Ne hanno parlato a Messina studiosi ed esperti nel convegno organizzato da e dal centro studi Pharma.Ca, trattati gli aspetti che riguardano la più famosa tra le droghe leggere, alla quale vengono riconosciute qualità terapeutiche, ma la cui liberalizzazione vede contrapposti proibizionisti ed antiproibizionisti in un dibattito infinito. Sullo sfondo, il percorso intrapreso negli Stati Uniti. Sono intervenuti sul tema il farmacologo Gioacchino Calapai, il criminologo, presidente della Comunità Saman, Achille Saletti, il penalista Tancredi Traclò, l’economista Piero David e la presidente di Farma.Ca Maria Flavia Timbro. Contributo conclusivo, in video, del sottosegretario agli Esteri Benedetto Della Vedova, storico militante radicale: “E’ un argomento di cui la politica deve tornare ad occuparsi. Pronto un DdL unitario da parte di un intergruppo parlamentare sulla liberalizzazione della cannabis”.
In un regno viveva un drago, di nome Drugo, con il quale i cittadini trascorrevano delle ore piacevoli. Ma questi col tempo esagerarono ed allora Drugo venne considerato dal re un acerrimo nemico da combattere, prima con l’isolamento e la proibizione, scatenando il malaffare, poi con le armi, generando paure e violenze, riempendo le prigioni anche di onesti cittadini trattati come criminali. Quel regno, così, per quarant’anni, non ebbe pace, fino a quando qualcuno si accorse che con la violenza si otteneva solo distruzione. Conveniva, piuttosto, aiutare chi soffre a causa di Drugo e dare una misura a tutto. Cosicché nel regno tornò la pace e la vita. Morale: sconfiggere i draghi con la forza è un’utopia. Realizzare un mondo con meno violenze e sofferenze è, invece, la via più semplice da percorrere.
Tante volte, una “favola” tradotta in cartone animato, vale più di tante parole, quando queste alimentano pregiudizi e disinformazione. La proiezione del video, prodotto dalla Global Commission on Drug Policy, che promuove attraverso la metafora del “drago” la liberalizzazione delle droghe leggere, è stato così il modo più chiaro e sintetico di introdurre il dibattito sulla cannabis che si è svolto Venerdì scorso a Messina, nell’ex chiesa di S. Maria Alemanna.
L’incontro, dal titolo “Cannabis…Oltre il pregiudizio”, moderato da Gianfranco Salmeri, organizzato dal gruppo politico Officine Democratiche e dal centro studi Pharma.Ca., con il patrocinio dell’Università di Messina, dell’Ordine degli Avvocati e da quello dei Medici, è stata la migliore occasione per mettere a confronto studiosi ed esperti di varie discipline sulla possibilità di abbattere un tabù, come quello dell’uso della cannabis, che in Italia trova da tempo “terreno coltivato” – è proprio il caso di dire – più che altro dal pregiudizio. Dati scientifici, rilevati in ambito terapeutico, criminologico, economico e giuridico, dimostrano, infatti, quanto ormai siano maturi i tempi per lasciarsi alle spalle un “modello” che induce, piuttosto, a varie “aperture”, le quali, una volta regolamentate, produrrebbero effetti in controtendenza rispetto ai risultati prodotti da divieti e repressione tout court.
Il caso preso in esame, principalmente, è stato quello degli Stai Uniti d’America, dove questo spinoso dibattito ha tenuto testa per oltre un secolo, tra proibizioni, proteste, atti d’intolleranza e quant’altro, fino a quando non si è deciso di iniziare un percorso di legalizzazione che sotto varie forme ha preso piede in un paio di stati, come Colorado e California, e che adesso sembra destinato ad ampliarsi sempre di più.
“Nostra intenzione è dare un segnale che non alimenti la confusione, tutta italiana, intorno al dibattito sulla cannabis”, ha detto Gioacchino Calapai, docente all’Università di Messina, farmacologo, tossicologo e neuropsichiatra, tra i massimi esperti di Medicina naturale, nonché membro dell’Agenzia Europea per i Medicinali, con sede a Londra. “Nel contesto delle droghe – ha proseguito Calapai – la cannabis era tra quelle meno conosciute, eppure è stata catalogata come stupefacente ancor prima d’essere studiata approfonditamente. Per questo è stata considerata più che altro come una sostanza d’abuso. La cannabis in questi anni ha dimostrato di poter essere utile direttamente come sostanza medicinale, importante affinché col suo impiego si riducesse anche l’uso degli oppiacei, somministrati nei casi di sindromi dolorose”. Il professore ha quindi lanciato un allarme, in netta controtendenza rispetto a quanto fatto finora: “Sotto l’aspetto medico si sta perdendo troppo tempo. C’è disinformazione e vuoto legislativo. Molti medici non sanno che la cannabis si può prescrivere. In Italia non esistono fonti legali di approvvigionamento”. Ha mostrato poi delle slide con su descritta l’incredibile trafila occorrente per ordinare il relativo farmaco all’estero, ai sensi dell’Art. 2 del D.M. 11.2.1997. “I cannabinoidi hanno efficacia analgesica in svariate patologie”, ha detto ancora il farmacologo, elencandole in ordine d’importanza, concludendo con una considerazione significativa su entrambi i “volti” della cannabis: “Il diritto all’uso ricreazionale da una parte, e quello terapeutico dall’altra, sono due facce della stessa medaglia. Esse vanno osservate entrambe, senza pregiudizi, ma anche senza forzature, se si vuole che una aiuti a guardare meglio l’altra”.
A seguire, è intervenuto Achille Saletti, criminologo, presidente nazionale dell’ass.ne Saman, rete di comunità terapeutiche per tossicodipendenti, fondata a Trapani dal sociologo e giornalista Mauro Rostagno, ucciso dalla mafia nel 1988. Saletti ha portato a conoscenza il carattere internazionale dell’argomento, trattando anche la questione etica. Anch’egli ha esortato alla chiarezza: “Sul piano legislativo bisogna evitare di fare un grande calderone, lasciando separato innanzitutto l’aspetto terapeutico dall’abuso. La comunità Saman si è sempre occupata di questi problemi. Le ricerche ci inducono ad essere cauti quando si parla di cannabis. Occorre innanzitutto separare l’uso terapeutico da quello non terapeutico”. Ed ecco l’esempio degli USA: “In California la cannabis terapeutica è il grimaldello della legalizzazione generale della sostanza. Sotto l’aspetto repressivo gli USA sono molto distanti da noi”. Dal punto di vista etico, poi, ha parlato di moralismi ed ambiguità: “Lo Stato laico – ha proseguito Saletti – si scinde dallo Stato teocratico, religioso, nel momento in cui decide che esistono delle ragioni del diritto che si contrappongono a quelle della morale”. Infine, il lancio di un’innovazione sulla scorta di quanto sostenuto dal giurista Luigi Ferrajoli: “Non dovrebbe esistere un reato se non c’è un terzo offeso. Nella migliore delle ipotesi, con l’uso della cannabis, la persona offesa è se stessa…”
Tancredi Traclò, noto avvocato penalista messinese, ha fatto un’analisi del quadro giuridico di riferimento. “Tutte le leggi che si sono succedute in Italia sull’argomento hanno sempre rimesso a scelte ideologiche”, ha detto il penalista, facendo un elenco cronologico che inizia con la Legge del 1954, che non contemplava alcuna distinzione di sorta, proseguendo con quella del 1975 che invece contemperava più esigenze. “Tale legge, tuttavia – ha proseguito Traclò – venne soppiantata da quella del 1990, la cosiddetta Jervolino-Vassalli, di assoluto indirizzo repressivo, inserita poi nel Testo unico sulle tossicodipendenze. Ma nel 1993, i radicali promossero un referendum che la stravolse. Da qui fece seguito un vuoto legislativo”. Ma fu il 2005/2006 il biennio in cui videro la luce le norme più repressive di sempre: “Con la Legge Fini/Giovanardi – ha proseguito l’avvocato – non venne fatta alcuna differenza tra droghe leggere e pesanti. La pena venne così portata da un minimo di sei ad un massimo di venti anni di reclusione. Nacquero allora questioni di tipo costituzionale”. Cosa fare dunque? “Bisogna prendere atto del fallimento delle misure repressive perpetrate finora – ha sottolineato ancora Traclò – e ciò risulta anche da atti ufficiali in possesso del Parlamento. La Direzione Nazionale Antimafia ha raccomandato di prendere seriamente in considerazione la possibilità di introdurre una legge che vada nella direzione della legalizzazione delle droghe leggere”.
L’economista Piero David, dell’Università di Messina, assieme al collega Ferdinando Ofria, ha fatto tempo addietro degli interessanti studi sul rapporto costi/benefici che scaturirebbe dalla legalizzazione delle droghe leggere, in cui il secondo fattore offre numeri davvero allettanti sull’operazione. “Avremmo costi diretti e indiretti – ha detto David – i primi legati alla regolamentazione del nuovo mercato legale, mentre i secondi potrebbero derivare dall’aumento dei costi sanitari”. Questi i benefici: “Avremmo riduzioni delle spese statali impiegate per la proibizione, che riguardano le forze dell’ordine, la magistratura e le spese carcerarie. Nel 2011 il costo dei detenuti per droga è ammontato al 37 per cento del totale. Poi avremmo un maggior gettito fiscale nella misura del 75 per cento del prezzo di vendita e l’emersione della produzione con conseguente crescita del PIL”. Giusto per dare una delle cifre enunciate dall’economista, solo nel 2011, di tasse sulla cannabis, l’Italia avrebbe incassato da circa 5 miliardi e 300 milioni di euro a quasi 8 miliardi!
Maria Flavia Timbro, avvocato, presidente del centro studi Farma.Ca, ha ripreso l’argomento per poi passare alle finalità dell’associazione: “Sul sistema cannabis c’è ancora tanto da scoprire e da comprendere – ha detto Timbro – ed il nostro centro è finalizzato proprio all’orientamento e all’informazione sulla cannabis terapeutica. Consideriamo questo compito una sfida da affrontare tutti insieme in un settore dove solitamente si opera tra diffidenza e scetticismo. Auspichiamo, innanzitutto – ha proseguito la presidente – che si crei una rete di sinergie tra cittadini, istituzioni ed operatori della sanità. Tra i nostri obiettivi c’è anche quello di dare formazione ed aiuto economico a giovani che non riescono a trovare spazio in questo campo. Siamo un’associazione che intende perseguire un percorso collettivo. Non ci può essere cambiamento senza un forte consenso che scaturisca da un’idea condivisa. Invito chiunque a partecipare e a sostenerci in ogni modo. La nostra è una battaglia di civiltà che mette al centro la tutela dell’individuo e la libertà di cura”.
Il senatore Benedetto Della Vedova, sottosegretario al Ministero degli Esteri, assente in sala perché impegnato in un evento all’Expo di Milano, ha inviato un suo contributo video. “Quello dell’uso della cannabis – ha detto Della Vedova – è un argomento di cui la politica deve tornare ad occuparsi. Da ex militante del partito Radicale, con il quale ho fatto tante battaglie, è un argomento cui tengo molto. Il proibizionismo sulla cannabis ha esaurito la propria portata. Per questo, attraverso un intergruppo parlamentare, abbiamo preparato un DdL unitario sulla liberalizzazione della cannabis. Dire no, a questo punto, significa proseguire su questa strada fatta di incertezze ed ambiguità. Per noi, questo passaggio – ha proseguito il sottosegretario – significa anche lotta alla criminalità. Negli USA, gli stati che si sono mossi in questa direzione hanno già avuto i primi benefici. Per cui adesso ciascuno si assuma le proprie responsabilità”.
Corrado Speziale
Lascia un commento
Devi essere connesso per inviare un commento.