CONSIDERAZIONI – EGREGIO SIGNOR FERRARA CI CONSENTA…
Dal Palazzo

CONSIDERAZIONI – EGREGIO SIGNOR FERRARA CI CONSENTA…

 

 

 

Sulle parole dette da Giuliano Ferrara, secondo cui la mafia è un’entità insita nell’animo dei siciliani, ci sarebbero da esprimere valanghe di considerazioni, commenti e interpretazioni.

Però l’errore più grande che si fa in questi casi è quello di ragionare con la pancia e l’istinto, errore più che comprensibile per carità, ma talvolta la pancia, spesso buona consigliera, non permette di afferrare la totale profondità della questione analizzando la superficie del problema.

Già perché la questione non si può liquidare con un semplice “Ferrara vergognati” o con un “Ferrara in fondo ha detto una cosa che pensano tutti”, ma c’è molto di più.

Dietro le parole di Ferrara c’è una mentalità, ormai diffusa negli ambienti favorevoli al polically correct, secondo cui i siciliani qualunque cosa facciano non riusciranno mai a togliersi l’etichetta del furfante, sempre pronto al compromesso; il siciliano nell’immaginario collettivo sarà sempre un semianalfabeta con baffetti, lupara e marranzano che cerca invano di staccarsi da quei luoghi comuni ormai insiti nell’immaginario collettivo, ogni gesto fatto per migliorare la propria condizione profumerà sempre di “vorrei ma non posso”.

Caro Ferrara, uso una terminologia a lei molto cara, ci consenta però qualche appunto, nessuno qui ha l’anello al naso e i siciliani sono consapevoli delle proprie colpe, anche molto recenti, e dei propri limiti ogni volta che si è andati al voto. Però sarebbe anche ora che sulla questione ci si mettesse anche un po’ in pace con noi stessi, perché se nell’animo del siciliano caldeggia l’animo di un mafioso, ad ogni tornata elettorale nazionale sono andati a votare masse di famiglie onorabili i cui voti hanno fatto piacere anche ai partiti nazionali.

Quindi sarebbe anche l’ora di capire: ma fino a che punto la mafia si è addentrata dentro lo Stato? Perché allora non si può criticare l’apparato mafioso difendendo a spada tratta uno Stato che per troppi anni ha fatto finta di giocare a guardia e ladri dopo che si è detto per anni che la mafia, addirittura, fosse una favola per far addormentare i bambini.

Ci consenta Signor Ferrara le sue parole sono sembrate alquanto inopportune visto che meno di una settimana fa la città di Palermo ha dato il proprio estremo saluto alla Signora Agnese Borsellino mentre media e Stato davano le dovute onorificenze al Senatore Giulio Andreotti.

Strano luogo questo paese dove lo stadio della città che fischia il minuto di raccoglimento per Andreotti viene proposto come il luogo occulto per eccellenza, mentre negli ambienti istituzionali e politicamente  corretti si sfoglia l’album dei ricordi di uno dei padri della Repubblica.

E la cosa particolare è che vengono persino stigmatizzati i fischi, perché il politically correct richiede che la recita venga recitata per tutti, siano essi abili marpioni o buoni padri di famiglia, ma guai ad andare fuori dal coro, le pecore nere si sa sono una brutta cosa, perché infondo un popolo è completamente sottomesso quando piange i propri padroni.  

Signor Ferrara ci consenta di dirle che lei è caduto nell’errore che molti altri illustri personaggi hanno commesso, quello di parlare senza capire affondo la complessità della vicenda, senza aver guardato fino infondo negli occhi di un popolo troppe volte costretto a rinunciare alla propria identità, al proprio senso di appartenenza, costretto ad emigrare per cercare altrove la propria dignità e ritrovare quei valori che a casa propria non sapeva nemmeno di avere.

Un popolo che tutt’ora è costretto a scegliere, dalle multinazionali di Stato, tra la propria salute e il mantenimento della propria famiglia vedendo il proprio territorio violentato giorno per giorno in nome di un progresso che il gusto della beffa.

Vede Signor Ferrara ci consenta di dirle che da oltre un secolo e mezzo si commette l’errore, più o meno volontario, di tacciare il malessere manifestato dai meridionali nelle strade e nelle piazze paventando infiltrazioni mafiose su ogni manifestazione, le stesse infiltrazioni però sparivano per magia se si manifestava per lo stesso motivo, nello stesso periodo e con le stesse sigle in qualche ridente e tranquilla cittadina lombarda o piemontese.

Ma questo non deve stupire visto che questi metodi risalgono al periodo postunitario, quando nel parlamento di Torino si decideva di mettere a ferro e fuoco i paesi della Calabria e della Lucania applicando il diritto di rappresaglia, fucilazioni sommarie, stupri e molto altro in nome di un ordine e un’unità che tutt’ora, e le sue parole ne sono la triste conferma Signor Ferrara, risulta più sulla carta e nei libri di storia che nella realtà.

Già i libri dio storia altra nota dolentissima, visto che molti degli eventi sopra indicati sono tutt’ora sottaciuti alimentando discussioni come quella che stiamo affrontando.  

Signor Ferrara ci consenta inoltre di farle notare che certi fenomeni non siano solo insiti nell’animo del meridionale, visto che anche nella civile e ridente Padania negli ultimi mesi hanno avuto qualche problema, anzi io mi sarei già premurato a misurare il cranio e a controllare l’albero genealogico di Belsito nella speranza che salti fuori qualche trisavolo di Terme Vigliatore.

 

10 Maggio 2013

Autore:

admin


Ti preghiamo di disattivare AdBlock o aggiungere il sito in whitelist