Il dato più eclatante è senza dubbio il boom del Movimento 5 stelle che nel capoluogo peloritano si è affermato su un incoraggiante 14 %, permettendo a Valentina Zafarana – anima cattolica illuminata – di rappresentare i grillini messinesi a Palermo.
Fa anche parecchio rumore il gran numero di messinesi che hanno scelto l’astensionismo (poco più della metà aventi diritto al voto) come segno di protesta e freddezza verso una classe dirigente che ha ampiamente deluso.
Purtroppo però nonostante una città ridotta sull’orlo del dissesto finanziario, che sta affrontando il terzo commissariamento consecutivo, con i mezzi pubblici ridotti al minimo per via della crisi Atm e i quartieri invasi dai rifiuti per via della crisi di Messinambiente ben 8 deputati uscenti sono stati confermati dagli elettori messinesi a suon di voti.
Il discorso deve esulare dalla distinzione tra i vari partiti (?), c’è da confrontarsi invece con una classe dirigente che ha fallito ma che riesce sempre, in un modo o nell’altro, a cavarsela mentre licenziamenti e contrasti economici e sociali punteggiano e disegnano il volto disperato della città..
Ricordate Tafazzi? Il simpatico personaggio interpretato da Giacomo di Aldo, Giovanni e Giacomo che, vestito con una tuta integrale nera con sopra una mutanda bianca, si colpiva i genitali con una bottiglia ridendo e cantando?
Bene sembra proprio che i messinesi siano affetti da una inguaribile forma di “tafazzismo” quasi a stare bene in mezzo al disservizio e al marciume in nome della morale della pagnotta.
Tafazzismo dicevamo: e come potrebbe mai chiamarsi quella sindrome che riporta a votare e a far votare personaggi che hanno ridotto Messina una città da quinto mondo?
È vero molti di questi personaggi hanno dovuto sudare più del solito prima di dire “ce l’ho fatta”, magari hanno dovuto aspettare qualche ora in più per ricevere l’abbraccio delle persone che già l’indomani avranno ricordato la loro “vicinanza”, ma ce l’hanno comunque fatta.
È il caso dell’on. Giovanni Ardizzone uomo di punta dell’Udc, nonché ex vice-sindaco di Buzzanca., ma che improvvisamente adesso si trova a suo agio con chi fino a pochi mesi prima lo attaccava.
Sembra proprio non essere via di scampo per una città che non vuole cambiare pagina, che si va sempre a rifugiare tra le braccia di chi ormai vede la politica come un lavoro e l’elezione come un fatto dovuto quasi scontato.
Certo non tutti possono essere come Franco Rinaldi (cognato dell’ex sindaco Francantonio Genovese) rieletto all’Ars a furor di popolo con più di 18 mila voti in un partito come il Pd che ha permesso a Lombardo di restare in sella per 4 anni, lasciando totalmente fuori Messina da ogni logica politica regionale.
Avviene anche questo in una città ormai cosciente che una classe dirigente alternativa al binomio Buzzanca-Genovese non potrà mai esistere, l’ex primo cittadino non è stato confermato al parlamento regionale è vero, ma la sua Caporetto non è stata la città (quasi 3 mila voti di preferenza presi) bensì la provincia dov’è stato letteralmente stritolato dall’avversario di partito un emergente– si fa per dire – Nino Germanà, amico di Alfano, già onorevole alla Camera..
Certamente Buzzanca ha pagato il fatto di aver abbandonato la città in condizioni disastrate, sull’orlo del dissesto finanziario e con i servizi primari (raccolta dei rifiuti e trasporto pubblico) allo sfascio, basti pensare che ieri un’impiegata dell’Atm è stata fermata al Comune mentre stava cercando di darsi fuoco.
Quella di Buzzanca più che una campagna elettorale è sembrata una vera e propria fiera dell’assurdo, vantandosi di risultati davvero iniqui (tipo l’illuminazione del pilone spacciata per attrazione turistica) al cospetto di risultati davvero fallimentari.
Ma più che una bocciatura amministrativa, da parte dei messinesi, è arrivata una bocciatura politica visto che molti ex Forza Italia hanno preferito appoggiare l’ex compagno di partito Germanà.
Davvero beffardo il destino per Buzzanca che fino a pochi mesi fa doveva confrontarsi con gli attacchi di chi diceva di scegliere tra l’incarico di sindaco e quello di deputato regionale, adesso è stata la sorte a togliergli ogni dubbio.
Il caso Buzzanca (ma anche la bocciatura delle logiche elettorali di Mimmo Nania) ha aperto crisi in casa di un Pdl che assomiglia più ad un ectoplasma che ad un partito, vista la situazione a Roma, Palermo e Messina.
Per il centrodestra c’è un vuoto di consenso dovuto alla cattiva amministrazione di chi ha governato fin’ora e per la situazione nazionale con Berlusconi che tra uno scandalo sessuale ed una condanna cambia decisione ogni 5 minuti, insomma per votare Pdl coscientemente in questo momento ci vuole veramente molta fede.
Ma chi pensa che la sonora sconfitta di Buzzanca apra scenari nuovi a Messina si sbaglia visto che a prendere il suo posto ci penserà il mostruoso connubio Pd-Udc, o Genovese-D’Alia che dir si voglia, appena rivelatosi vincente alle ultime regionali.
C’è da scommettere che per le prossime elezioni amministrative, questa allegra accoppiata presenterà qualche bel giovine pompandolo come uomo nuovo della politica messinese magari manovrato da chi ha ridotto Messina allo stato di città baronale, dove capita di vedere coordinatori cittadini di partiti che battono le mani sulle spalle di lavoratori in odore di licenziamento in aziende di cui l’azionista di maggioranza è un dirigente del proprio partito.
“Tutto cambia per nulla cambiare” scriveva Giuseppe Tomasi di Lampedusa e mai frase sembra più appropriata per prepararsi a quell’enorme concorso pubblico meglio noto come elezioni amministrative, dove chi ha fallito viene rieletto basta capire da che parte tira il vento.
Ma l’analisi non finisce qui.
Cercheremo di capire anche il mal sottile che s’incunea nella sinistra, quella vera.
Successi singoli sicuramente convincenti, ma il voto complessivo li porta distanti dalla Città reale.
Tante azioni, tanti documenti, tanto impegno, ma certamente la macchiana della comunicazione – quella che crea consensi – per loro deve essere rodata meglio.