“E se Attilio fosse tuo fratello?” è ormai una domanda ricorrente, ma soprattutto uno slogan lanciato affinché si sconfiggano i luoghi comuni e le indifferenze intorno al caso della morte di Attilio Manca.
Così, il fine primario per amici, conoscenti, cittadini e tante personalità provenienti da vari settori, diviene ricercare, accanto ai familiari del giovane medico morto dieci anni fa a Viterbo, quella giustizia negata, figlia di tante verità nascoste e deviate che destano indignazione in tutti coloro che vengono a conoscenza del caso.
Martedì pomeriggio, a Barcellona, nel Duomo di Santa Maria Assunta, per la messa in suffragio, officiata da Don Marcello Cozzi (Vice Presidente Nazionale di Libera) e da Don Terenzio Pastore (Presidente della Commissione di Garanzia Antiracket di Messina), si sono ritrovati soprattutto gli amici della famiglia Manca.
A seguire, dentro la chiesa sconsacrata di San Vito, adesso auditorium, gremito per l’occasione, Attilio Manca è stato commemorato da numerose personalità del mondo della cultura, del giornalismo, della politica, della società civile e da vari familiari vittime di mafia.
L’incontro, organizzato dall’ANAAM – Associazione Nazionale Amici di Attilio Manca, è stato moderato dalla giornalista Francesca Capizzi. All’inizio della serata è stato proiettato un cortometraggio dedicato all’evento, diretto dal regista Giorgio Speciale. Nel corso del dibattito, ci sono stati anche intermezzi musicali con esibizione, tra gli altri, dei cantanti Marco Gitto e Noemi Nicosia.
La mamma Angelina, il papà Gino e il fratello Gianluca, seppur nel dolore che il tempo non può cancellare, hanno visto così rinnovato l’abbraccio di chi non dimentica e chiede giustizia.
E da qualche giorno quelle persone stanno crescendo numericamente sempre di più, grazie alla pubblicazione delle foto che testimoniano il sacrificio, il martirio, operato sul giovane medico dieci anni fa. Altro che morte per overdose o quant’altro. Quelle immagini parlano chiaro: Attilio Manca è stato ucciso, e anche brutalmente. Lo testimonia quel volto lacerato e tumefatto, il suo corpo oltraggiato e quei due buchi da siringa nel braccio sinistro, per lui che era mancino. Ecco perché i familiari e i legali non si rassegnano e rilanciano, annunciando nuove battaglie legali.
Queste vivranno una nuova fase con l’inizio del processo che dopo l’avvenuta archiviazione per i cinque barcellonesi, precedentemente indagati dalla Procura di Viterbo, vedrà alla sbarra, come unica imputata, una donna romana, Monica Mileti, con l’accusa di aver fornito la dose di droga divenuta letale, secondo gli inquirenti. Non si tratta per nulla del processo che auspicava la famiglia Manca assieme ai suoi legali, ma lo stesso servirà a fare finalmente “breccia” alla ricerca della verità.
In tal senso vari testimoni sfileranno in aula e non potranno sottrarsi, sotto giuramento, alle domande dei difensori dei familiari della vittima.
La latitanza del padrino di “cosa nostra” Bernardo Provenzano, il suo soggiorno in Costa Azzurra e il caso di Attilio Manca, saranno uniti da un unico filo conduttore che dovrebbe condurre alla tanto agognata verità. Gravissime carenze investigative, palesi depistaggi, testimoni non ascoltati, intrecci, coincidenze ed incongruenze, contribuirebbero a considerare la morte di Attilio un omicidio di mafia, avente, proprio come fatto centrale, l’operazione alla prostata, a Marsiglia, del super boss, proprio nei giorni in cui il giovane urologo si trovava in quel luogo per motivi di lavoro.
Ma al di là di ciò, sembra sempre più assurdo come l’inchiesta, oltre la sconcertante tesi iniziale della morte per aneurisma, non si sia mai scostata dall’ipotesi suicidio – overdose con tutto ciò che emerge da quelle foto ormai sotto gli occhi del mondo.
Gianluca Manca, fratello di Attilio, ha detto: “Attilio non è solo mio fratello, è innanzitutto un cittadino barcellonese. Scoprire la verità fa bene a tutti, anche a chi ci ha deriso. Chi, dopo l’archiviazione, dispensava sorrisini, dopo aver visto quelle foto, incontrandomi, dovrà abbassare gli occhi. Adesso inizieremo una controffensiva. Mi auguro che si possa scoprire la verità”.
Il Sindaco di Barcellona, Maria Teresa Collica, ha evidenziato segnali di ripresa riguardo la sensibilità cittadina verso la mafia: “Barcellona è etichettata come una città di mafia, ma sono convinta che i barcellonesi si stiano stancando di ciò, dimostrando di capire e reagire al fenomeno. Lo dimostra la presenza, qui, stasera, di tanta gente.
Adesso, ad intestarsi certe battaglie non ci sono soltanto le solite persone e associazioni, ma vedo crescere un insieme di forze verso iniziative condivise. Siamo nella direzione giusta”.
Le fa seguito Raffaella Campo, assessore alla Cultura: “Negli ultimi tempi sono cresciute le manifestazioni che hanno fatto sentire l’abbraccio della città alle famiglie vittime di mafia. Barcellona, in questi dieci anni in cui si sono vissute le dolorose vicende della famiglia Manca, ha fatto grossi passi in avanti”.
L’ex Procuratore aggiunto di Palermo Antonio Ingroia, adesso avvocato, è a fianco della famiglia Manca anche come difensore di parte civile, assieme a Fabio Repici. “Quello di Attilio Manca è il classico caso di giustizia negata”, ha detto Ingroia.
“La vicenda dimostra quanto la giustizia non debba mai essere delegata solo ai magistrati, ma è un affare soprattutto dei cittadini, e lo dico da ex magistrato.” E ne spiega il perché: “I magistrati coraggiosi rischiano di essere isolati. Se invece si tratta di magistrati vili, questi fanno ciò che vogliono, senza controllo dei cittadini. In questo processo – ha proseguito l’ex P.M. – alla sbarra non ci sono i veri colpevoli. Per noi, tuttavia, è una piccola vittoria, perché potremo puntare il dito sui depistaggi, le inezie, le coperture e le mancanze istituzionali”.
E a tal proposito, la moderatrice porta il dibattito sull’ultima inchiesta della trasmissione “Chi l’ha visto?”. Si tratta della provata assenza di Attilio Manca dall’ospedale di Viterbo, nei giorni in cui Provenzano si trovava a Marsiglia, che rivela tutto l’opposto rispetto ai dati in possesso della Magistratura, in virtù delle indagini dell’allora dirigente di Polizia di Viterbo.
A ciò si aggiunge la telefonata intercorsa tra Attilio e la madre mentre egli si trovava in Francia. “Siamo in presenza di un clamoroso depistaggio avvenuto su un elemento cruciale – ha detto Ingroia – operato da chi è stato condannato e attualmente si trova in espiazione pena dopo i fatti del G8 di Genova, riguardo la caserma Diaz, per falsificazione di atti sulle inesistenti bottiglie molotov”.
L’europarlamentare Sonia Alfano, presidente della Commissione Antimafia Europea e dell’Associazione Nazionale Familiari Vittime della Mafia, da sempre vicina ai Manca, esprime così le sue sensazioni: “Si prova una rabbia molto forte, alimentata quotidianamente da una giustizia negata. C’è chi, ancora oggi, in maniera goffa e giusto per sentito dire, cerca di far passare altre verità”.
E sulla pubblicazione delle foto, da alcuni ritenute “eccessive”, la Alfano ha detto: “Mi piace che in molti, finalmente, comincino ad incuriosirsi.
D’altronde, il dolore della famiglia può essere sbattuto ovunque senza che nessuno se ne debba curare? Le foto sono molto forti, ma servono a far capire a tutti che quando una persona decide di suicidarsi è difficile che si riduca in quel modo…”.
L’intervento dell’europarlamentare ha anche toccato temi scottanti, con forti riferimenti al passato e all’attualità:“Sia l’omicidio di mio padre che quello di Attilio Manca c’entrano tantissimo con la trattativa Stato-mafia”.
E cita qualche elemento: “Ho consegnato da circa un anno al Sostituto Procuratore di Palermo, Nino Di Matteo, le intercettazioni comprovanti la presenza, in più giorni, di Nitto Santapaola a Barcellona”.
Per cui si chiede: “Come mai, allora, non l’hanno catturato?” E parla di altri atti su interrogatori e incontri avvenuti nel corso del tempo, alcuni in suo possesso ed altri totalmente coperti, sui quali è imperativa: “Pretendiamo che tanta gente coinvolta ci dica la verità”.
L’avvocato Fabio Repici segue da tempo, come legale, la famiglia Manca.
Il suo intervento si articola su dati saldi che autorizzano un certo ottimismo: “Nel processo, dovranno spiegarci perché ancor prima che si diffondesse la notizia della morte di Attilio Manca, si creò tutto quello scenario di cartapesta, mirato esclusivamente a infangare un uomo che era morto e la sua famiglia. Proprio questo scenario cadrà nel dibattimento, dove tanti soggetti, anche istituzionali, dovranno dare conto del loro operato. Quello che sembrerà apparentemente un processo inutile, costituirà l’anticamera della verità”.
E’ poi durissimo nel descrivere la condizione di chi cerca giustizia: “Siamo in un Paese, purtroppo, in cui dai vertici più alti si cerca di affossare le verità. Siamo di fronte ad un’indecenza morale. Sono i familiari delle vittime a compiere sempre sforzi titanici per fare accertare la verità”.
Il Sindaco di Messina, Renato Accorinti, è stato presente anche stavolta, assieme ad una folta rappresentanza di suoi concittadini, alla commemorazione di Attilio Manca: “La famiglia mi ringrazia sempre per la partecipazione – ha detto Accorinti – quando invece ritengo che dovremmo essere noi a ringraziare loro per il coraggio e il dolore che dimostrano e che ci consentono di condividere. Sento l’importanza di essere qui oggi anche come Sindaco. Mettiamo insieme le nostre storie e andiamo avanti, tutti insieme.
Il giornalista – scrittore antimafia Antonio Mazzeo, si è occupato otto anni fa di fatti avvenuti a Barcellona, che ruotavano intorno alla morte di Attilio Manca.
Per questo ha subito una denuncia.
La moderatrice le chiede proprio di esprimersi su tale circostanza: “Trovai dei collegamenti e scrissi che Barcellona, in quel momento, era la filiale di Corleone, capitale internazionale di ‘cosa nostra’.
Ma occorre dire a tutti coloro che in questa città sono abituati a fare denunce contro i giornalisti, che a loro non porta bene…”
Ed il riferimento, ovviamente, cade sulla storia del parco commerciale in c.da Siena, del quale la storia sta dando, giorno dopo giorno, ragione a Mazzeo su tutti i fronti.
La commemorazione di Attilio Manca è stata l’occasione per presentare il nuovo libro inchiesta del giornalista – scrittore Luciano Mirone, dal titolo “Un ‘suicidio’ di mafia – La strana morte di Attilio Manca”, (Castelvecchi Editore), testo che svela in maniera straordinaria, tutta la vicenda.
La parola all’autore: “Ho scritto questo libro perché ritengo che sia compito di ogni cittadino, innanzitutto, riappropriarsi della memoria, e a maggior ragione lo sia per un giornalista, il quale deve ‘fare memoria’ e portare alla luce la verità.
Se un giornalista tradisce la verità, tradisce se stesso e la sua professione”. Parti del libro sono state lette in sala dagli attori Annalisa Insardà e Andrea Riso.
Sono inoltre intervenuti sul palco Santo Laganà e Nadia Furnari, dell’Associazione Antimafie “Rita Atria”; Giovanni Palazzotto, dell’Associazione “Cittadinanza per la Magistratura”; Stefano De Barba, dell’ ANAAM; Luciano Armeli, scrittore, autore del libro su Attilio Manca “Le vene violate”; Sabrina Smedili creatrice, assieme a Gianluca Alibrando, dell’evento “E se Attilio fosse tuo fratello?” e i rappresentanti delle associazioni “Aut” e “Peppino Impastato”.
Presenti, in sala, tra gli altri, il deputato del Movimento 5 Stelle Francesco D’Uva, membro della Commissione Parlamentare Antimafia; il giornalista Giuseppe Lo Bianco; la testimone di giustizia Valeria Grasso.
Seppur assenti per motivi di forza maggiore, hanno espresso la loro testimonianza a distanza Salvatore Borsellino e il senatore del Movimento 5 Stelle Mario Michele Giarrusso, mentre il suo collega Alessio Villarosa, in mattinata, ha ricordato Attilio Manca nell’aula del Senato.
Corrado Speziale