Con un messaggio per il presente e il futuro: “Dona all’Amore solo Amore…”.
La mostra personale dell’artista, noto per la sua professione di fisiokinesiterapia e i trascorsi sportivi, si è svolta al Castello Gallego di Sant’Agata Militello dal 22 al 29 dicembre. 13 opere, distribuite in tre sezioni, hanno accompagnato il visitatore in un percorso iniziato dagli scorci di paese, proseguito con i suoi incontri graduali con l’arte e culminato con l’Apologia dell’Anima. Il tutto, all’insegna di un viaggio interiore alla scoperta di sé stessi avente come filo conduttore la ricerca della “verità”, in avvicinamento verso il proprio “Dio” attraverso la grandezza e la bellezza dell’arte.
L’evento è stato curato da Gaetano Ciuppa. Al vernissage e nel catalogo della mostra, tra gli altri, gli interventi di Simonetta Gagliano, artista e docente all’Accademia delle Belle Arti di Roma, e di Marinella Speziale, insegnante di Lettere che ha relazionato sull’aspetto filosofico delle opere. All’apertura, suggestiva recitazione di “Respirare l’aria” di Whitman ad opera di Francesco Aricò e Greta Indaimo, accompagnati al piano dal giovane musicista tedesco Julius Sheeben, poi esibitosi al violino con il tema di Schindler’s List. I lavori di presentazione erano stati introdotti con un video curato da Antonino Indaimo.
Un’opera, dal titolo “Inno alla vita”, accompagnata da versi scritti dall’artista, è stata dedicata ad Antonio Pizzuto e Antonio Caporlingua.
Giuseppe Indaimo, una vita professionale dedicata alla cura del corpo e alla sua mobilità, allo sport nei valori più sani ed autentici. Dopodiché il pensiero, la riflessione, l’interrogarsi sulle realtà e i misteri della vita, assieme ad una visione del mondo libera da pregiudizi e stereotipi, divengono un tutt’uno fino a guidare una persona dalle spiccate sensibilità, quale egli è, verso il mondo dell’arte. Passione e curiosità, voglia di conoscere, scoprire e comunicare sono ingredienti fondamentali affinché un ex talento calcistico, affermatosi poi nel campo della fisiokinesiterapia con sedi a San Giorgio di Gioiosa Marea e Brolo, intraprenda e porti avanti gli studi fino a laurearsi all’Accademia delle Belle Arti di Roma. Eccellenza, dunque, dove niente viene lasciato al caso, come sostiene Simonetta Gagliano, la docente che l’ha guidato in questo percorso: “L’incontro con l’arte è anche casualità, che casualità comunque non è. Tutto avviene perché ha un senso”. Lo ha detto proprio all’incontro in occasione del vernissage di “Apologia dell’Anima”, l’ultima personale dell’artista, tenutasi al Castello Gallego di Sant’Agata Militello dal 22 dicembre e conclusasi ieri.
L’evento, curato da Gaetano Ciuppa, è stato patrocinato dal Comune santagatese, rappresentato all’apertura dall’assessore alla Cultura Antonio Scurria. Si è trattato della seconda mostra monografica di Indaimo, dopo “Percezioni tra nostalgia e intuizione” tenutasi a Sant’Angelo di Brolo lo scorso anno.
“Apologia dell’Anima” è un lavoro intriso di pensieri e ispirazioni semplici intorno ai quali Giuseppe Indaimo ha realizzato un progetto: “L’arte è la forma di conoscenza più vicina a Dio”, ha spiegato l’artista. “Attraverso le opere cerco di trasmettere a tutti quanti ciò che ho dentro. L’immagine è la prima porta che apre al mondo. Bisogna imparare a vedere per poter vedere”. I suoi modelli sono assoluti, universali: “Michelangelo, Raffaello, Dante. L’arte è anche poesia, musica, è un comune denominatore tra libertà, amore e verità”. I versi di Dante cui si ispira: “Fatti non foste a viver come bruti ma per seguir virtute e canoscenza. Significa che l’uomo deve prima conoscere e poi seguire le virtù”.
Indaimo traccia così un percorso articolato su tredici opere in tre sezioni. La prima è “Scorci di paese”, in cui spicca “La Vucciria oggi”, 2018, opera recente, unica di questa sezione ad essere esposta per la prima volta. Le altre quattro riguardano Brolo, Sant’Angelo di Brolo, Ficarra e Patti. Ciascuna porta con sé un senso riconducibile a vicende e percezioni, descritte dall’artista in testi che accompagnano le opere. Sono luoghi che evidentemente hanno lasciato tracce nella sua vita, nella sua storia.
Avanti il cerchio si stringe e il pensiero si addensa di contenuti: “Incontri con l’arte”. Tre opere, “Testimonianza di arte vivente”, “Convivio d’arte” e “Il rifugio dell’artista”, testimoniano l’avvicinamento fino all’integrazione di Giuseppe Indaimo uomo, con l’artista. E qui che incontra prima sé stesso, poi i suoi compagni di viaggio, i maestri della sua vita artistica, il “luogo” in cui trova rifugio. Tre tele in acrilico 120 per 100, datate 2018, le cui dimensioni vanno ben oltre quelle del loro perimetro: conducono in profondità, portano Indaimo a scrutare la propria anima prima ancora di indurlo a svelarla. Siamo all’Apologia. Qui le fonti di ispirazione si intrecciano, si inseguono, fanno riflettere e impegnano l’autore. E’ un fatto di principi, di valori. C’è un mondo da salvare. Il messaggio dell’artista: “L’anima è la voce più vicina a Dio, dunque la più vicina alla verità, la tua, la vostra verità, che non è la stessa della mia, ma è la vostra verità. Ascoltatela”. Quantunque abbia fatto un percorso importante della mia vita – aggiunge Giuseppe Indaimo – la mia anima grida, deve difendersi”. Da cosa? “Dagli attentati di corruzione, dai guadagni facili, dal gioco d’azzardo. I ragazzi che si drogano e si ubriacano oggi sono una realtà”. La sua riflessione: “La globalizzazione e i media ci forniscono cattivi esempi. Non sono maestri. Fanno terrorismo, a volte criminale, a volte mediatico. Mettono ansie, paure. Ai giovani oggi manca l’esempio”.
Il segmento di “Apologia dell’Anima” consiste in cinque opere. “Comunicazione non comunicazione”: nella la società attuale lo smartphone ha soppiantato la parola, la relazione tra le persone. “Homo Homini Lupus – Homo Homini Dèus”: “Cosa c’è dietro la maschera, un lupo o un uomo? Affinché sia uomo deve possedere le virtù, che sono più importanti del dio denaro, del dio potere”, ha spiegato l’autore. Così urge intraprendere le vie della salvezza: la trasformazione, in divenire, dei rapporti tra gli uomini, dall’egoismo e la sopraffazione, alla somiglianza a “Dio”.
“La civetta”, uccello che vede “oltre”, ammonisce ed esorta l’osservatore a studiarsi, a comprendersi dentro per ritrovare nella propria anima la forza di redimersi. “Inno alla vita” è l’augurio, la speranza, un abbraccio alla vita, al sole, al mondo, da parte dell’artista, mentre lo sguardo va oltre l’infinito: la dedica ad Antonio Pizzuto e Antonio Caporlingua, i due ragazzi brolesi vittime innocenti del più tragico dei destini, il 3 agosto del 2015.
“Apologia dell’Anima”: la Costituzione Italiana, la Bibbia, una candela ridotta di tre quarti, significativa del tempo della vita che inevitabilmente si assottiglia, illumina i due libri “sacri” e al contempo fascia di luce un libro bianco tutto da scrivere ma che contiene una traccia indelebile, un postulato imprescindibile, da cui ripartire: “Dona all’Amore solo Amore…”. E’ il verso frutto del suo sentire, che Indaimo lascia ai visitatori della mostra, ai giovani, per un futuro di speranza. Il gesto è tangibile: “Prima che la candela si spenga è importante legarsi a qualcosa di forte, cioè ai valori importanti conquistati da tanti uomini anche con il sacrificio della loro vita”. Alla stessa dà anche il senso della metafora: “Ulisse nel suo viaggio si fece legare per non cedere alle lusinghe delle sirene che cercavano di ammaliarlo”.
L’argomento riconduce all’intervento di Marinella Speziale, insegnante che ha curato l’aspetto filosofico della mostra: “La vita è breve e va vissuta attimo dopo attimo, quindi non saprei dire se vale veramente la pena resistere e non lasciarsi tentare, ma “quondam licet insanire!” Però ci sono cose che danneggiano e non nutrono l’anima, altre invece tentandoci ci arricchiscono. Allora le une vanno cavalcate, le altre abbandonate”.
Simonetta Gagliano, artista romana, docente dell’Accademia delle Belle Arti, aveva così introdotto la mostra, riferendosi all’autore, sia come artista che come amico: “Il concetto che svolge la mostra è molto profondo.
Soltanto una persona come Giuseppe, che conosco profondamente, poteva sviscerarlo in modo così rappresentativo. Un argomento così importante, soprattutto nella nostra contemporaneità, deve coinvolgere e far riflettere un po’ di più. Le cose funzionano nel momento in cui c’è connessione tra la mente e il cuore. In questa mostra io considero sia la mente che il cuore di Giuseppe, ma mi permetto di dire che in relazione a quanto egli abbia voluto esprimere, il cuore sa molto più di quello che pensa la mente”.
Sempre all’apertura, la suggestiva recitazione di “Respirare l’aria” di Walt Whitman ad opera di Francesco Aricò e Greta Indaimo aveva incantato il numeroso pubblico presente in sala:
“(…) E credo che una foglia d’erba non sia meno di un giorno di lavoro delle stelle (…)”
I due sono stati accompagnati al piano dal giovane musicista tedesco Julius Sheeben poi esibitosi al violino con il tema di Schindler’s List.
I lavori erano stati introdotti con un video curato da Antonino Indaimo con la partecipazione del giornalista Marco Lanza. Il documento ritraeva i drammi, le ferite e le inquietudini del nostro tempo che alla fine lasciavano campo alla rigenerazione, alla speranza, alla fecondazione di una nuova vita.
Corrado Speziale