PIRANDELLO A PATTI – Questa sera “Trovarsi” per la stagione del Beniamino Joppolo
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PIRANDELLO A PATTI – Questa sera “Trovarsi” per la stagione del Beniamino Joppolo

 

 

 

Fra poche ore andrà in scena il terzo appuntamento della rassegna teatrale fortemente voluta dall’amministrazione Aquino ed allestita con energia e passione dalla direttrice artistica Anna Ricciardi. Ad andare in scena alle 21,15 sul palco del Beniamino Joppolo sarà “Trovarsi”: lavoro di Luigi Pirandello riadattato dai registi ed interpreti Enzo Vetrano e Stefano Randisi. A recitare saranno Mascia Musy, Angelo Campolo, Giovanni Moschella, Ester Cucinotti, Antonio Lo Presti, Marika Pugliatti, Monia Alfieri e Luca Fiorino. Si tratta di una produzione E. A. R. Teatro di Messina in collaborazione con Daf – Teatro dell’Esatta Fantasia.

maschia_1Lo spettacolo

Nella produzione finale di Luigi Pirandello,  ispirata dall’amore tardivo ma intenso per Marta Abba,”Trovarsi” del 1932  ha come protagonista Donata Genzi, attrice che ha consacrato se stessa al palcoscenico, negandosi ogni legame sentimentale. La missione dell’attrice, il suo impulso a illuminare il pubblico ogni sera con la propria arte, è il prezzo che si chiede alla protagonista; ancora una volta, attraverso una storia che usa come paradigma una vicenda teatrale, Pirandello affronta temi che riguardano la società, il modo di relazionarsi tra gli uomini e in particolar modo la ricerca e l’espressione della verità di cui il palcoscenico può essere il più autentico testimone.

I  registi Vetrano e Randisi,  gioielli del teatro italiano, premiati con il prestigioso Premio Le Maschere del teatro italiano, confermano il loro consolidato rapporto con Pirandello. Come si legge nelle stesse note di regia “Lo spettacolo che nasce dalla nostra riscrittura è un viaggio all’indietro nel tempo, un sogno in bilico tra maschera e vita dentro la mente di Pirandello, tra la vecchiaia da cui lui vorrebbe fuggire e la giovinezza dell’amante … C’è un prologo, nel nostro spettacolo, in cui Donata (Genzi, attrice personaggio protagonista della pièce, ndr), dopo una vita piena di successi teatrali e di solitudine amorosa, scende le scale di un immaginario faro sul mare dove abbiamo recluso Elj, anche lui solo e spezzato, dopo la sua grande delusione. E la visita che la vecchia attrice fa al suo giovane amante le permette di rivivere… tutta la storia d’amore».

Onorata di avere a Patti questo spettacolo si è detta il direttore artistico Anna Ricciardi : “Con questo spettacolo,  intriso di tradizione e innovazione, dei due tra i più grandi registi italiani, Il teatro di Patti prosegue la sua stagione e si allinea ai teatri italiani nell’omaggio reso, quest’anno, al grande drammaturgo siciliano, allo scadere dei diritti d’autore”.

trovarsi_1L’intervista

E proprio a poche ore dallo spettacolo Randisi e Vetrano hanno accettato volentieri di rilasciare un’intervista doppia in cui raccontano del loro sodalizio, della tensione artistica che li accomuna, della genesi di “Trovarsi” e del loro modo di intendere il teatro, l’arte e la società. L’uno prevalentemente regista, l’altro più volentieri attore, Vetrano e Randisi ci insegnano che la scena ha confini poco netti e che sperimentazione, avanguardia e tradizione rappresentano, nel loro fondersi, la cifra più alta e nobile dell’operazione teatro. Consolidata coppia artistica dal lontano 1976, i due hanno di recente riscoperto l’amore per Pirandello. E da questo amore unito all’incontro con l’attrice Masca Musy nasce “Trovarsi”. Nel riadattamento di Vetrano, Randisi e Musy lo spettacolo diventa un viaggio a ritroso nel tempo, un’atmosfera di sogno in cui finzione e realtà, maschera e vita vera, vissuta, si attraggono e si respingono continuamente nell’estenuante ricerca della verità, fine ultimo di ogni piéce teatrale che si rispetti. il palcoscenico, dunque, unico luogo di autenticità in contrapposizione all’ipocrisia di una società malata. Ma veniamo all’intervista.

Randisi e Vetrano: un sodalizio quasi quarantennale. Qual è l’aspetto che più vi lega artisticamente?

R. Il modo con cui ci avviciniamo al lavoro, credo. L’eticità, anche, la dialettica, il confronto. E poi credo che ogni idea per completarsi e realizzarsi abbia bisogno dell’ ”altro”, di un altro che la ascolti e la condivida. Da queste basi muove qualsiasi nostro lavoro.

V. Collaboriamo dal 1976 e tutti e due abbiamo sempre sentito la necessita del teatro, che poi significa emozionarsi e avere un confronto, sia col pubblico che, ancor prima, con noi stessi.

Ricerca, sperimentazione e contaminazione fra generi sono le peculiarità del vostro teatro: verso chi pensate di aver contratto il debito più grosso nel vostro percorso artistico?

R. Randazzo, Perriera e De Berardinis: tutti e tre imprescindibili da ciò che siamo oggi. Se parliamo di ricerca forse il debito più grosso l’abbiamo contratto nei confronti della scuola di Randazzo. In tema di contaminazione, invece, Leo De Berardinis credo ci abbia dato l’impronta più importante.

V. Abbiamo avuto molti maestri, anche perché, come si dice in Sicilia, “nuddu nasci ‘nsignatu”. Naturalmente Randazzo, Perreira e De Berardinis sono stati fondamentali nel nostro percorso. E forse proprio grazie a queste variegate esperienze siamo riusciti, negli anni, a intraprendere questa fruttuosa contaminazione fra generi, spazio scenico, luce, approdando ad una forma nostra particolare.

Negli ultimi anni scoprite questo interesse per Pirandello. Da dove arriva questa suggestione?

R. In realtà l’interesse per Pirandello esisteva già da prima, ma nel momento in cui nel ’95 è subentrata una nuova fase, quando cioè ci stavamo staccando dai romagnoli Sgrosso e Bucci, abbiamo sentito di rinvenire in Pirandello una vicinanza particolare: è nostro conterraneo, anche se abitiamo ad Imola, ed è siciliana tutta la compagnia. Pirandello inoltre è stato spesso considerato autore impegnativo, un intellettuale filosofeggiante più che un drammaturgo, e per noi invece è attualissimo. Ci affascina anche il modo in cui Pirandello chiedeva agli attori di stare in scena, anteponendo a ogni altra cosa la necessità della verità. Questa forse è la molla che ci ha portato ad approfondire Pirandello.

V. Il rapporto con Pirandello nasce dall’avere in comune la nostra Sicilia. Di Pirandello ci siamo nutriti a scuola leggendolo e con lui sentiamo una vicinanza fortissima nel linguaggio. Molti pensano sia un autore un pò difficile ma per noi Pirandello parla la nostra lingua, per cui ci riesce facile leggerlo e pronunciarlo e interpretarlo.  Poi per me in particolare l’attrazione per Pirandello nasce dalla straordinarietà dei personaggi  che mette in scena, invitandoli ad agire “per mosse d’anima”, com’egli stesso scrisse. Lasciarsi attraversare dalle emozioni è la forma di comunicazione più bella che possa esistere, è l’unico mezzo per entrare in empatia col pubblico. In Pirandello c’è tutto un mondo intero, grande e profondo, che bisogna scavare.

“Trovarsi” è forse una delle opere di Pirandello meno battute. Perché questa scelta ?

R. Nella scelta ha influito molto Mascia Musy.  Cercare la verità in scena, comprendere e interpretare il problematismo della recitazione stessa, non abbandonarsi a facili ammiccamenti al pubblico. Mascia Musy è in grado di incarnare tutto questo: è un’attrice “pura” che vive per e con il teatro. Per cui quando abbiamo  incontrato Mascia abbiamo subito compreso che “Trovarsi” era il testo adatto a lei. E proprio con lei abbiamo fatto un grande lavoro di riadattamento: il testo originale è molto più prolisso e ripetitivo.

V. Siamo andati alla ricerca di un testo forte per un’attrice del calibro di Mascia, così è venuto fuori “Trovarsi”. La commedia è intrisa di una tale complessità che abbiamo dovuto smussare qualcosa. Dentro ci sono parti straordinarie che riguardano proprio la donna e quella necessità, comune a molte, di poter vivere una vita propria oltre a quella scenica, ufficiale, che si confà al ruolo. E in effetti molte donne guardando lo spettacolo si sono emozionate nello scoprire una certa affinità con la Donata di “Trovarsi”. Il testo poi è pieno di poesia e di momenti straordinari incardinati sul tema della ricerca di se stessi e della propria identità.

Stasera il vostro spettacolo approda a Patti, nel piccolo teatro Beniamino Joppolo. Quanto è importante portare queste rappresentazioni anche nelle piccole realtà provinciali come quella pattese?

R. È importantissimo come lo è per  i grandi teatri delle città. Il teatro, in qualsiasi luogo lo si faccia – Roma, Parigi, New York o Patti – dà sempre delle emozioni fortissime. I teatri di provincia vanno assolutamente considerati alla stessa stregua dei grandi teatri: l’arte è tale in ogni luogo, a prescindere dal contesto o dal pubblico, che poi è ogni sera diverso anche nelle grandi città e nei grandi teatri.

V. Il confronto col pubblico è sempre straordinario, in qualsiasi realtà tu possa trovarti. Personalmente devo fare un plauso alle scelte di qualità operate dalla direttrice artistica della rassegna pattese che non si lascia ingannare dalla suggestione secondo cui il pubblico dei piccoli teatri ha bisogno di piccoli spettacoli.  Non sarebbe questa un’operazione culturale degna. Anche e soprattutto i pubblici meno usi al teatro hanno bisogno di confrontarsi con delle cose nuove, mai viste. Forse più che in altri luoghi il pubblico dei piccoli teatri va agli spettacoli per emozionarsi davvero. Tra l’altro questo spettacolo non  presenta difficoltà di linguaggio o comprensione.

In una sola parola: cos’è per voi il teatro?

R. Comunicazione..  (con tutto ciò che ci sta dentro)

V. Incanto

Quanto può e deve incidere il teatro sulla società e la politica italiana? E soprattutto, pensate che oggi sia più il teatro a fare politica o è la politica che tende sempre più a spettacolarizzarsi e a fare teatro?

R.  Se parliamo della teatralizzazione della politica allora parliamo di cattivo teatro: il teatro, quello vero, fatto bene, è cosa ben più alta di ciò che ci fanno vedere gli improvvisatori della politica. Questo perché il teatro non è finzione ma è verità. Quindi si deduce che teatro e politica siano diametralmente opposti. Detto questo credo che il teatro dovrebbe rappresentare una delle colonne della comunicazione sociale e anche della politica nella sua accezione più alta. Forse per questo è stato sempre messo all’indice da certa politica, perché è verità e aiuta a capire i rapporti tra gli uomini.

V. Nel teatro sono fondamentali l’etica e il rigore, cose da cui la politica è lontana anni luce. Non per nulla il teatro fa tanta paura alla politica, soprattutto negli ultimi tempi in cui i tagli nel settore cultura dimostrano la volontà della politica di lasciare la gente nell’ignoranza e nell’oscurità: masse manipolabili a fini elettorali.

Giuseppe Giarrizzo

21 Febbraio 2013

Autore:

admin


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