68° TAORMINA FILM FEST – “Ferzaneide”: Ozpetek racconta se stesso tra sentimenti e passioni
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68° TAORMINA FILM FEST – “Ferzaneide”: Ozpetek racconta se stesso tra sentimenti e passioni

– di Corrado Speziale –

Il regista Ferzan Ozpetek, al Palacongressi di Taormina, ospite della 68.ma edizione del Taormina Film Fest, ha appassionato il pubblico con il racconto della sua vita divisa tra esperienze personali e artistiche. Ogni suo film trae ispirazione da personaggi e storie reali che lo stesso, notoriamente dotato di grande sensibilità, ha incrociato e vissuto: “Nella mia vita ho avuto il pregio e il difetto di mischiare le cose. Mi piace la condivisione dei miei sentimenti e delle mie emozioni”. Spontaneo, profondo e a tratti esilarante, il regista, in perfetta sintonia col suo pubblico, ha veicolato con leggerezza un messaggio etico di grande valenza, fatto di valori fondati sul rispetto delle libertà individuali e sull’amore che da sempre porta sul set. Raccontati aneddoti e retroscena riguardanti Il Bagno turco, Harem Suaré, Le fate ignoranti, La finestra di fronte, Saturno contro, Mine vaganti, La Dea Fortuna. Tra familiari e amici, spicca il ricordo più grande: “Mia madre, per me, è stata fondamentale”.

Diventare, almeno per una volta, attore protagonista di se stesso, della sua vita ricca di esperienze, passioni, sentimenti. Carica di affetti e valori trasferiti sulla macchina da presa.

Ferzan Ozpetek è da un quarto di secolo tra i registi più apprezzati della scena nazionale e internazionale. Nato a Istanbul ma residente a Roma dal 1976, egli della sua cultura a cavallo tra l’Italia e il Bosforo ne ha fatto da sempre una risorsa. A ciò si aggiungono la visione del mondo, la purezza, l’ampiezza e la complessità dei sentimenti, il coraggio delle scelte, il tutto tradotto in soggetto cinematografico, ma anche le difficoltà e i contrasti assunti come elementi di vita quotidiana. Il totale, fa l’amore come valore universale, senza schemi preordinati né pregiudizi.      

Primo impatto: la qualità di Ferzaneide si svela già sin dalla locandina dell’evento, grazie alla straordinaria rappresentazione di Mimmo Paladino. Dopodiché è lo spettacolo – monologo, una sana e sincera “saga” di Ozpetek, uomo e regista, accompagnato sul palco da foto di famiglia e dei suoi film, ad attirare gli spettatori, invero meno del previsto rispetto al valore del protagonista, dentro la sala del Palacongressi. “Al teatro degli Arcimboldi c’erano 2300 spettatori – esclama il regista. Qui niente sold out…” Ma per lui non fa alcuna differenza. Quanto a stimoli e motivazioni ha la risposta giusta per il suo show che porta in giro per l’Italia da un anno e mezzo, superate le difficoltà per la pandemia.

Il regista ha un programma, ma il rispetto di quest’ultimo è giustamente condizionato dalle varie direzioni via via intraprese nel monologo.

“Magari un giorno Orhan diventerà un regista famoso e io un personaggio di un suo film…” Così è stato. Nel rapporto epistolare tra due sorelle, queste parole sono della responsabile di un rinomato hamam di Istanbul, narrato da Ozpetek nel suo bellissimo “Come un respiro” (Mondadori, 2020). Di fatto, è un inciso de Il Bagno turco (1997), primo film del regista ispirato ad una sua esperienza reale. L’inizio di una storia d’amore che solo un banale errore dovuto alla scelta casuale dell’uscita da quel luogo del benessere del corpo e dell’anima, ha interrotto. A distanza di anni, sempre a Istanbul, come per incanto, l’incontro: “Ti ho cercato sempre tra la folla…”. Il regista racconta con dovizia di dettagli tanti momenti vissuti intorno al suo importante primo film, dalla fiducia del produttore Marco Risi, ai rifiuti dei festival di Venezia, Berlino e Cannes, fino a quando la pellicola approda a quest’ultima rassegna grazie alla versione francese: Hamam sarà un successo.               

È stato Goffredo Fofi a tesserne le lodi sulle pagine di Panorama: “Una luce sul Bosforo”, titolo che esaltò Ozpetek. In sala su tale circostanza si è aperto un siparietto con l’allora direttrice di Ciak, Piera Detassis. Gli effetti del successo: “Con Il bagno turco è cambiata la mia vita”, ha sottolineato il regista.

Riguardo Harem Suaré (1999), Ozpetek ha qualche rammarico: Bertolucci come titolo gli consigliò L’ultimo harem, ma lui non accettò poiché richiamava troppo quello del Premio Oscar. Conseguenze: “Volli fare una scelta intellettuale, ma la gente non comprese il titolo”, è il commento di Ozpetek. Le Fate ignoranti (2001), segna il ritorno del regista al passato. In un palazzo del quartiere Ostiense, su undici appartamenti, ben otto erano abitati da gay e le famiglie avevano quasi paura ad entrare ed uscire dall’solato. Il regista: “È stato un momento molto particolare della mia vita, anche riguardo alle conoscenze, perché queste nel periodo de Le fate non avvenivano attraverso il telefonino ma per vie dirette. Eravamo negli anni Ottanta”.

Saturno contro (2007), come titolo, sarebbe arrivato al posto di Mentre Lorenzo dorme. Ciò, grazie a un’amica che svelò l’oroscopo al regista. “Saturno contro nella vita un po’ ti leva quella gioia e ti fa vedere la realtà dilatata nel tempo, dove rallenta tutto. Un titolo che amo molto”.  Mine Vaganti (2010) è la storia di due amici del regista che egli andò a trovare a New York. Due fratelli, entrambi gay dove solo il primo poté svelare il suo stato ai genitori. Il film riporta alla condizione esistenziale del regista: “Sono cresciuto in un ambiente di donne”, dice Ozpetek. “Per questo mi sento molto fortunato. La componente femminile è molto importante”. Dunque, precisa: “Non parlo dell’omosessualità, ma del lato femminile delle persone”. L’argomento gli richiama quanto sancito dalla Corte Suprema USA sull’aborto, qualche giorno fa: “Una di quelle che ha deciso tutto ciò ha poi detto, ‘adesso tocca ai gay’. Attaccano sempre prima le donne, poi i gay. È stato sempre così”.

Ne La finestra di fronte (2003), il personaggio che fu di Massimo Girotti, Ferzan Ozpetek lo disegnò sull’impronta del padre. “Con papà non andavo molto d’accordo – dice il regista – voleva che completassi l’università anche dopo aver iniziato la carriera di regista.‘Non si sa mai non trovi lavoro’… mi diceva. Con lui è stato sempre tutto sospeso, non ci siamo capiti, e questo mi dispiace. A me invece piace avere con le persone la condivisione di ciò che faccio”.

La Dea Fortuna (2019) nasce dalla dolorosa scomparsa del fratello del regista, con la possibilità che dei bambini di quest’ultimo se ne prendano cura gli zii.

“Raccontiamo la storia di due gay che stanno da tanto insieme e che sono stanchi del loro rapporto. La loro vita cambia con l’arrivo di due bambini. Da quel momento si riscoprono sotto un’altra luce”. Dalla possibile realtà dei fatti di Zio Ferzan e zio Simone, alla trama del film, tra il dolore e l’amore, il passo è stato breve. E dal film, ancora il ritorno alla realtà: “L’importante è che siano felici”.

Un passaggio dello show è stato dedicato alla mamma, con i ricordi delle vacanze a Sabaudia. “In mezzo a tante cose, come la confusione mentale, la sessualità, la nazionalità, mia mamma è stata fondamentale. Nella mia vita ho avuto il pregio e il difetto di mischiare le cose. Io vivo tra i vivi e i morti. Mia madre è tra questi. Mi piace la condivisione dei miei sentimenti e delle mie emozioni. Tutto questo, non perché abbia voglia d’eternità ma mi piace l’idea…Insomma, la morte mi scoccia molto!”

Film di ieri, di oggi e di domani. Il copione mantiene le fonti e il metodo: “Anche il prossimo sarà ispirato a una storia della mia vita molto importante”.

29 Giugno 2022

Autore:

redazione


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