“Sebastiano alzava gli occhi verso quelle splendide isole e noi intendiamo rivivere quell’avventura”. Ha esordito così Padre Carlo Oliveri, parroco di Rodia, nella sua celebrazione tenuta accanto al sito monumentale dedicato a Sebastiano Mafodda.
Ha avuto una buona partecipazione di fedeli, amici, colleghi e tanti semplici cittadini, la funzione religiosa che ha caratterizzato la prima delle due giornate che Rodia, su iniziativa dell’Associazione Alamak – Sebastiano Mafodda, ha dedicato al comandante del Segesta Jet che il 15 gennaio 2007 perse la vita nello Stretto assieme ai suoi colleghi d’equipaggio Marcello Sposito, Palmiro Lauro e Domenico Zona.
Un rito che sicuramente reggerà l’impegnativa prova del tempo, perché tantissimo è l’affetto che il villaggio della costa tirrenica messinese dimostra nei confronti del compianto comandante che a Rodia condivideva sentimenti e passioni che stasera, nel giorno del suo compleanno, alle ore 21.00, nel cortile del Centro Servizi della VI Circoscrizione, culmineranno nella cerimonia di premiazione della quarta edizione del Premio di Poesia, intitolato suo nome, che quest’anno ha avuto come tema “Il Vento”.
E proprio al vento, metafora che apre a tanti esempi che parlano al cuore ed alla mente, Padre Oliveri accenna nella sua introduzione: “Il vento è come lo Spirito Santo che spinge l’umanità verso il futuro. Sentiamo vicini Sebastiano e le altre vittime del Segesta” ha detto il parroco, che nel corso della celebrazione ha sapientemente interpretato in senso spirituale e religioso le bellezze del luogo nell’incantevole momento del tramonto.
I fedeli, quelli disposti nelle prime file, erano raccolti davanti all’altare all’ombra di un albero allungata dagli ultimi bagliori della sera. L’immagine che si presentava era quella di un suggestivo “focolare” fatto di gente che nella sua semplicità volgeva il pensiero a quei quattro marinai che un tragico destino ha sottratto ai loro cari. Ma il ricordo è vivo, resiste e si alimenta di fede, emozioni e speranze. Ed in questo senso il sacerdote trova l’elemento fondamentale: “Ciò che ci rende vivi è l’amore. Sebastiano rappresenta un piccolo granello d’amore che è stato seminato in questa terra. Questi granelli – prosegue Padre Carlo – portano dei frutti e il fatto che noi oggi siamo qui è la testimonianza che lui ha seminato qualcosa di buono, vivendo con semplicità. Egli amava la sua terra, il suo mare, la sua barca, la sua famiglia, piccole cose quotidiane. Si è fatto condurre da questo vento, è nato dal mare e ritornato al mare”.
Fa ricorso, quindi, alla più appropriata delle metafore dettata dal contesto: “Tutti, in fondo, siamo in una grande barca a vela ed il nostro nocchiere, la nostra guida, è il Signore. Il ricordo di Sebastiano Mafodda ci riscalda il cuore e ci rende tristi da una parte e ricchi di speranza dall’altro”.
Oggi, 7 luglio, il comandante del Segesta Jet, esempio di serietà, semplicità e coraggio, avrebbe compiuto sessant’anni.