Anche quest’anno, il dolce tipico dei “morti”, diventa a Brolo una tenerissima Favola fatta di zucchero e amore, farina e reciproche coccole.
E l’impasto egli “scardellini” diventa, non di farina, ma d’affetto e emozioni che lega il rapporto indissolubile tra figlio e genitori.
Una storia che è già un simbolo, che diventa racconto, che era aspettata, e che si aggiunge alla tradizione di fede e speranza che è intrisa alla trazione siciliana che unisce i dolci, la cucinale tradizionale ai Miti più Arcani.
Tra i dolci e le ricette certamente un po’ speciali da gustare nella Notte dei Santi o per di chi voglia rendere omaggio ad una delle usanze più gustose ed affascinanti legate alla commemorazione dei defunti,non si può non pensare alla tipicità siciliana rappresentata dagli Ossa di Morto, i biscotti tipici del 2 novembre che sorprendono per la loro semplicità, la loro forma e che che ora a Brolo hanno un nuovo piccolo “segreto” che diventa Magia, Fede, Amore.
Un impasto impossibile da definire, o dargli forme volute, anche se una volta usando apposite formine si cercava di dare – al bianco e solo a questo quando era ancor da lievitare – una sorta di forma d’osso. Ora miracolosamente prende la forma del cuore. Ed il mistero si ripete

Il giorno del 2 novembre è da sempre l’occasione per ricordare i propri cari che non ci sono più in maniera serena immaginando che, anche per poche ore, ritornino tra noi per condividere un giorno di festa.
Ed è proprio in questa ottica che da secoli la Sicilia celebra il giorno dei defunti, che a lungo ha rappresentato per i bambini ciò che oggi rappresenta il Natale.
Infatti, proprio il 2 novembre era il giorno in cui i più piccini ricevevano doni e dolci che, secondo la tradizione, venivano portati durante la notte dai parenti defunti che tornavano in visita dei propri cari ancora in vita. Loro lasciavano dei regali come ringraziamento per essere rimasti presenti nei loro ricordi.
Una Halloween tutta mediterranea, anzi Siciliana.
Per l’occasione, i bimbi, la notte tra il 1 e il 2 novembre, anche se con un pizzico di timore, lasciavano del pane e dell’acqua ed un paio di scarpe affinchè i parenti passati a miglior vita potessero – dopo il lungo viaggio fatto – rifocillarsi e fare comodamente il giro della casa e visitare i familiari.
Prima di andar via, quest’ultimi, lasciavano dentro alle scarpe o nascosti per le stanze, doni e dolci per i più piccoli che spaziavano dalla frutta candita, alla frutta martorana, preparata con la pasta di mandorle, sino ai croccanti biscotti chiamati Ossa di Morto.
Questi dolcetti sono protagonisti del nostro racconto.
Le Ossa di Morto, chiamati anche Scardellini, sono davvero inconfondibili.
Si presentano, infatti, come biscotti appena croccanti – una volto erano molto più duri – costituiti da una base più scura e morbida sormontata da un guscio più duro e chiaro.

Contrariamente a quanto si possa pensare, però, si ottengono con un unico impasto a base di acqua, farina, zucchero e spezie (solitamente cannella e chiodi di garofano), le cui componenti si separano, in maniera incontrollata e spontaneamente, durante la cottura direttamente nel forno, a causa dell’alta temperatura che questo raggiunge.
Quindi quasi impossibili a definirli, o dargli forme volute, anche se una volta usando apposite formine si cercava di dare – al bianco e solo a questo quando era ancor da lievitare – una sorta di forma d’osso.
Ma torniamo alla nostra storia.


Un vuoto incredibile, incolmabile, che diventa per Mimma e Ignzio, i suoi genitori, “presenza” quotidiana e costante.
Così il padre, pasticcere, proprio mentre era impegnato ad impastare e produrre ossi di morto che hanno bisogno di un lungo procedimento di preparazione che consiste anche nel lasciar a seccare l’impasto per diversi giorni sino a che la superficie non si è completamente asciugata, temendo che “l’infornata” non desse i risultati sperati, lo scorso anno, rivolse il suo pensiero al figlio, da poco “andato via”.
Quando i biscotti uscirono dal forno, la parte interna, che rimane umida, e che con il calore sciogliendosi cola dalla base del dolcetto – essendo formata prevalentemente da zucchero – si caramella assumendo la consistenza più morbida che caratterizza la base del dolce prese la forma di un cuore.
Lo stupore fu tanto e l’amore e la commozione fecero chiudere nell’animo di Ignazio e di mamma Mimma quel l’attimo che definirono come la presenza confortante e benevola del figlioletto.
E se questo succedeva due anni fa, il fatto che si è ripetuto anche lo scorso anno sembrava già straordinario, ed anche quest’anno si è ripetuto.
Papà Ignazio nel fare il primo impasto ci ha pensato. Una prima infornata , mercoledì scorso, quasi un segnale pensando a Ninuccio, mise in forno le lunghe strisce di impasto bianco. Anche quest’anno aspettò, in silenzio, e pianse a lungo, abbracciando la “sua” Mimma, quando dal forno vennero fuori, ancora, una serie, inspiegabile, di ossi di morto a forma di cuore.
Il segnale si ripeteva.
E quei simboli sono diventati un messaggio speciale, donato a chi è stato ed è vicino alla famiglia, a chi ne ha abbracciato il dolore.
Per chi sta vivendo l’identico, intenso, struggimento rappresentato dalla perdita di un figlio.
Così, come vuole la tradizione popolare che durante la notte di Ognissanti vuole che i defunti escono dai cimiteri e sfilano in corteo disponendosi in modo che davanti marcino, per primi, coloro che sono morti per cause naturali seguiti, nell’ordine, da chi è morto giustiziato, da chi è morto in disgrazia, da chi è morto improvvisamente e poi da tutti gli altri, si aggiunge la “favola” di Ninuccio che regala ai suoi genitori un simbolo d’amore.
A volte ci vuol poco… credere, senza chiedersi perchè.
Vivere l’attimo e perdersi nell’Amore.
