Per il ciclo “R-esistenz d’artista” a cura di Saverio Pugliatti, il Teatro Vittorio Emanuele ospita dal 20 aprile all’1 maggio, innumerevoli tele ad olio, opere grafiche e sculture all’interno della personale “Beyond the truth” di Michele D’Avenia.
Che si tratti di piccole sculture in bronzo o plastiche trasposizioni ad olio di nature morte e nudi femminili, il tema centrale, contenuto nel titolo, si impone fin dall’entrata e rivela il fil rouge che permette di seguire la narrazione artistica di D’Avenia oltre il suo momentaneo soffermarsi sulla sensualità di un frutto maturo o la resa statuaria di un corpo di donna, colto nella sua modesta quotidianità. Il riconoscibile e minuzioso realismo che descrive le figure fra luci ispettive, di ispirazione caravaggesca, è funzionale alla speculazione filosofica dell’artista, al suo continuo interrogarsi sulla verità di ciò che appare, al suo essere parte integrante di questo anelito e di questa apparizione, oscillando fra natura e artifizio. Come in un gioco di specchi, forse uno di quelli in cui si riflette una delle sue tante donne in
“Vanitas”, l’artista indugia nei particolari e vi scopre il piacere di ingannare ed ingannarsi, di far incontrare, quasi scontrare, il Vero e il Verosimile. Le nature morte grondano sì di erotismo, ma sono sublimate dentro un’estetica raffinata, che cristallizza il sentimento per dare la caccia all’istante: una mela di bronzo laccata di bianco, apparentemente intatta, palesa d’un tratto la sua caducità, il peccato, dialogando con la superba bellezza delle tele ad olio, ancora non infranta.
Così anche l’intimità femminile, di solitudine e attesa, ma anche inconsapevole svelamento e contenuta carnalità, trova nelle tonalità calde la sua dimensione di confidenza, dentro uno scatto che richiama Jack Vettriano e suggerisce il dubbio della finzione. Finzione che si fa infine, allusione, come nelle morbide forme di una scultura di onice e ancor di più, allegoria, in opere toccanti e paradossalmente atemporali come “1908”.
“Il bello è lo specchio del Vero” scriveva Platone, ma qui il Vero, oltre la descrizione chirurgica della realtà, ha spiccato il volo e si è reso metafisica.
Sefora Adamovic
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