ADISTA & MAZZEO – L’importante agenzia di stampa romana «sul mondo cattolico e sulle realtà religiose» si schiera con il giornalista-professore
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ADISTA & MAZZEO – L’importante agenzia di stampa romana «sul mondo cattolico e sulle realtà religiose» si schiera con il giornalista-professore

L’ Adista (acronimo di Agenzia Di Informazioni STAmpa), si occupa principalmente di fare controinformazione sulla Chiesa istituzionale, di dare voce a tutte le realtà ecclesiali di base, del rapporto tra Chiesa e politica e tra fede e politica, di pace, disarmo, ecumenismo, dialogo interreligioso, America Latina, Teologia della Liberazione, Teologie indigene, femministe, ecologiste, del pluralismo religioso e in generale di tutte le nuove teologie ha dedicato l’articolo che sotto riportiamo al “Caso Mazzeo”.

 

Messo sotto processo dalla propria dirigente scolastica per aver obiettato pubblicamente alla militarizzazione della scuola in cui insegna.

Succede a Messina dove, nei confronti di Antonio Mazzeo, docente di Scienze motorie presso l’Istituto comprensivo “Canizzaro-Galatti” (nonché saggista e blogger da sempre impegnato sui temi della pace, della nonviolenza e del disarmo; anche Adista ha ospitato qualche suo articolo, alcuni proprio sulla militarizzazione della scuola: v. Adista Segni Nuovi n. 11/16 e Adista Documenti n. 22/17), la dirigente scolastica, Giovanna Egle Candida Cacciolla, ha avviato un procedimento disciplinare per «mancata osservanza del codice comportamentale dei dipendenti pubblici».

I fatti li racconta lo stesso Mazzeo, nella lettera (pubblica e datata 14 aprile) alla dirigente che ha determinato l’avvio del procedimento. «Apprendo oggi dalla stampa – scrive il docente – che il 17 aprile, nel cortile del nostro Istituto, si terrà un evento legato al progetto denominato “Esercito e Studenti Uniti nel Tricolore” per “promuovere tra i giovani il valore dell’identità nazionale” e in cui si prevede che «militari e studenti insieme condivideranno l’atto solenne della cerimonia dell’alzabandiera intonando il “Canto degli Italiani” alla presenza della banda della Brigata “Aosta”. Ritengo questa iniziativa gravissima e in palese contrasto con i valori didattici-educativi della nostra istituzione scolastica e soprattutto non mi risulta che mai negli organi collegiali o nel Piano dell’offerta formativa si sia fatto alcun accenno al progetto e che ci sia alcuna delibera di adesione al medesimo». Quindi, prosegue Mazzeo, «esprimo il mio totale dissenso per questo pseudo-progetto “Militari-studenti”» e «comunico che non accetterò di parteciparvi personalmente né di accompagnare le mie classi durante le mie ore di servizio». Pochi giorni dopo, Mazzeo torna sull’argomento, con un articolo pubblicato sul portale Stampalibera.it. «L’obiettivo generale del “progetto”, come si legge nel comunicato della Brigata “Aosta” – scrive il docente – è quello di “promuovere tra i giovani l’identità nazionale” e “ricordare quegli uomini nati tra il 1874 e il 1899 che tra gli angusti spazi delle trincee e le imponenti cime dei monti contribuirono in maniera decisiva all’unità nazionale, sacrificandosi con generosità e coraggio”. Una doppia mistificazione storico-sociale, quella dell’Esercito e di quei dirigenti scolastici che in violazione del dettato costituzionale e con ordini di servizio palesemente illegittimi hanno imposto le attività musico-militari ai propri docenti e alunni. La Prima Guerra mondiale – ricorda Mazzeo – fu un’immane carneficina (“un’inutile strage” la definì papa Benedetto XV nella sua lettera ai capi di Stato belligeranti l’1 agosto 1917) e decine di migliaia di giovanissimi soldati italiani furono mandati e (poi vigliaccamente abbandonati) al massacro da inetti e corrotti ufficiali e comandanti dell’Esercito, in una delle pagine più nere della storia post-unitaria d’Italia. Inverosimile e scandaloso parlare poi – aggiunge – di “identità nazionale” nelle scuole italiane dove a ormai uno studente su cinque (i figli di migranti ma nati e cresciuti in Italia) è stata negata dal Parlamento l’acquisizione della cittadinanza (e dei diritti che ne derivano) con lo ius soli. Per noi che operiamo ininterrottamente da 34 anni in questo istituto è stata sicuramente una delle giornate più tristi e dolorose della nostra carriera di insegnanti ed educatori pacifisti, antimilitaristi e nonviolenti. Fortunatamente cresce però tra gli insegnanti, gli studenti e i genitori la consapevolezza sul dilagante processo di militarizzazione dell’educazione e del sapere nel nostro Paese e i suoi diversissimi pericoli sociali, politici, economici, culturali. E siamo orgogliosi di rivendicare il nostro diritto-dovere all’obiezione e al rifiuto di questi vergognosi spettacoli di manipolazione della verità e delle coscienze».

Una presa di posizione che non va giù alla dirigente scolastica, evidentemente insofferente al diritto di critica e alla libertà di pensiero dei propri docenti, la quale decide di avviare un procedimento disciplinare nei confronti del docente (che rischia da una formale «censura» a una sospensione dal servizio). Mazzeo, secondo la dirigente, si sarebbe macchiato di «esternazioni in pubblico riguardanti l’istituzione scolastica e la figura dirigenziale che non possono essere ricondotte ad una legittima critica dell’operato del datore di lavoro, e ciò sia per la loro offensività e per i termini utilizzati con potenziale gravissimo pregiudizio per l’istituto scolastico stesso». «Si tratta – prosegue la contorta prosa della dirigente – di inadempienze plateali, gravi e lesive di obblighi basilari posti dalla legge alla base del rapporto di lavoro e della correlata fiducia tra le parti». È vero che c’è la Costituzione (art. 21: «Tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione»), è costretta ad ammettere la dirigente. La quale però poi asserisce che «tale libertà non è assoluta», perché il dipendente pubblico ha l’obbligo di «non assumere comportamenti che possono nuocere all’immagine dell’Amministrazione e di astenersi da dichiarazioni pubbliche offensive nei confronti dell’Amministrazione stessa». Quindi, sostiene Cacciolla, le affermazioni di Mazzeo – che però non si capisce dove e come avrebbe «offeso» l’amministrazione scolastica – assumono «valore altamente offensivo e diffamatorio della sfera professionale dell’istituzione scolastica e dei suoi organi collegiali, sicuramente esorbitanti dai limiti della libera manifestazione del pensiero» e il suo comportamento «costituisce grave mancanza ai propri doveri di servizio». Insomma vietato parlare, scrivere e forse anche pensare.

Il “processo” si svolgerà il prossimo 11 giugno. Frattanto, dice Mazzeo, «continuerò a battermi in ogni modo al processo di aziendalizzazione, privatizzazione e militarizzazione della scuola, nel pieno rispetto dei principi costituzionali. Continuerò ad oppormi, ad obiettare e disertare, qualsivoglia attività di “relazione” tra forze armate e studenti, a difesa delle sacrosante prerogative didattico-pedagogiche che spettano solo agli insegnati e agli educatori. Continuerò a sostenere ed argomentare in tutte le sedi che ogni attività o programma che vede “cooptare” i minori in ambito bellico-militare rappresenta una grave violazione dell’articolo 38 della Convenzione internazionale a difesa e protezione dei diritti del fanciullo».

I Cobas hanno espresso «totale solidarietà» a Mazzeo (oltre all’assistenza legale, qualora la dirigente scolastica decidesse di portare avanti il processo alla libertà di pensiero e al diritto di critica).

Sul portale Change.org una petizione in difesa del docente ha già ottenuto quasi 1.300 firme [1.379, ora 3 giugno 2018. ndr]. E già da diversi anni Pax Christi promuove la campagna “scuole smilitarizzate”, invitando gli istituti a sottoscrivere un “Manifesto della scuola smilitarizzata” (v. Adista Segni Nuovi 19/13). «L’istituto si impegna – vi si legge – a rafforzare il suo impegno nell’educazione alla pace e alla nonviolenza»; ad «escludere dal proprio Piano dell’offerta formativa le attività proposte dalle Forze armate»; a «non esporre manifesti pubblicitari delle Forze armate né accogliere iniziative finalizzate a propagandare l’arruolamento e a far sperimentare la vita militare»; a «non organizzare visite che comportino l’accesso degli alunni a caserme, poligoni di tiro, portaerei e ogni altra struttura riferibile all’attività di guerra, anche nei casi in cui questa attività venga presentata con l’ambigua espressione di missione di pace».

«Sappiamo che le Forze armate italiane stanno investendo molto per entrare nelle scuole », spiega don Renato Sacco, coordinatore nazionale di Pax Christi. «Se porti i bambini nel bosco fanno esperienza della natura e imparano a rispettarla, se li fai accompagnare dall’Esercito imparano ad apprezzare l’Esercito, e se poi il generale spiega loro la Prima Guerra mondiale, la grande guerra… ancora di più! Questa è cultura… di guerra. Questa è propaganda di guerra!

3 Giugno 2018

Autore:

redazione


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