Intervista realizzata da Giulia Quaranta Provenzano
Oggi la nostra libera collaboratrice Giulia Quaranta Provenzano ci propone il prosieguo del focus sullo stimato ballerino, coreografo e maestro di danza. È possibile visionare il profilo Instagram di Alberto Montesso cliccando su https://instagram.com/albertomontesso?igshid=MzRlODBiNWFlZA==
In base alla sua sensibilità e concezione della danza, il corpo di un ballerino è preferibile che sia una sorta di tela vergine o i tatuaggi, ad esempio, li percepisce come un valore aggiunto al messaggio che verrà trasmesso? “Dipende da cosa si danza, da chi si interpreta. Ad esempio io quando ero un ballerino e dovevo interpretare un ruolo di repertorio, un ruolo ben stabilito, mi andavo a documentare su come fosse appunto quel ruolo e su come quindi era bene che fossi. Quando invece c’erano le creazioni su di me, allora sì che dovevo essere una tela vuota e lasciare che il coreografo disegnasse quello che voleva. Certo bisogna contribuire, usando l’intelligenza della quale parlavo prima [clicca qui https://www.scomunicando.it/notizie/arte-e-vita-intervista-al-ballerino-coreografo-e-maestro-di-danza-alberto-montesso per leggere la prima parte dell’intervista ad Alberto Montesso], e aiutare chi ti sta davanti e sta ideando qualcosa per te a capire cosa funziona e cosa no e quali sono le cose che fai meglio… però, comunque, lasciando al detto coreografo il libero arbitrio di plasmarti come vuole”.
I ricordi, la pianificazione e la progettualità, la sperimentazione e l’osare, la razionalità e l’istinto quanto sono rilevanti nella sua artisticità? L’empatia, invece, quale ruolo gioca nella danza più in generale? “Giulia, sai che hai usato tutti termini che – secondo il mio punto di vista – sono indispensabili per chi vuole essere un artista (e quando dico <<artista>> non mi riferisco soltanto a un danzatore, ma parlo di qualsiasi forma d’arte)?! Sono infatti dell’idea che, nel momento in cui si agisce di superbia, è come se si tracciasse un perimetro intorno a sé e alla propria figura e quindi ci si limitasse… se si vuole fare il mestiere dell’artista bisogna invece essere accoglienti e aperti a nuovi orizzonti, poiché si può e si deve imparare da chiunque e in qualsiasi circostanza, in qualsiasi situazione, ci si ritrovi. C’è sempre il lato buono e il lato cattivo – sta alla propria intelligenza accoglierli, dividerli, metabolizzarli e usarli a proprio favore”.
Quale ritiene che sia il suo tratto distintivo e quali le sue peculiarità portanti rispettivamente nella veste di ballerino e d’insegnante? “Io credo di avere due personalità diverse. Quando ero un ballerino, ero una persona molto precisa e mi divertivo e mi piaceva tantissimo quello che facevo e volevo dimostrarlo a tutti. Appunto mi divertivo immensamente a danzare e più le parti, i ruoli, erano difficili e più mi piaceva in quanto proprio entravo in scena e stavo bene. Come insegnante invece mi piace davvero tanto vedere i risultati dei miei allievi, anche perché cerco di aiutarli nel miglior modo possibile e ciò che mi appaga maggiormente è che attraverso il mio aiuto capiscano le potenzialità che hanno e la maniera migliore di fare le cose in base alle loro più alte possibilità. È, questo, il regalo più grande per chi insegna!”.
Da diversi anni insegna ed è assistente di ballo, nella scuola di “Amici” di Maria De Filippi, della maestra Alessandra Celentano. Ebbene ci racconta un po’ di questa sua esperienza e che cosa apprezza particolarmente delle persone con le quali sta lavorando attualmente? “Sì, esatto… è da cinque anni che sono maestro di danza classica, coreografo e assistente alle coreografie della Celentano ad “Amici” di Maria De Filippi. È, codesto, un programma bellissimo anzitutto perché dà modo a tanti talenti di potersi far conoscere da molte persone ed è, per me, gratificante accompagnarli per un breve periodo durante il loro sogno – vederli contenti e realizzati è, in parte mi ripeto, quello che vi è di più bello per un insegnante”.
Quale significato attribuisce allo spettacolo, all’intrattenimento, ossia è del parere che debba essere in primis educativo o basta che sia piacevole alla vista/all’udito? “Le forme di spettacolo sono varie e sono diverse e penso che, in qualche modo, tutte quante lascino un insegnamento… bisogna sempre vedere, però, come lo spettatore reagisce ad esso. Se si va a teatro, sì ci può stare la critica tuttavia credo che sia bene usare anche un po’ d’intelligenza e considerare pure i pregi di ciò che si è guardato e non puntare sempre soltanto il dito contro le cose sbagliate o quello che non ha funzionato perché – nonostante tutto – in ogni spettacolo c’è dietro il lavoro di tanta gente e come spettatore questo uno se lo deve ricordare, non si può tirare fango addosso alle molteplici persone che hanno lavorato alla realizzazione dell’inscenato”.
Qual è il suo punto di vista inerentemente i social network e il loro utilizzo – e si è mai interrogato sul come mai, nella nostra odierna epoca, si sta assistendo sempre più a un proliferare di aspiranti influencer? “Provenendo io da una città non grande come Roma, sono infatti originario di Civitavecchia, mi sento di affermare tuttavia che l’influencer c’è sempre stato anche qui benché si comportasse in maniera differente rispetto ad adesso in quanto – al tempo in cui ero ragazzo – bastava che una persona si mettesse le scarpe Magnum che tutti poi calzavano tali anfibi. Lo stesso dicasi, nell’anno in cui sono divenuti di moda, per i jeans Levi’s 501. Penso che attualmente proprio gli influencer lo siano poiché, essendoci evoluti, hanno la possibilità di venire pagati e di essere in vista con tutti …e, anziché dettare tendenza dal vivo, utilizzano i mezzi che ci sono oggi a disposizione ossia i social. Torno a dire però che sta all’intelligenza di ciascuno di noi seguirli e farsi influenzare, piuttosto che non guadarli e avere una propria opinione, oppure seguirli per metà ché c’è sempre il fatto di dover capire e cogliere il significato buono e il significato brutto delle circostanze”.
Attualmente mi pare che si sia, un po’ diffusamente, innescata una smania talvolta esasperata di apparire e rendere pubblico quello che una volta era gelosamente custodito nel privato e come privato. Ebbene espressività e seduzione, per quello che la riguarda, di cosa sono sinonimi? Quali sono i capisaldi di una comunicazione che sia davvero tale, efficace? “Sì, attualmente i social hanno preso piede… adesso è difficile non avere Instagram, Facebook, TikTok perché senza di essi ci si sente fuori dal mondo. Anche in questo caso, comunque, mi sento di ripetermi dacché bisogna vedere come li si usa – ben venga se uno è interessato a mettersi in mostra e a condividere tutto ciò che fa durante la giornata, resta ugualmente il fatto che ci sono però altresì altre persone che invece sono più riservate… e che, sebbene certi ricordi li fotografano, se li tengono per sé e non li spiattellano su tutte le piattaforme social e ugualmente pure ciò ben venga. Ognuno di noi è libero di fare quello che vuole, non è possibile puntare il dito e dire <<Ah, tu fai così e non è giusto>> poiché non è gusto per me ma per quella persona, al contrario, sì che lo è giusto”.
Infine, prima di salutarci, ha piacere di condividere con noi quali sono i suoi prossimi progetti a stretto giro e non di meno a cosiddetta più lunga gettata? “Adesso i miei progetti consistono in una bella vacanza e poi, dal prossimo mese (ovvero da giugno), credo che comincerò a fare degli stages così avrò modo di incontrare tanti ragazzi. Cosa, questa, che mi fa piacerissimo. E poi ancora, non lo so cosa mi porterà il futuro – vedremo… ”.