Controlli e sgombero dell’edificio. Poi, poco fa, l’allarme è rientrato. Ma l’attenzione dimostrata, l’impiego di uomini e mezzi, i rilievi effettuati, danno il segno che la segnalazione è stata davvero presa sul serio. Un particolare che lascia perplessi e crea inquietudine.
Tutto era iniziato stamani. La telefonata – anonima – che avvertiva la presenza di un ordigno collocato all’interno del palazzo di giustizia pattese.
Processi slittati e attività paralizzata, tutti fuori, ad attendere gli artificieri, dagli impiegati ai cancellieri, dai giudici agli avvocati, ma anche testimoni e imputati.
Due ore, tra caffè e nervosismi di varia natura mentre Polizia e Carabinieri presidiavano la zona stendendo un cordone di sicurezza che impediva l’accesso ai locali ormai vuoti.
Quindi i controlli, l’ispezione dei locali, anche quelli sottostrada.
Nulla. Ma l’attenzione dedicata – ed è normale che ci sia – ma la cura dell’intervento, un piano preciso accuratamente programmato, lascia intendere che la segnalazione è stata non sottovalutata e le verifiche hanno interessato anc he le aree vicine al tribunale, i parcheggi, le aiuole, gli slarghi della zona adiacente e dove transitano i magistrati e gli avvocati.
Poco prima di mezzogiorno c’è stato l’annuncio del “passato pericolo”, i più sono rientrati nelle aule e negli uffici, ma l’attività di routine ha subito uno stallo.
L’allarme bomba non ha bloccato – comunque – lo svolgersi della conferenza organizzata dal consiglio nazionale forense e dall’ordine degli avvocati di Patti.
Questa si è avviata con un pò di ritardo alla presenza di Andrea Mascherin, presidente del consiglio nazionale forense.
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