FEDERICA ANGELI – “Il motivo per cui io e la mia associazione non chiudiamo le porte ai figli di Spada è che il loro inserirsi nella società servirebbe a spezzare la catena di male”
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FEDERICA ANGELI – “Il motivo per cui io e la mia associazione non chiudiamo le porte ai figli di Spada è che il loro inserirsi nella società servirebbe a spezzare la catena di male”

Intervista realizzata da Giulia Quaranta Provenzano                                                                                            

Oggi la blogger Giulia Quaranta Provenzano desidera ringraziare pubblicamente la giornalista per il suo impegno contro la mafia e per l’opportunità concessa di confrontarsi con una donna che è esempio e dunque la più sincera testimonianza di come lottare in nome di ideali non sia inevitabilmente utopia.

Buongiorno Federica, vorrei iniziare subito la nostra chiacchierata domandandole mossa da quale cosiddetto “motore interiore” è iniziato il suo viaggio nella scrittura e soprattutto a favore della giustizia. Buongiorno Giulia, sono così – come mi si conosce – da quando ero poco più di una bambina. Mi hanno sempre infastidita i comportamenti di prepotenza e sopraffazione quindi, se devo dare un’indicazione temporale del mio viaggio verso la giustizia, direi che è iniziato a 16 anni. Dal momento in cui fondai il giornale della mia scuola non ho più smesso…”.

Da piccola a cosa immaginava di dedicarsi una volta divenuta adulta e che bambina è stata? “Il mio sogno da adolescente era quello di fare la giornalista e così è stato”.

La propria individualità in che relazione sta – almeno per quello che la concerne – con la socialità e con l’aggregazione, con la vita sociale? E a cosa le sembra che porti la diversità d’approccio all’esistere e nel come vivere rispetto alla maggioranza? “È difficile vivere con i miei forti principi di giustizia e legalità in un paese come l’Italia dove il mancato rispetto delle regole, la legge del più furbo e la prepotenza la fanno da padroni. Per questo ho dichiarato guerra al mondo, loro – quanto suddetto – rendono la vita complicata a me ma che almeno ci sia reciprocità. Un fastidio reciproco, ecco”.  

I ricordi, la pianificazione e la progettualità, la sperimentazione e l’osare, la razionalità e l’istinto quanto sono rilevanti nella sua quotidianità in ambito privato e lavorativamente parlando? “La strategia è tutto. Ho smesso di usare l’istinto e ho capito che per una battaglia contro la mafia e le ingiustizie del mondo di sopra (che non considero essere meglio della mafia, anzi ne ricalca le modalità) va usata tanta intelligenza e zero pancia, altrimenti il rischio di perdere è dietro l’angolo”.

Quale ruolo le pare che giochi l’immagine visiva nel veicolare e nell’essere indicatore di significati emozionali e intellettivi, d’impegno verso un qual certo “quid”, psicologici a riguardo di sé e di coloro con i quali ci si interfaccia (ovviamente tutto questo altresì nel suo operare quale cronista di cronaca nera e giudiziaria)? “Oggi l’immagine, purtroppo aggiungo, è tutto. Valgono più 5 minuti in televisione che anni e anni e paginate di inchieste scritte”.

Lei, Federica, è una giornalista nota per le sue inchieste sulla mafia romana e in particolare su quella attiva a Ostia. Personalmente trovo che proprio la mafia sia un virus molto contagioso e omni settoriale dacché l’omertà non è solo quella a riguardo di attività economiche illecite e del sottogoverno, bensì lo stare zitti di chiunque lo faccia pensando di ottenere una qualsiasi sorta di ipotetica e distorta condizione di maggior vantaggio o minor danno che dir si voglia: concorda, che cosa ne pensa? “Penso che da sempre, dacché è nato il mondo, il male – che qui chiamiamo mafia – abbia esercitato fascino sulle persone. Le favole da Pinocchio in poi sono piene di esempi di quanto la strada del male e della perversione sia quella che attira l’uomo perché, imboccando tale strada, si ha la sensazione che sia più facile ottenere vantaggi e non si pensa invece mai al conto che poi indietro proprio il male inesorabilmente chiede. La ricchezza apparente che offrono le mafie in cambio di lavori sporchi rappresentano un’irresistibile attrazione, tuttavia se solo si riuscisse ad avere la mente lucida e a capire cosa in cambio di quei soldi stiamo dando alle mafie…”.  

A suo dire in che rapporto stanno libertà, resilienza e coraggio? E in tutto ciò, benché io non voglia indurla ad alcuna preconfezionata categorizzazione riduttiva e ingabbiante, dal suo punto di vista, cos’è l’Amore (sia esso amor proprio, per altre persone e animali, per idee e ideali, per situazioni, luoghi, attività e molto altro ancora) e quello a cui talvolta ha fatto ferimento chiamandolo amore puro? “I tre concetti sono assolutamente sovrapponibili e l’uno ha bisogno dell’altro per concorrere, come nel mio caso, a una lotta così tanto difficile come quella contro la mafia. Quanto all’Amore è la forma massima di rispetto e sacrificio che si possano immaginare nei confronti di chi scegliamo di mettere al primo posto affettivamente nella nostra vita”.   

Crede che si nasca con un’indole e che essa non permetta ad alcuno di stravolgere le proprie inclinazioni naturali e il conseguente carattere, oppure che ci sia qualcosa/qualcuno che potrebbe farci mutare radicalmente e in maniera antitetica a ogni previsione per cui è dell’avviso che si possa educare chi è violento e interiormente “brutto”? “Si nasce certamente con un’impronta caratteriale che segna gran parte delle nostre scelte, caratteristiche e comportamenti. È innegabile eppure che anche l’educazione familiare e il contesto in cui si cresce abbiano delle inevitabili ricadute sull’essere umano. Sono convinta – e il mio girare da 10 anni nelle scuole di tutta Italia ne è la prova – che il brutto possa essere sconfitto e rimesso sulla buona strada con una sana inversione di rotta. Il motivo per cui io e la mia associazione non chiudiamo le porte ai figli di Spada è esattamente questo. Se si ghettizza chi porta un cognome pesante, se lo si lascia in quell’ambiente senza mai dargli la possibilità di scegliere, allora lo si condanna a prendere giocoforza la medesima cattiva via. Viceversa, inserirlo nella società serve a spezzare la catena di male”.

È del parere che l’infermità (fisica o psichica), a ragione o no, costituisca inimputabilità? “È il parere del codice penale, per cui non può che essere il mio”.  

È d’accordo o non è d’accordo con chi sostiene che le sofferenze e i dolori abbiano la funzione di ingentilire il nostro animo? Qualora lei convenisse con costoro, coloro i quali si incattiviscono – ad esempio dopo un lutto, una delusione, un fallimento – stanno allora attraversando solo una fase di aridità il cui esito finale sarà comunque una maggiore gentilezza, rispetto al passato, nel porsi e nell’affrontare l’esistenza? “Credo che ognuno di noi sia in grado di sopportare il dolore che la vita gli mette davanti. Non è detto che questo ingentilisca, ma di certo rinforza. Le reazioni a un evento drammatico possono essere le più disparate, non vi è mai un unico e solo esito neanche nelle menti più razionali. Il dolore è talmente soggettivo da non prevedere buoni e cattivi esiti, bisogna imparare a gestirlo come tutti i sentimenti e tutte le emozioni”.

Quale intento, quale convinzione e quale speranza l’hanno portata a scrivere e a pubblicare il libro “A mano disarmata – Cronaca di millesettecento giorni sotto scorta” e, sebbene abbia affermato che – citandola – chi sta dalla parte giusta non perde mai, chi sceglie di sfidare a viso aperto la mafia come riesce a non chinare la testa nonostante e proprio, pur, per la propria famiglia? “A mano disarmata l’ho scritto per dimostrare che non ci vogliono i superpoteri per sconfiggere la mafia e che se una persona normale e semplice come me ce l’ha fatta allora davvero tutti ci possono riuscire. Basta volerlo, senza protagonisti ma con grande determinazione e forza di volontà”.  

Claudia Gerini è l’attrice che l’ha interpretata nell’omonimo film tratto dal suo libro “A mano disarmata – Cronaca di millesettecento giorni sotto scorta”. Posso chiederle se tale scelta è dipesa anche da lei e quali sentimenti nutre nei confronti di codesta pellicola e dei suoi interpreti? “La scelta della protagonista l’ha fatta il regista e posso dire che mai scelta fu più azzeccata. Con Claudia, ancora oggi, ci frequentiamo e siamo amiche. Vedermi attraverso la sua interpretazione è stato come guardarmi allo specchio, ha assorbito tutto di me – studiandomi per settimane intere. L’ho adorata e ancora adesso la adoro”.

Mi pare di capire che lei trovi disarmante il sorriso e l’ironia, tant’è che è sfoderandolo che non permette ad alcuno di rovinare le sue giornate o sbaglio? Le chiedo pertanto se è con la più convessa curva sulla faccia che ha deciso di combattere e affrontare i suoi giorni per la lotta ai clan mafiosi che infestano Ostia, dove lei vive. Nonostante il sorriso, la serenità dentro casa gliel’hanno talvolta tolta o non vi sono davvero mai riusciti? “Proprio così, il sorriso e l’ironia sono armi potentissime da usare nei confronti di chi si nutre di rabbia, odio e vendetta. Come scritto da Alda Merini <<Non c’è niente che faccia più impazzire la gente che vederti felice>>, però sarei disonesta se le dicessi che non sono mai riusciti a toglierci la serenità. Abbiamo pianto, ci siamo arrabbiati, abbiamo avuto voglia di gettare la spugna ma poi ha prevalso sempre la nostra indole, che è quella di rialzarci e di sorridere alla vita”.  

C’è stato un secondo in cui nella sua testa è balenato il dubbio e il pensiero di poter (ancora) imboccare e percorrere una differente strada da quella intrapresa il 23 maggio 2013, quando è stata minacciata di morte in uno stabilimento balneare di Ostia gestito da clan mafiosi e però ha registrato tutto con una telecamera nascosta? Detto altrimenti, sente di aver pagato e di pagare il prezzo del suo rimboccarsi le maniche e aver cominciato a cambiare le cose che non andavano come debbono andare? “Dal punto di vista di come sono cambiate le cose nel mio quartiere e nella mia città, posso ritenermi soddisfatta. Molti componenti del clan Spada sono in carcere e i miei concittadini hanno sviluppato gli anticorpi necessari per riconoscere la presenza di altre compagini malavitose che sono arrivate, inevitabilmente, nel nostro territorio una volta messe al tappeto le associazioni mafiose presenti. Da questo punto di vista quindi no, il dubbio di aver perso il mio tempo in questa battaglia non mi ha mai sfiorato. Ora però vorrei indietro la mia vita, il mio l’ho abbondantemente fatto!”.

Il 17 luglio 2013 le assegnarono la scorta e, da quel dì, ogni giorno – riportando le sue parole –  è durato il triplo. Questa è la sua sensazione e, pur non volendo essere indelicata o invadente, qual è la percezione e il “gioco” di suo marito e dei vostri figlio inerentemente <<(…) una vita familiare stravolta nella sua normalità dalle minacce e dalla cattiveria della mafia (…) che, maledetta me, non sono capace di chinare la testa di fronte alle prevaricazioni (…)>>? “La vita, il quotidiano, sia mio che della mia famiglia è molto difficile da affrontare. É una vita pesante, una prigione e non vedo l’ora che arrivi il giorno in cui tutto questo finisca. Ormai i nostri figli sono sufficientemente grandi per capire che non si tratta più di un gioco e continuare a giocare è impossibile – motivo per cui la nostra filosofia è di goderci ogni istante della nostra intimità e felicità, riconoscendola al volo, senza aspettare il domani che potrebbe non esserci per chi vive in balia della rabbia e della cattiveria di clan mafiosi”.  

Per molte persone è divenuto automatico lasciarsi localizzare nei post sui Instragam… per lei è così o come si approccia e come utilizza i social (e qual è il suo pensiero a tale proposito)? “Ho usato i social, in particolar modo Facebook, per veicolare messaggi importanti di ribellione ai soprusi della mafia. Sono riuscita a creare una comunità, dunque credo fermamente nella bontà dell’uso appunto dei social. Se utilizzati con intelligenza e sensibilità sono degli ottimi strumenti di comunicazione. Purtroppo oggi assistiamo alla degenerazione della socialità attraverso queste piattaforme e l’avvalersi di Instagram, dove tutto è immagine, mi diverte e mi annoia nella stessa misura. Esso è troppo veloce per trasmettere contenuti rilevanti e significativi, è troppo effimero per lasciare il segno. IG è leggero quanto basta per immortalare un momento felice e sorriderne insieme”.   

Pensa che esista il destino e, in caso affermativo, secondo quali termini? Si è, inoltre, mai interrogata a proposito della sussistenza del male nel mondo in rapporto alla presunta bontà, onnipresenza, onniscienza e onnipotenza della divinità e del suo operato (cioè sulla Teodicea)? “A un certo della mia vita sono diventata, mio malgrado, fatalista. Credo che un essere umano possa essere protagonista del proprio destino fino a un certo punto. Basta guardare il recente terremoto – di fine febbraio – in Turchia, con ultrasettantenni sopravvissuti per 10 giorni sotto le macerie senza mangiare e senza bere. Si vede che non era arrivata la loro ora. Nell’ultimissimo periodo mi sono molto avvicinata a Dio, ci ho fatto pace, pertanto sono persuasa dal fatto che esista il bene quanto il male e che entrambi si palesino all’uomo più e più volte al giorno”.

In “Noi siamo Federica Angeli” cosa ci legge, cosa ci sente? …E chi e cosa vuole essere Federica stessa? “Noi è un’associazione nata a mio sostegno nel 2018 e ciò che vi leggo è la possibilità di cambiare insieme quello che non va. Da soli non si può sconfiggere la mafia, un’intera comunità invece può essere un argine. Questo è il senso…”.

Infine ci indica alcuni titoli di libri e opere d’arte visiva che l’hanno fatta riflettere profondamente e ha piacere di condividere con noi qual è, dal suo punto di vista, il maggiore pregio dell’arte appunto? Per quanto riguarda i libri sicuramente dico tutti, nessuno escluso, i romanzi di Haruki Murakami. Costui è capace di scendere nell’anima e di analizzare nel profondo ogni aspetto della quotidianità con rara intelligenza e sensibilità. Sono comunque tanti i libri che hanno toccato le mie corde, non riuscirei a citarli tutti. Per quanto poi riguarda le opere d’arte dico i dipinti di Pieter Bruegel il Vecchio, ché mi piace che riesca a immortalare diverse scene tutte nello stesso quadro. Mi dà l’idea di un controllo totale della realtà”.

22 Marzo 2023

Autore:

redazione


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