Intervista realizzata da Giulia Quaranta Provenzano
Oggi la blogger Giulia Quaranta Provenzano ci propone l’intervista a Giorgio Gaudio, il cui studio di progettazione ha base a Torino. Il giovane, come si definisce lui su Instagram, è un <<social impact designer>> che dà vita a idee audaci e aiuta aziende ed enti a immaginare il domani…
Buongiorno Giorgio! Vorrei domandarle subito quando, con quale intenzione/progettualità e soprattutto mosso da quale sorta di motore interiore si è addentrato nel mondo dell’Arte sino a divenire designer [clicca qui https://giorgiogaudio.com/ per accedere al sito Internet di Giorgio Gaudio]. “Buongiorno Giulia! Sono cresciuto in campagna e penso che gli elementi naturali mi abbiano aiutato molto a immaginare, a inventare giochi, a creare mondi. Ho idea che tutta la mia realtà sia nata da lì. La consapevolezza nell’immaginare e trasformare i pensieri in oggetti oso dire che sia il mio motore”.
Da piccolo a che cosa, forse, immaginava di dedicarsi oggi e che bambino è stato? Inoltre, quale colore e quale canzone assocerebbe ai periodi più significativi della sua vita sinora? “Da piccolo volevo diventare un veterinario, ma guardavo per ore il programma televisivo Art Attack e così ho incominciato a inventare piccoli oggetti – e quindi, poi, ho cominciato a pensare di voler fare l’artista o l’inventore. Tra tutti i colori, il verde ottanio mi mette calma”.
Cosa rappresenta, per lei, la Bellezza e cosa l’Arte e quale ritiene esserne il principale pregio e potere? “Per me la bellezza è quel qualcosa che viene fatto con metodo, innovazione e qualità… l’arte si costruisce su questi principi”.
Quali le sembra che siano oggi gli stereotipi estetici, esteriori, e gli atteggiamenti comunemente più radicati e perché in taluni individui c’è una sorta di ossessione di identificare il genere con il sesso di nascita (come se il nascere maschio o femmina implicasse l’imprescindibilità di alcuni comportamenti e determinasse l’insindacabilità di alcune preferenze piuttosto di altre)? “Una certa parte conservatrice della società continua a seguire rigide regole sociali per paura di decostruirsi e del cambiamento, la società si contraddice ogni vent’anni e con questo dato di fatto bisogna fare pace”.
Secondo la sua sensibilità, nel caso in cui ritenga che siano aspetti discernibili, si sente più affine alle opere che hanno a che fare con l’intimistico “auto centrico”/autobiografico o maggiormente con il sociale-politico? “Mi piacciono le opere che indagano l’essere umano”.
È del parere, sebbene il singolo possa avere e abbia una personale percezione, che sia possibile un’interpretazione oggettiva del vero significato degli elaborati? “Penso che sia difficile riuscire a pieno a interpretare oggettivamente un elaborato (a meno che esso non sia didascalico e forse nemmeno in tale caso è possibile un’interpretazione oggettiva). Sono dell’avviso che gli esseri umani interpretino le cose in modo soggettivo, di oggettivo non c’è quasi nulla – se non la scienza ma, per estremo, nemmeno la tale la è… figuriamoci l’arte”.
Cosa ne pensa dell’uso degli algoritmi in campo artistico? È del parere che la riproducibilità tolga valore a un elaborato, per cui quello che non è unico non sarà mai una possibile opera d’arte? “Penso che gli algoritmi siano uno strumento in più per il mondo dell’arte e della progettazione”.
I programmi che si possono attualmente adoperare – come, ad esempio, Midjourney e Dall-e 2 – possono creare illustrazioni, disegni, immagini stilizzate, dipinti digitali e fotografie inventate ma estremamente realistiche. Vede o no del pericolo in ciò, cioè qualcuno potrebbe o meno servirsene per falsificazioni al fine di minare il valore di testimonianza di una foto (valore che taluni affermano abbia già vissuto una crisi con lo sviluppo della grafica e del ritocco digitale)? “No, non penso che tali programmi e il loro uso costituisca un pericolo… anzi credo che coloro i quali ritengono che essi possano minare il valore di testimonianza di una foto siano caratterizzati da un approccio luddista all’argomento. Si dovrebbe invece pensare che, in passato, proprio la fotografia è stata anch’essa un mezzo espressivo nuovo rispetto all’epoca in cui è nata”.
Qual è l’impatto ambientale delle intelligenze artificiali e si assiste o non si assiste a un aumento delle disuguaglianze dovute al carattere chiuso della maggior parte dei software? A tale proposito Alessandro Y. Longo ha scritto: “L’industria dell’AI necessita di sempre più materie prime per mantenere la sua corsa verso il progresso (…). Non sono in molti i centri di ricerca in grado di disporvi e questo impedisce agli attori più piccoli di fare ricerca d’avanguardia”. Qual è la sua idea in merito? “La mia idea in merito è che il problema sia il capitalismo”.
Gli strumenti, a suo dire, sono co-autori dell’elaborato o ritiene che esista una tecnologia neutra? Propende a credere che in futuro si arriverà all’avvento di un’autentica intelligenza artificiale abbastanza autonoma ed evoluta da voler creare un’opera d’arte ma che – avendo una coscienza differente da quella umana, per via delle diversità strutturali che intercorrono tra lei e noi – ci sarà aliena e quindi non capiremo di trovarci di fronte a un capolavoro? “Il discorso vertente sugli strumenti quali co-autori dell’elaborato vale dal pennello all’Apple Pencil, ma non so rispondere alle due presenti domande”.
C’è chi sostiene che la capacità di creare e agire in base ai tempi e ai luoghi sia necessario – anche e non di meno per un artista – al fine di fare del personale estro una professione, ma che ciò non si tratti di forzare se stessi… bensì di cogliere il cosiddetto “Zeitgeist”: lei è d’accordo? “L’arte è libera proprio per evitare ogni cosiddetto paletto ma, se si vuole comunicare meglio ed entrare nel mercato in essere, penso che sia necessario cogliere il citato <<Zeitgeist>> ossia, appunto, lo spirito cultuale che informa la propria epoca”.
Il nascere e dove nascere è qualcosa che non decidiamo in prima persona, ma l’iter e l’equipaggiamento temperamentale e caratteriale nel percorrere la quotidianità è in qualche modo determinato da cosa? Nel suo vivere ipotizza che centri il “destino”, o è dell’idea che l’essere umano sia il solo artefice della propria sorte? “Il destino non esiste, esistono dei processi chimico/fisici che hanno portato alla creazione delle cose e dell’Universo. La spiegazione di ciò è praticamente fuori dalla comprensione umana e dobbiamo accettarlo. Personalmente credo solo nella fisica e nella chimica, tutto il resto è consolazione sociale”.
I ricordi, la pianificazione e la progettualità, la sperimentazione e l’osare, l’istinto e la ragione quanto sono fondamentali nel suo vivere quotidiano e lavorativamente parlando? “Sono molto metodico e scrupoloso, mi piace sperimentare e percorrere nuove strade dacché sono del parere che questo sia il modo migliore per sbirciare nel futuro”.
A proposito di social [clicca qui https://instagram.com/gigaudio?igshid=YmMyMTA2M2Y= per accedere al profilo Instagram di Giorgio Gaudio], qual è il suo pensiero al riguardo e con quale finalità ci si approccia e li utilizza? “Ai social ci si approccia per intrattenersi, chi li usa in modo passivo lo fa per uscire dal reale… mentre, per chi li utilizza in maniera attiva, è tutto performativo”.
Infine, prima di salutarci, vuole anticiparci quali sono i suoi prossimi progetti? “Sto lavorando a un grosso progetto sull’educazione sessuale, che uscirà a fine novembre”.