di Marcello Russo
IL CACCIA-BOMBARDIERE ITALIANO CHE HA ANNIENTATO LO STATUTO SICILIANO
La Sicilia, come molti sapranno, è definita regione a Statuto Speciale, ma in realtà, essa, ne è qualcosa in più, ovvero, è uno Stato federato allo Stato Italiano ed è l’unica, all’interno della Repubblica Italiana, a possedere tale status.
La Regione Siciliana, nome dell’ente autonomo fornito di personalità giuridica, fu istituita con Regio Decreto Legislativo n° 455 del 15 Maggio 1946 e, alla proclamazione della Repubblica, il suo Statuto fu interamente accolto nella Costituzione italiana attraverso la Legge Costituzionale n° 2 del 26 Febbraio 1948.
Tutto ciò non nasce per caso, ma è la testimonianza della plurisecolare tradizione istituzionale e costituzionale della Sicilia, manifestatasi attraverso il Regno di Sicilia, ma, soprattutto, è il risultato degli sforzi profusi dal MIS (Movimento per l’Indipendenza della Sicilia) e da altre forze politiche presenti in quegli anni nella nostra Isola.
Lo Statuto fu una grande conquista rispetto alla situazione giuridica ad esso precedente, ma fu anche una sconfitta rispetto alle aspettative e alla volontà dei Siciliani che ambivano ad una totale indipendenza, e, rileggendo i fatti dell’epoca, si evince come esso fu concordato proprio per assopire e logorare le spinte indipendentiste siciliane.
Questo dato è molto importante anche per comprendere le successive derive politiche e giuridiche a cui la Regione Siciliana e lo Statuto andarono incontro e che incominciarono ad evidenziarsi maggiormente quando persero rappresentanza, in seno al Parlamento Siciliano, quelle forze e quegli uomini politici che lo avevano conquistato e che fungevano da sentinelle per la sua attuazione. Ciò avvenne con un intervento di natura politica, cioè con l’approvazione di una legge elettorale in cui non si potevano utilizzare i resti provinciali in sede regionale. Con questa legge elettorale, nelle elezioni del 1951 per il rinnovo dell’ARS, il MIS scomparve dalla topografia parlamentare.
Il primo smacco che la Regione Siciliana e lo Statuto dovettero subire, e da cui derivano a caduta i successivi, avvenne il 09 Marzo 1957 con la sentenza n. 38 della Corte Costituzionale che stabilì per autoproclamazione che essa dovesse prendere il posto dell’Alta Corte.
L’Alta Corte era l’organo che aveva, ed avrebbe tutt’ora, il compito di giudicare sulla costituzionalità delle leggi emanate dall’ARS (Assemblea Regionale Siciliana) e delle leggi e dei regolamenti emanati dallo Stato rispetto allo Statuto ed ai fini della efficacia dei medesimi entro la Regione. Era un organo super parters composto da membri scelti in egual numero da ambo le parti, mentre la Corte Costituzionale era ed è un organo di parte, e cioè dello Stato Italiano; inoltre l’Alta Corte è prevista dallo Statuto ed esso è legge Costituzionale e lo si può cambiare solo con un’altra legge Costituzionale e non con una sentenza giuridica. Per modificare lo Statuto è necessaria l’approvazione del Parlamento Siciliano e di quello Italiano.
L’Alta Corte ha operato dal 1947 fino alla sentenza del 1957 e come ricorda Massimo Costa, economista e studioso dello Statuto, nella sua giurisprudenza và menzionata la sentenza del luglio 1949 con la quale si impedì al Parlamento Italiano di modificare con una legge ordinaria lo Statuto Siciliano.
L’Alta Corte per la Sicilia aveva, ed avrebbe, secondo l’art. 26, competenza anche penale in quanto giudica di reati commessi dal Presidente e dagli Assessori Regionali nell’esercizio delle loro funzioni previa accusa dell’Assemblea Regionale. Con la sentenza n. 6 del 22 Gennaio 1970 la Corte Costituzionale tolse all’Alta Corte anche questa competenza, sostituendosi ancora una volta al legislatore costituzionale ed ignorando l’esistenza dell’art. 25 della Costituzione, che stabilisce “che nessuno può essere distolto dal giudice naturale precostituito per legge”. In conseguenza Presidenti e Assessori Regionali per reati commessi nell’esercizio delle loro fun¬zioni vengono sottratti al loro giudice naturale, che è l’Alta Corte, e vanno a finire dinanzi il giudice ordinario come comuni delinquenti, mentre lo Statuto Siciliano aveva loro assegnato un trattamento ed una dignità pari a quella dei Ministri, come sostiene il Magistrato Salvatore Riggio Scaduto.
Già in partenza, quindi, possiamo dire che ogni sentenza della Corte Costituzionale sui fatti riguardanti la Regione Siciliana sia incostituzionale; purtroppo le sue sentenze al momento restano e la maggior parte di esse, “stranamente”, sono a danno della Regione e a favore dello Stato.
Con la sentenza n. 14 del 1962, la Corte dichiara l’illegittimità costituzionale di una legge approvata dall’ARS e recante la disciplina per la “Istituzione degli uffici periferici dell’Amministrazione regionale delle finanze e del demanio”. Nel motivare la decisione, la Corte richiama la propria giurisprudenza sulla potestà legislativa regionale in materia di tributi e ne ribadisce il carattere sussidiario e la necessità di inquadrarne l’esercizio nella fondamentale unità dell’ordinamento tributario generale.
La sentenza n. 2 del 1965 verte su una disposizione della Regione che prevede l’introduzione di un particolare regime di esenzione, già regolato da una norma statale, su un tributo di spettanza comunale, cioè l’imposta di consumo sui materiali di costruzione. Le normative nazionali e regionali, fino al 31 dicembre 1961 contemplano per tale tributo il medesimo regime di esenzione totale; da quella data le due discipline introducono regimi diversi, infatti, mentre lo Stato abroga l’esenzione, introducendo una riduzione graduale dell’imposta, la Regione legifera disponendo il suo mantenimento fino al 1965 con la possibilità di rinnovarla.
La Corte sancisce l’incostituzionalità della proroga dell’esenzione disposta dalla Regione osservando che essa non ha tenuto presente del diverso indirizzo seguito dal legislatore statale.
Le sentenze del 1962 e del 1965 fanno cadere le braccia proprio perché non si capisce a cosa servi l’autonomia se non a creare particolari regimi fiscali e normativi adatti alle condizioni socio-economiche dell’Isola e che dovrebbero differenziarsi da quelle italiane, altrimenti non avrebbe senso la presenza stessa dello Statuto autonomo.
La sentenza n. 71 del 1973 è importante oltre che per le controversie riguardanti la competenza legislativa regionale in materia di tributi anche per l’ambito di applicazione del principio di territorialità presente nell’art. 37 dello Statuto. Viene sancita l’illegittimità della pretesa della Regione ad avere attribuiti i proventi di tributi rispetto ai quali la sua potestà legislativa incontrerebbe i limiti delle leggi tributarie dello Stato. Nel caso in questione la controversia riguardava la pretesa della Regione ad avere assegnati i proventi dell’imposta generale sull’entrata riscossa dagli uffici statali per atti economici compiuti da filiali, enti ed istituti di credito aventi la sede centrale fuori dalla Sicilia e che, ad avviso della Corte, invece, ciò interferirebbe con la disciplina del soggetto passivo dell’obbligazione, ambito, quest’ultimo, precluso all’intervento della Regione.
Riguardo alle controversie legati alle competenze in materia di tributi erariali la Corte ha continuato negli anni a bombardare lo Statuto e con la riforma del Titolo V possiamo dire che vi è stato il suo totale svuotamento.
La riforma della Costituzione del 2001 sancisce la preclusione per le regioni a legiferare sui tributi introdotti e regolati da leggi dello Stato ancorché il loro gettito sia di pertinenza delle regioni stesse o degli enti locali. Tributi considerati dalle Regioni come propri e che la Corte, con sentenza 37/2004, qualifica invece come tributi erariali e dunque “deve ritenersi preclusa la potestà delle regioni di legiferare sui tributi esistenti e regolati da leggi dello stato” fatti salvi eventuali margini di intervento rimessi alle regioni dalle medesime leggi statali. Con la sentenza 442/2008 la Corte ha chiarito che oltre alle regioni a statuto ordinario, tale preclusione, è estesa anche alla Regione Siciliana.
La ciliegina sulla torta la si è avuta con le sentenze n. 115 e 116 del 2010 con le quale la Consulta ha respinto le pretese che la Regione Siciliana aveva avanzato, in base all’art. 37 dello Statuto, sulla spettanza ad essa delle accise sui prodotti energetici quali gas naturale, carbone, lignite e coke di carbone fossile (sent. n. 115/2010), e alle imposte su assicurazioni, interessi e premi, all’Iva sui generi di monopolio, alle ritenute d’acconto sugli stipendi pubblici (sent. n. 116/2010).
Non è stato accolto il punto di vista della Regione Siciliana la quale riteneva di dover incassare il gettito nato in Sicilia, ma indirizzato allo Stato laddove il soggetto passivo del tributo avesse sede fuori dal territorio siciliano.
La Corte Costituzionale ha affermato che la titolarità siciliana è collegata al momento della riscossione del tributo. Nella Regione devono, pertanto, rimanere le imposte statali riscosse sul territorio siciliano, ma non tutte quelle che genericamente trovano il loro momento genetico sull’isola.
È una sentenza incostituzionale, oltre per il fatto di essere stata sancita dalla Corte Costituzionale, anche perché essa equivale all’abrogazione dell’art. 37 e come già detto lo Statuto è Legge Costituzionale e non può essere modificato con una sentenza.
Anche l’art. 38 è stato messo in discussione dalla Corte; tale articolo riguarda il Fondo di Solidarietà Nazionale. In esso veniva stabilito che lo “Lo Stato verserà annualmente alla Regione, a titolo di solidarietà nazionale, una somma da impiegarsi, in base ad un piano economico, nella esecuzione di lavori pubblici. Questa somma tenderà a bilanciare il minore ammontare dei redditi di lavoro nella Regione in confronto alla media nazionale” e prevedeva una revisione quinquennale dei dati e dell’ammontare della cifra da elargire. La presenza di questo articolo è una sorta di ammissione di colpa dello Stato Italiano per gli ottanta anni di sfruttamento e saccheggi dall’unità d’Italia sino a quel momento e visto che lo Statuto è tutt’ora inapplicato, possiamo dire sino oggi.
L’obiettivo dell’articolo in questione era di consentire autonomamente all’economia siciliana di risalire la china e portarsi ai livelli medi italiani.
Nel 1982 la Regione Siciliana impugnò innanzi la Corte Costituzionale una legge dello Stato con la quale le somme dovute alla Sicilia per l’anno 1981, a titolo di solidarietà nazionale, già quantificate per ciascun anno del quinquennio 1977-1981, venivano drasticamente ridotte, sostenendo che ciò fosse una violazione dell’art. 38, ma nel pronunciarsi e nel dichiarare infondata la questione di legittimità costituzionale sollevata, la Corte, operò una ricostruzione generale dell’istituto della solidarietà nazionale fornendone una lettura che ne segnerà in maniera determinante l’applicazione successiva.
Essa sostenne, infatti, che pur riconoscendo all’erogazione del contributo l’adempimento di un obbligo costituzionale, tuttavia, tale obbligo “non è vincolato quanto al suo ammontare ed alle modalità di erogazione, ad alcuna garanzia costituzionale” aggiungendo che anche se il terzo comma dell’art. 38 prevede che la revisione quinquennale dell’ammontare del contributo deve avere a riferimento la variazione dei dati assunti per il precedente computo “sia l’adozione del dato base per il calcolo che il suo controllo, sono rimessi ad un apprezzamento dello stato consistente in una valutazione non meramente ricognitiva e vincolante della modificazione degli elementi originari o di quelli relativi al precedente computo..”.
Appare evidente come l’argomentazione della Corte abbia sostanzialmente aperto la strada nel tempo alla completa discrezionalità del legislatore statale su modalità, tempi ed importi erogati.
Ma già a partire dal 1962, e fino al 1990, l’art. 38 venne sminuito della sua portata e del suo valore, dato che il parametro utilizzato per determinare la somma da elargire fu l’imposta di fabbricazione riscossa in Sicilia. In genere il criterio di collegare la commisurazione del contributo al gettito di un tributo, in questo caso l’imposta di fabbricazione, non presenta alcuna valenza perequativa, ma al contrario ha portato ad avere nelle fasi di crescita, maggiore gettito e maggiori assegnazioni e nelle fasi di stagnazione, minore gettito e minori assegnazioni.
Dal 1990 al 2000 il contributo fu addirittura sospeso e poi saldato forfetariamente e ripreso con cifre irrisorie, il tutto, ovviamente, grazie alla sopra citata sentenza della Corte Costituzionale.
Con la riforma del Titolo V vi fu un problema di sovrapponibilità con l’art. 119 che parla di risorse aggiuntive e contributi a favore di determinati comuni, province, città metropolitane e regioni e il cui intervento non è garantito. Esso non può sostituire, ma va ad aggiungersi al fondo di solidarietà nazionale che assegna risorse aggiuntive esclusivamente alla Regione Siciliana e si configura come intervento finanziario annuale costituzionalmente garantito.
Ci sarebbe tanto altro da dire, ma già dalle sentenze citate risulta evidente come sia stato svilito lo spirito di autonomia e la natura pattizia dello Statuto. Esso va inteso come un trattato internazionale fra due popoli e tra due entità Statali e una delle parti è venuta meno al rispetto del patto e ciò mi porta a due conclusioni: la prima è che non viviamo in uno Stato di diritto, ma in uno Stato fuorilegge; la seconda, che alla luce delle reiterate violazioni statutarie potremmo legittimamente dichiararci indipendenti.
BIBLIOGRAFIA
– Costa Massimo (2009) Lo Statuto speciale della regione siciliana. Un’autonomia tradita? – Commento storico, giuridico ed economico allo statuto speciale, Herbita editrice.
– Costa Massimo Opinioni. La sentenza della Consulta sulle accise alla Sicilia: “Semplicemente scandalosa”, “SiciliaInformazioni.com”, 31-03-2010. http://www.siciliainformazioni.com/giornale/politica/85270/opinioni-sentenza-della-consulta-sulle-accise-alla-sicilia-semplicemente-scandalosa.htm#comments
– Di Gregorio Salvatore (2010) Studi e pubblicazioni dell’ARS, Il fondo di solidarietà nazionale dal 1947 ad oggi – aspetti finanziari e giuridici.
– Di Gregorio Salvatore (2010) Studi e pubblicazioni dell’ARS, La competenza della Regione siciliana nella disciplina dei tributi erariali.
– Riggio Scaduto Salvatore, Scritti Ereticali, Processo all’Autonomia Regionale.
– Tregua Carlo Alberto, Quell’imbroglio sull’Alta Corte, “Quotidiano di Sicilia”, 25-04-2009. http://www.qds.it/index.php?id=250
– Rosano Liliana, L’Alta Corte di Sicilia sepolta viva, “Quotidiano di Sicilia”, 25-04-2009.
http://www.qds.it/index.php?id=253
– Rosano Liliana, Autonomia cancellata con un comunicato stampa, “Quotidiano di Sicilia”, 25-04-2009. http://www.qds.it/index.php?id=255