto dall’amministrazione comunale, concludeva che la parte di regolamento modificato non poteva valere per le concessioni già stipulate.
Nel febbraio 2015 l’amministrazione chiedeva alle dite affittuarie di far pervenire nel perentorio termine di “ gg.10 dalla notifica, documentazione idonea comprovante il rispetto degli obblighi assunti per l’assegnazione del capannone oggetto del contratto. Il mancato e/o esaustivo riscontro della presente richiesta comporterà l’automatica attivazione del procedimento di revoca dell’atto di concessione e conseguentemente del corrispondente contratto di locazione”.
A questa lettera ha fatto seguito una successiva missiva nel maggio dello stesso anno.
Il 25 giugno del 2015, l’amministrazione incaricava un legale affinché, analizzando i documenti pervenuti al comune, esprimesse un parere in merito alla permanenza, caso per caso, dei requisiti e quindi delle condizioni di mantenimento della concessione dei singoli locali.
In questi giorni sono pervenute agli interessati lettere del detto legale con le quali si fa rilevare che lo scopo della comunità europea, confermato nel contratto d’affitto, era quello di incrementare l’imprenditoria e quindi l’occupazione.
Nei fatti, secondo il legale si è fatto troppo poco e conseguentemente il comune di Sinagra avvierà il procedimento di revoca della concessione del 2006.
In effetti, l’intento della Comunità Europea è riuscito solo in parte in quanto le richieste dei capannoni furono inferiori a quelli disponibili, pertanto nessuna ditta è stata esclusa dall’assegnazione e alcuni locali sono rimasti sfitti. Le ditte alle quali furono assegnati i capannoni in affitto avviarono l’attività potenziando l’occupazione, e, tuttora, danno lavoro a tantissima gente. Avrebbero certo potuto creare più posti di lavoro se non si fosse messa di mezzo la crisi che ha investito tutta l’Italia, per non dire il mondo intero.
La CEE nel finanziare le opere aveva come obiettivo quello di incrementare le imprese e quindi l’occupazione nel territorio, cosa peraltro avvenuta, non certo di impinguare i bilanci comunali vendendo i capannoni a chi, comprando, è svincolato da qualsiasi obbligo di garanzia occupazionale.
Inoltre, in caso d’inadempienza e sfratto il locale, doveva essere assegnato a chi seguiva nella graduatoria.
Lo sfratto comporterebbe sia la chiusura di molte attività commerciali/ artigianali che il licenziamento di molti lavoratori senza alcun vantaggio per la comunità sinagrese.
Domenico Orifici
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