CINEMA: CULTURA E TANTO ALTRO – Noi, orfani di Enrico.
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CINEMA: CULTURA E TANTO ALTRO – Noi, orfani di Enrico.

 

 

 

E’ così.

enrico_caruso_bluesNoi siamo orfani  così due volte.

E se piangiamo l’Amico, non possiamo che non comprendere  chi non ha a cuore la crescita culturale di un territorio e nell’immobilismo resta a guardare passare i treni.

Chi non ha la voglia di creare luoghi di incontro e confronto, di svago e di aggregazione, di volano per l’economia e che fanno economia, che creano posti di lavoro e vivacità e interessi a vari livelli.

Chi non comprende come “quel cinema di periferia” – che cantava Lucio Battisti – sia un motore importante per l’economia – sociale e non – di un’area molto più ampia di quel che sembra.

Enrico Caruso, l’Amico che ci ha lasciato qualche mese fa, non solo gestiva tre sale, a Brolo e Gliaca di Piraino, e le arene estive, che parlava di attori e registi, a cena, con i grandi distributori italiani, lui era un professionista che sapeva di cinema, lo amava, capiva, forse solo dal titolo, se quel film “avrebbe tirato”, ne conosceva i meccanismi, i segreti dell’arte della distribuzione delle pellicole.

E aveva capito da tempo che era l’era del digitale, del 3D.

Stava realizzando quest’ennesimo sogno, facendolo diventare realtà, vincendo un’altra scommessa.

Sorridendo in faccia alla “crisi delle sale”, con ottimismo, come amava vivere.

Come dice chi  proietta, ad un certo punto, si è spezzata la pellicola.

Così Enrico non ha aspettato i titoli di coda per andar via.

Ma le luci in sala non le avrebbe certamente spente. C’era chi, nel suo nome, avrebbe accolto eredità, passione, impegno.

Ma le sale restano chiude.

Ne gare, ne affidi temporanei in attesa che queste si svolgessero. Nulla.

Sale chiuse … mentre in tanti posti si dibatte sul futuro della sala cinematografica, sul rinnovamento del pubblico, le nuove offerte e le nuove opportunità rese possibili dal digitale e dai nuovi mezzi di comunicazione.

Sale chiuse … e per quanto?

Certamente non siamo noi a sottolineare – o scoprire – che le sale non sono soltanto la prima vetrina dei film, ma sono soprattutto dei luoghi sociali e creativi, grazie alle molteplici iniziative messe in campo dagli esercenti (ma anche da amministrazioni attente in partenariato con chi gestisce e tiene funzionante la struttura) per attirare il pubblico e, soprattutto, i più giovani.

Realtà politiche e imprenditoriali – in associazione – che dovrebbero essere accomunati da una grande unità e dallo stesso dinamismo di progetti e azioni.

Adeguamento al digitale: Un passaggio che ora fa prevedere una nuova era di investimenti permanenti.

Oggi più che mai le sale sono in una fase di innovazione e puntano a diventare luoghi – oltre a quanto detto prima – dell’interattività.

indexE quest’andamento conferma la spinta al rinnovamento di queste attività imprenditoriali – la gestione del cinema e di quello che gira intorno alla sala –  con l’occhio attento alle nuove generazioni del pubblico.

Ma le sale restano chiuse … e certamente non sarebbero state vuote.

Assenza di programmazione, nessun movimento amministrativo. mentre la pausa tra il primo tempo e l’avvio del secondo tempo, diventa un intervallo interminabile, mentre arrivano e vanno via i film di cassetta.

Praticamente finito il Natale la stagione è conclusa.

Difficile programmare, rilanciare, istaurare abitudini, riprendere i ritmi di prima.

Dovremmo guardare lungo, allungare il campo come sapeva fare Sergio Leone dietro la sua macchina da presa, guardare avanti, guardare altro.

L’attesa di rivedere il cinema aperto cresce, e ci fa vedere con chiarezza  come anche un cinema di periferia, nel sud del sud, abbia un ruolo effettivo nella moderna economia di un territorio e non parliamo solo di cultura.

In questo caso potremmo anche dire che la cultura dell’intrattenimento ha un valore economico: noi vorremmo rovesciare il punto di vista e dare anche i voti, dal punto di vista economico, alla promozione culturale.

Ricordando che l’immateriale spesso incide sul materiale e che, specie nel rapporto col territorio, la realtà di una sala cinematografica  può rappresentare un’opportunità e una scommessa.

index2E pur nei limiti di un territorio asfittico come questo, lontano dai grandi centri, ma pur rappresentativo di interessi, l’apertura anzi la riapertura di una sala o più sale cinematografiche diventa un modello che può fare da riscontro oggettivo sui benefici e le carenze di questo rapporto tra cultura e territorio.

L’obiettivo finale resta – anche in questo caso – quello di dirci quanto ‘vale la cultura’ e in che forme essa possa rappresentare un buon investimento sia per i privati che per le istituzioni.

E’ tempo che i politici che amministrano prendano coscienza del proprio ruolo, assumano una fisionomia imprenditoriale nella loro progettualità nel senso migliore del termine e creino i punti di sviluppo, aprendo le porte a progetti e programmi tesi a migliorare la  capacità di offerta e di sostegno all’economia territoriale.

La sala cinematografica per quello che rappresenta, per gli interessi diretti e diffusi che determina, è una forza e un’opportunità anche in questo senso.

Un’amministrazione attenta, non deve perdere tempo, deve bruciare i tempi ed essere all’altezza della sfida, avendo l’esigenza di attirare attenzioni e investimenti con forme moderne e originali, al passo con una società dell’informazione che si rinnova ogni giorno.

Una sala cinematografica è anche questo proprio per la sua capacità di promozione e diffusione, per il potere di costruire un’economia parallela della cultura, per il consenso del pubblico giovane, per la popolarità nelle aree medio-piccole, per la promozione a pieni voti sul piano dell’organizzazione.

Bisogna comprendere la centralità della sala cinematografica, oggi e domani.

Altrimenti tra una sala chiusa ed una aperta non c’è differenza.

imagesSe non si colgono queste potenziali, non ci si attivizza, per dare spazio a bandi, gare, progettualità che portino all’affidamento, alla gestione consapevole, a scalettare la programmazione cinematografica nei tempi del mercato, quella che Pupi Avati definisce  “La fabbrica dei sogni” resta al buio, senza nessuno che accenda le luci in sala.

enrico_con_torta_thumb307_Ed allora , la sera, passando davanti ad un quadro vuoto, dove una volta c’erano, illuminate, le locandine dello spettacolo in corso, o quello che sarebbe stato proiettato già domani, ci sentiamo un pò più soli… ed il ricordo del nostro “uomo delle stelle” – Enrico Caruso –  diventa struggente ed unico.

Ingresso libero.

13 Dicembre 2013

Autore:

admin


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