
UNO DEI LUOGHI PIÙ SUGGESTIVI E SCONOSCIUTI DELLA CITTÀ
Tempo di Natale, di vacanze, di Anima e Spirito. Riproponiamo – con le debite correzioni visti i tempi passati – un articolo del 2013 di Corrado Speziale scritto a seguito dell’iniziativa della visita guidata organizzata dall’associazione culturale Antonello da Messina allo scoperta di questo “prezioso” luogo sacro.
Uscendo da lì chiunque stenta a farsene una ragione: un patrimonio storico-artistico, con testimonianze che risalgono al XIII secolo, “blindato” tutto intorno dalla mega struttura dell’Istituto delle suore dello Spirito Santo, accanto alla centralissima piazza F. Lo Sardo, – meglio nota come Piazza del Popolo – e non fruibile normalmente alla cittadinanza.
Si tratta del Monastero di Santa Maria dello Spirito Santo, al quale è annessa la chiesa, ricostruita dopo il terremoto del 1908 su iniziativa di Padre Annibale di Francia, fondatore dei Rogazionisti e delle Figlie del Divino Zelo, oggi Santo, in cui, nel 1878, all’età di 27 anni, fu ordinato sacerdote dal cardinale Giuseppe Guarino.
La struttura, in atto, risulta incredibilmente esclusa dai circuiti turistico-culturali cittadini, compreso quello dei croceristi, il cui flusso andrebbe invece indirizzato verso simili mete. All’interno, vi si può accedere soltanto previa prenotazione, per gruppi, presso l’Istituto religioso che lo gestisce.
L’importanza religiosa del sito, unitamente ai suoi pregi storici e artistici, sono stati illustrate – al tempo della stesura dell’articolo, un sabato del novembre 2013 – nel corso di una visita guidata organizzata dall’associazione culturale Antonello da Messina, che da tempo accende l’attenzione dei messinesi verso i tesori, per così dire “nascosti”, del patrimonio cittadino.
A fare da guida fuGiacomo Sorrenti, attento ed appassionato studioso di storia e arte religiosa, ricercatore di quelle testimonianze che segnano i vari percorsi di storia cittadina attraverso l’imprescindibile influenza della Chiesa.
L’esposizione dello studioso venne preceduta dagli interventi di Milena Romeo, tra i responsabili dell’associazione, e da quello del coordinatore Sergio Di Giacomo.
Quella fu un’ottima occasione per conoscere ed apprezzare le fattezze artistiche della chiesa di Santa Maria dello Spirito Santo, tra cui spiccano alcuni preziosi altari in marmo, come quello del Crocifisso, capolavoro di architettura, scultura e intarsio, che merita, già da solo, un’attenzione particolare.
Secondo un’antica tradizione, infatti, quel Crocifisso sembra essere arrivato dal mare, tra il ‘400 e il ‘500, a bordo di un veliero, e donato come ex voto, in segno di ringraziamento, alla città di Messina.
Ma in realtà studi svolti sull’argomento, attribuiscono l’opera a Francesco de Li Matinati, componente di una famiglia di crocifissai, che nel 1520 realizzò l’opera su commissione dell’abbadessa del Monastero, con delle precise indicazioni, tra cui che il Cristo somigliasse a quello della cattedrale. E così fu, e non solo in questo caso, perché in città si creò un “filone” di somiglianza a quel crocifisso, adesso rilevabile anche in altre chiese dell’epoca.
Giacomo Sorrenti, nel corso della sua esposizione sugli elementi artistici della chiesa ha, tra l’altro, fece notare la pregevolezza degli stucchi, ricostruiti dopo il 1908, senza aver fatto ricorso a stampi, ed il valore delle pitture di Emilio Forti.
Un discorso a parte meritano le due cripte, rinvenute sotto il pavimento della chiesa, all’interno delle quali trovavano sepoltura, rispettivamente, le sorelle del Monastero e i nobili benestanti che facevano dono dei loro beni alla congregazione.
E riguardo quest’ultimo rinvenimento sotterraneo, la questione è ancora agli inizi, in quanto le due cripte non sono per nulla fruibili ai visitatori, fatta eccezione per le suore che di tanto in tanto scendono a dare un’occhiata per valutarne le condizioni, accedendo da una piccola botola posta adagiata sul pavimento della chiesa.
Il prossimo obiettivo è quindi l’apertura delle cripte alla pubblica fruizione, ed in questo senso suor Daniela Pilotto, che da dentro l’Istituto mostrò avere tutte le sensibilità necessarie alla rivalutazione del luogo, dicendo anche di aver incontrato il sindaco Accorinti, per studiare la soluzione per poter rendere accessibile dall’esterno le cripte. “Questo patrimonio non è il nostro, è di tutta la città. Dobbiamo tutto a padre Annibale…” disse la suora.
Avviato il percorso dentro la complessa architettura dell’Istituto, la cui modernità si taglia su quella dell’antico Monastero, si attraversano le stanze, dall’altissimo valore religioso, dove Padre Annibale, sofferente, visse gli ultimi periodi della sua vita assistito dalle suore del Divino Zelo, prima di morire, nel 1927, nella Casa di Guardia.
Anche un vano destinato ad una significativa raccolta iconografica del tempo, e di oggetti talari, aiuta il visitatore a ricostruire la storia del fondatore dei Rogazionisti unitamente a quella del luogo.
Un altro alloggio dall’alto contenuto religioso, che contiene in sé un importante dato storico è la “camerella”, unica, tra tante, rinvenuta e restaurata nel 1999 e dedicata alla Venerabile Madre Maria Nazarena Majone, co-fondatrice delle Figlie del Divino Zelo.
Le “camerelle”, alla fine del 1200, davano addirittura il nome a quella zona della città: lì dentro, nel corso della storia, vi trovavano alloggio viaggiatori e pellegrini in transito nello Stretto. Ma ancor prima, dentro quelle “celle” allocate sul versante della collina che sovrasta il Monastero, secondo cenni storici, vi alloggiavano “devoti romiti che menavano vita solitaria”.
L’interno del vecchio Monastero, ripreso dalla Soprintendenza solamente nel 2000, dopo il terremoto del 1908, è caratterizzato dal suggestivo chiostro, risalente al XIII secolo, resistito al sisma, e dalle stanze attigue.
In una di esse vi è esposto lo splendido dipinto su tavola della Madonna dei Miracoli, attribuibile ad Antonino Giuffrè, realizzato tra il XV e il XVI secolo. L’opera, di chiara scuola antonelliana, mostra la Vergine che tiene sulle ginocchia il Bambino, mentre entrambi poggiano la mano sul seno in un gesto reciproco che fa da preludio all’allattamento: per questo la “Madonna del latte” – come viene anche chiamato il dipinto – rappresenta un raro esemplare di questo genere.
Sempre all’interno del Monastero, al piano di sotto, vi è la Cappella, interamente ricostruita, dove spiccano le tredici lampade d’argento, volute da Padre Annibale, in ricordo delle tredici religiose che persero la vita nel terremoto del 1908.
Alla fine del percorso, si ha l’impressione che il tema religioso prevalga su quello storico-artistico, e se da un lato l’Istituto delle suore ha “custodito” quel luogo, dall’altro, adesso, lo dovrebbe rendere liberamente fruibile alla collettività.
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