Prima di pubblicare la nota di Caputo brevemente un riepilogo dei fatti.
Il servizio di diretta streaming delle sedute consiliari di Brolo è stato, recentemente, rimodulato dall’amministrazione comunale.
Ed è diventato un vespaio tra puntualizzazioni e colpi di fioretto che diventano sciabolate.
Ecco quello che hanno detto i protagonisti, ma anche quello che deve essere sottolineato in un mondo, uffici e addetti stampi, che ha bisogno di regole certe e precise, e a volte non si trova il punto di partenza.
Quello che è accaduto a Brolo, intorno alla vicenda delle dirette streaming del consiglio comunale, può essere un buon punto di partenza per avvaire il dibattito.
Sino ad ora le dirette streaming dei lavori consiliari, ormai da annni, erano state curate dall’emittente giornalistica Canale Sicilia. Poi, a bocce ferme, senza nessun vincolo contrattuale con tale emittente, l’amministrazione di Irene Ricciardello si da una regola nuova.
Non sarà un privato a mandare in onda i video sulla proprie emittente, curandone le riprese, , ma i lavori saranno filmati e messi in onda direttamente dal comune, su un canale dedicato di youtube, poi riversato anche sul sito, diventando parte integrante di un archivio “storico” comunale, e – sopratutto – saranno tutti dispobili a chiunque ne voglia fare uso.
E così l’amministrazione affida l’incarico alla Pubblipress di Salavatore Calà.
Un passaggio sancito da atti deliberativi e determine con conseguenziale affidamento dlele somme, finalizzato per “l’attuazione e l’ottimizzazione del servizio di ripresa e messa in onda delle sedute del consiglio comunale brolese utilizzano la rete internet con la diretta streaming”.
Per l’amministrazione “tale servizio, avvertito richiesto da i cittadini, segnalato dai gruppi consiliari, ora e del passato, come un’attività prioritaria in tema di trasparenza e informazione atta a favorire la conoscenza di atti, dibattiti, discussioni e fatti oggetto del dibattito consiliare.
Una scelta per la quale l’amministrazione comunbale vuole puntualizzarne anche l’innovazione, inm quanto: “il Comune si doterà di un apposito canale youtube collegato al ristrutturato sito istituzionale dell’ente, sul quale verranno mandate in diretta le sedute consiliari con la possibilità di archiviazione delle stesse in un vero e proprio archivio video e che in tal maniera, mantenendo la proprietà del filmato, questo sarà utilizzabile dall’Ente e sempre accessibile da parte dell’utenza senza le eventuali limitazioni date dai diritti di terzi”.
Per l’amministrazione “in tal modo le immagini, una volta riprese, potranno essere liberamente usate da emittenti e tv che gratuitamente le potranno a loro volta mandare in onda, in diretta o differita, determinando così una maggiore informazione e divulgazione della stessa notizia e\o dibattito che si è svolto in aula consiliare”.
Andando ai costi.
Questo è stato fissato in 100 euro oltre iva per ogni sedutra consiliare completa, e l’azienda affidataria dell’incarico, dovrà curare oltre le riprese televisive, anche la messa in onda sul canale telematico comunale e consegnare documentazione – al Ced del Comune di Brolo- su supporto informatico, considerando che la seduta consiliare debba intendersi quando la stessa completi l’odg, escludendo rinvii, aggiornamenti e\o sospensioni.
Quindi il primo problema.
E’ di natura prettamente tecnica.
Durante la prima seduta consiliare coperta deal nuovo servizio, pochi giorni fa, salta l’audio.
La diretta di fatto è “zoppa”.
Ma l’inconveniente – tra la satira e l’immadiata ironia del web, viene sanato nella registrazione della setssa seduta, messa in onda in giorno dopo, sempre sul canale del comune, con tante di scusa da parte dell’azienda che aveva effettuato il servizio.
Ovviamente un nuogolo di polemiche per questo incoveninte, non “poltico” ma semplicemente tecnico come hanno subito precisato chi di competenza.
Ma sin qui nulla di straordinario se non la puntualizzazione dell’emittente gioiosana che puntualizza dopo aver preso le sistanza sulla paternità del servzio mandato in onda da Brolo :“Con dedizione, sacrificio e professionalità ci siamo costruiti un’immagine, ed è nostro diritto e dovere difenderla e mantenerla – scrive la redazione del giornale che ha sede a Gioiosa Marea – pertanto per chi lo ha chiesto e per chi se lo chiede, precisiamolo subito ed in modo inequivocabile: la diretta streaming non è più gestita da CanaleSicilia.
Comprendiamo che essendo le immagini prive di logo era facile fare confusione “addebitandole” a noi, quali fornitori fino a poco tempo fa del servizio. Non vogliamo entrare nel merito delle scelte della nuova amministrazione brolese (non è compito nostro) e comprendiamo che in tempi di spending review anche poche decine di euro (esattamente 30€) sono importanti.
Non stiamo qui ad elencare le differenze del servizio reso, sono troppo evidenti, e non vogliamo tediare i nostri lettori, ma ci tenevamo a specificarlo. Sarà questo il motivo della scelta?
Non lo sappiamo, visto che dal 1 settembre, data della nostra offerta, ad oggi, di ufficiale non abbiamo ricevuto nulla.
Ci auguriamo per i cittadini che il servizio attuale iniziato con “piccoli disguidi tecnici fisiologici” abbia un prosieguo”.
Una precisazione che diventa subito notizia, che si tingte di congetture, ed alla quale segue un’altra dove si parla di “avvertimenti” inviati al direttore dell’emittente, il giornalista Valerio Barghini. ” Un simpaticone –si legge nell’home page del giornale – ha contattato il nostro Direttore, paventando gravi azioni nei nostri confronti presso le sedi di competenza riguardo l’articolo sulla diretta streaming di Brolo del 30/09/2014”.
Poi ironizzando “Informiamo il simpaticone che il nostro Direttore ci ha risparmiato le sculacciate e che siamo talmente terrorizzati dell’accaduto che CONFERMIAMO PAROLA PER PAROLA quanto riportato nell’articolo”.
Bastasse solo questo per scatenare le puntualizzazioni.
Irene Ricciardello il sindaco di Brolo replica: Non scendo nei meriti professionali di chi l’ha gestita né di chi la sta gestendo.
Parlo di quello che vuole l’amministrazione.
Oggi quello che abbiamo attivato, pubblico e non privato, servizio reso anche da un’azienda brolese, è regimentato da un atto deliberativo, certo e con regole, e non voglio sapere come nel passato sia stato affidato questo servizio e perchè ad uno e non ad un altro, ma parlo di economie e risparmi.
Non si risparmia solo 30 euro a seduta, e già questo basterebbe a propendere su una proposta rispetto ad un’altra, ma si parla di registrazioni di sedute in più, 10 su 12, si parla di tecnici\giornalisti che rendono il servizio, si parla di un video che diventa di proprietà dell’ente, disponibile per tutti e per chi ha voglia di far notizia e informazione.
Si parla di democrazia.
Poi – è vero – un problema tecnico può creare disservizio, e di questo me ne scuso anche se non sono responsabile – ma per favore non facciamo di una diretta streaming mancata – ma ben visibile in differita – che è stato un mezzo che noi all’opposizione abbiamo perorato, pagato, voluto, e costretto la passata amministrazione ad effettuarla, un attacco alla democrazia.
Non è corretto.
Ma interviene lo stesso Salvatore Calà, pesantemente chiamato in causa, lui è il corrispondente de La Gazzetta del Sud e di OndaTv, un cronista sempre sul pezzo ed è anche editore e direttore delle testate online Quadrifoglio News e Nebrodi24.
Calà puntualizza “che attaccare la professionalità e l’esperienza di chi come me lavora seriamente e da decenni in questo settore non è giusto”; si è rivolto all’Ordine dei Giornalisti, ha interpellato il direttore di Canale Sicilia ed ha ma espresso il suo pensiero in un comunicato stampa diramato alla testate regionali.
“Cari Colleghi, quello che mi sta accadendo può diventare non particolare ma generale, oggi a me domani a te.
Quindi una breve descrizione dei fatti, dell’attacco di cui sono stato fatto oggetto, della mia risentita difesa all’Ordine e presso il responsabile editoriale di Canale Sicilia, poi, alla fine, anche una considerazione.
Il comune di Brolo vuole fare la diretta streaming.
Non vuole più affidarla a emittente terze, la vuol gestire in proprio e l’affida a me, come operatore tecnico. Poi quei video sono e saranno a disposizione di tutti.
La redazione di Canale Sicilia, che aspirava a quel servizio e che aveva svolto in passato, io dico illegittimamente, in quanto il giornale è registrato al tribunale di Patti solo dal 2014 e su questo l’Ordine dei Giornalisti è chiaro e parla da subito di “Abuso della professione”, alza i toni. Attacca la mia professionalità.
Questo già da suo è una cosa grave.
Questi colleghi, che non si sono fatti scrupoli ad attaccare la professionalità e l’esperienza di chi come me lavora seriamente e da decenni in questo settore, che avevano vivacemente fatto sentire e detto che a loro quel servizio gli toccata per “mandato divino”, ora offendono, minacciano, creano un caso, quello che loro amano fare, facendo giornalismo scandalistico e basta.
Questi i fatti, ma io vado avanti, come mio costume.
Ho fatto una proposta vantaggiosa.
Ed il lavoro che svolgo è lecito, legale, giusto, corretto, tecnicamente valido, anche se c’è stato un inconveniente tecnico al suo avvio, subito ripreso, sistemato….
Questo basta e avanza”.
Poi Calà allarga l’analsi al mondo degli uffici stampa nella pubblica amministrazione.
” Ma volevo aggiungere – scrive il giornalista brolese – qualche cosa sull’abuso della professione.
Troppi uffici stampa negli enti locali gestiti da chi non ha titoli.
Troppo comunicati stampa redatti da amministratori, segretari, sindaci….
Esiste un ordine, esiste una professionalità, esistono giovani che hanno fatto gavetta per avere tesserino iscrizione, che aspettano un lavoro, che ogni anno pagano tasse e fanno corsi di aggiornamento.
Allora è il momento di dire basta a chi scrive e non ha titoli.
Per chi sta in posti che non può varcare. A chi sfrutta idee, e si fregia di qualifiche che non ha.
Oggi è capitato a me.. domani potrebbe capitare a voi”.
E così mentre la vicenda sicuramente non finirà qui, piena solidarietà al collega Calà è stata subito espressa da diversi cronista nebroidei (anche con messaggi privati sottolinea Calà) e tra questi Enzo Caputo, altro giornalista spesso al centro di polemiche, che scrive:
“Calà da anni fa dignitosamente il suo lavoro con correttezza e deontologia professionale muovendosi, assieme a tanti altri colleghi, in un ambiente che non è certo “tenero” con i giornalisti.
Non è infatti una novità che chi si occupa di giornalismo finisce con l’occuparsi anche di politica e… allora apriti cielo.
In un mondo i cui anche l’ultimo dei “moicani”(e i suoi cortigiani), pensano di essere novelli Indro Montanelli o Enzo Biagi. (ovviamente pro domo suo) e ama circondarsi di penne compiacenti che l’Albo professionale neanche sanno che esiste;(ovviamente assieme a questi ci sono tanti giornalisti titolati e politici corretti che meritano i dovuti distingui).
Se è vero come è vero che tutti hanno il diritto di lavorare e campare e che molte “professionalità informative” seppure in erba, esistono, è mia opinione che questo non dà il diritto a nessuno di attaccare, seppure in modo velato, quelli che potrebbero essere o saranno i colleghi di domani. Agli aspiranti giornalisti un consiglio, sperando di non essere saccente, lo voglio dare:
Non dimenticate mai che siete sempre, anche se vostro malgrado, i “cani da guardia” del potere e il potere, salvo poche eccezioni, vede e difende solo se stesso.
Puoi fare 99 articoli in favore di un politico e uno contrario(nel senso di realistico) stai certo che si ricorderà solo di quell’uno. Quindi non “attacchi” tra colleghi o aspiranti tali ma collaborazione.
Ovviamente scrivo per giornalisti o aspiranti tali non potendosi intendere tale chi si limita a riprodurre un mero avvenimento.
Il giornalista può dirsi tale se oltre a proiettare i fatti ha il coraggio di sviscerarli, commentarli, criticarli se in caso, denunziare se necessario perché se un politico, un industriale, un sindacalista, un giornalista.. rubano (si può rubare soldi, dignità, professionalità e… l’elenco sarebbe infinito) si ricordi che la mala azione colpisce tutti.
Quindi non “sparate su Salvatore”.
La querelle di Brolo apre quindi un dibattito, e sarebbe l’ora, sulla gestione degli uffici stampa, sopratutto negli enti pubblici – anche nei piccoli comuni – di quelli di cui si fregiano gli enti organizzatori di manifestazioni, quelli, a volte fantomatici, che siglano i comunicati da parte di società sportive, sulle necessarie distinzioni tra portavoce e ufficio stampa.
Sarebbe ora di dire basta a chi abusa di titoli, di chi svolge lavori che non può, di chi millanta professionalità che non gli competono.
CARTA DEI DOVERI DEL GIORNALISTA DEGLI UFFICI STAMPA
Approvata dal Consiglio Nazionale dell’Ordine dei Giornalisti il 25 marzo 2010
Si definisce come attività di Ufficio Stampa una funzione prettamente giornalistica, in quanto diffonde notizie per conto di aziende, organismi, enti privati o pubblici.
Sono perciò esclusi dall’attività di Ufficio Stampa differenti aspetti della comunicazione come relazioni pubbliche, relazioni con i cittadini, marketing e pubblicità.
Anche la figura del “portavoce”, diffusa soprattutto in politica e negli organismi elettivi, non rientra nel campo della informazione giornalistica e non è quindi compresa nella definizione di Ufficio Stampa.
Tutto ciò è indipendente dall’eventualità che chi esercita anche funzioni non giornalistiche per conto di una azienda pubblica o privata o di un ente faccia parte, ad altro titolo, dell’Ordine dei giornalisti.
L’Ufficio Stampa è la struttura primaria dell’informazione giornalistica verso l’esterno.
Il giornalista che vi opera è tenuto ad osservare la Carta dei doveri che è il fondamentale documento deontologico di riferimento per tutti gli iscritti all’Ordine, a prescindere dalla natura contrattuale e dal tipo di incarico ricoperto e da eventuale altra attività svolta, e le norme deontologiche fissate dalla legge istitutiva dell’Ordine dei giornalisti oltre a quelle enunciate in documenti ufficiali dell’Ordine stesso.
Detti documenti comprendono la “Carta di Treviso” e il “Codice relativo al trattamento dei dati personali”, norme che trovano riferimento in leggi dello Stato. L’Ufficio Stampa è altresì vincolato a rispettare tutti gli altri documenti adottati dall’Ordine in materia deontologica tra cui la “Carta dei doveri dell’informazione economica”, la “Carta di Perugia” su informazione e malattia, la “Carta di Roma” per l’informazione sui migranti, le norme raccolte nel “Decalogo del giornalismo sportivo” e quelle dedicate a “Informazione e pubblicità” e “Informazione e sondaggi”.
Il giornalista che opera negli Uffici Stampa delle amministrazioni pubbliche agisce in conformità a due principi fondamentali contenuti nella legge 150/2000: il diritto dei cittadini di essere informati e il diritto/dovere delle istituzioni pubbliche di informare.
In ogni caso, sia nelle strutture pubbliche che nel privato, il giornalista, in armonia con quanto prescrivono la legge 69/1963 istitutiva dell’ordine professionale, i codici deontologici, e – per gli enti pubblici – la legge 150/2000, è tenuto, pur in un normale ambito di collaborazione, a separare nettamente il proprio compito da quello di altri soggetti che operano nel campo della comunicazione.
Il giornalista di Ufficio Stampa accetta indicazioni e direttive soltanto dai soggetti che nell’ambito dell’ente, organizzazione o azienda hanno titolo esplicito per fornirgliele, purché naturalmente le disposizioni non siano contrarie alla legge professionale, alle carte deontologiche, al Contratto di lavoro.
Il giornalista deve uniformare il proprio comportamento professionale al principio fondamentale dell’autonomia dell’informazione; ciò indipendentemente dalla collocazione dell’Ufficio Stampa nell’ambito della struttura pubblica o privata in cui opera.
Il giornalista direttore responsabile di house organ, newsletter o altri mezzi di informazione aziendale, purché si tratti di testate registrate, esercita i diritti e doveri della firma. Ciò comporta l’adozione di scelte relative alla correttezza dei contenuti di cui risponde, oltre che in sede civile e penale, anche all’Ordine dei giornalisti.
Il giornalista deve operare nella consapevolezza che la propria responsabilità verso i cittadini non può essere condizionata o limitata da alcuna ragione particolare o di parte, o dall’interesse economico. In tal senso ha l’obbligo di difendere la propria autonomia e credibilità professionale secondo i principi di responsabilità e veridicità fissati nella legge istitutiva dell’Ordine.
In particolare nelle istituzioni pubbliche di tipo assembleare, tanto più se queste usufruiscano dell’attività di ufficio stampa in associazione, il giornalista opera nel pieno rispetto della dialettica tra le forze politiche e tra soggetti istituzionali diversi, riportando le posizioni in modo corretto e completo, senza censure né forzature e provvedendo tempestivamente a rettificare eventuali errori o inesattezze.
Secondo quanto prescrive la Carta dei doveri, il giornalista che opera in un Ufficio Stampa non può fornire né ricevere doni o favori che possano limitare l’autonomia e la credibilità professionale.
Il giornalista degli Uffici stampa non può assumere, nell’arco di vigenza del rapporto di lavoro, collaborazioni, incarichi o responsabilità in conflitto con la sua funzione di imparziale ed attendibile operatore dell’informazione.
La violazione di queste regole comporta l’adozione di provvedimenti disciplinari previsti dalla legge istitutiva dell’Ordine.
CARTA DEI DOVERI DEL GIORNALISTA DEGLI UFFICI STAMPA
Il giornalista, all’interno delle amministrazioni pubbliche, opera nella piena consapevolezza di salvaguardare due principi fondamentali consacrati dalla legge che regola le attività di informazione e di comunicazione nelle pubbliche amministrazioni.
Si tratta del diritto delle istituzioni pubbliche ad informare e dell’altrettanto importante principio, questa volta diretto ai cittadini, di essere informati. Ciò in ossequio alla norma costituzionale che consente a tutti, e quindi ad amministrazioni pubbliche e a privati cittadini, “di esprimere liberamente il proprio pensiero, con la parola, lo scritto, ed ogni altro mezzo di diffusione”.
L’ufficio stampa di una pubblica amministrazione va quindi considerato come la fonte primaria dell’informazione verso il cittadino e il giornalista che vi opera, è tenuto severamente ad osservare non solo le norme stabilite per il pubblico dipendente, ma anche quelle deontologie fissate dalla legge istitutiva dell’Ordine dei giornalisti e quelle enunciate nei vari documenti ufficiali dell’Ordine stesso e che regolano eticamente la professione.
Detti documenti riguardano in particolare le carte de “I doveri del giornalista” e di “Treviso” (con precipuo riferimento ai minori), ed ancora “Informazione e pubblicità” nonché “Informazione e sondaggi” .
L’ufficio stampa nel quale il giornalista opera va considerato come luogo nel quale so concretizza lo scambio informativo tra l’Istituzione e i cittadini. Tale scambio agisce nelle due direzioni: da un lato il giornalista “racconta” l’Ente, il suo modo di funzionare, dall’altro è portatore, all’interno dell’Ente, delle esigenze dei cittadini rispetto all’Istituzione di riferimento.
In questa funzione, il giornalista deve, in armonia con il dettato legislativo, dividere nettamente il compito degli altri soggetti previsti dalle norme di legge in materia di informazione e comunicazione da quello di operatore dell’Ufficio stampa, evitando situazioni di confusione nelle quali il dovere di informare in maniera obiettiva ed accurata può finire col configgere con le esigenze di una informazione personalistica e subordinata all’immagine.
Compito peculiare del giornalista che opera nelle Istituzioni è favorire il dialogo tra Ente ed utente, operando per la perfetta conoscenza delle norme, per la piena trasparenza dell’attività amministrativa, per il miglioramento dei servizi e la rimozione degli ostacoli che su frappongono alla loro piena fruibilità: egli pertanto favorisce il dialogo e organizza strumenti di ascolto, utilizzando la propria specificità professionale non solo per rendere riconoscibile l’Istituzione ai cittadini ma per farla da essi comprendere e rispettare.
In questo senso il giornalista nel mentre ricerca ed attiva la collaborazione con i colleghi dei media per la trattazione di temi e notizie di carattere specifico, organizza strumenti professionali di informazione diretta, capaci di dare voce ai cittadini amministrati o che vadano comunque nella direzione di ridurre la distanza tra le istituzioni ed i cittadini.
Naturalmente dovrà avere particolare attenzione nell’osservare il dettato della legge sulla “privacy”, anche se non sempre le regole deontologiche dei dipendenti delle amministrazioni pubbliche sono in accorso con quelle fissate per i giornalisti.
Il giornalista deve operare nella consapevolezza che la responsabilità verso i cittadini, non può essere subordinata ad alcuna ragione particolare o di parte e annovera tra i suoi doveri d’ufficio l’obbligo di difendere la propria autonomia e la propria credibilità professionale.
Tale obbligo si sostanzia altresì nel tenere l’informazione distinta da altre attività di comunicazione e di promozione, pur cooperando nella distinzione dei ruoli e nella chiarezza dei messaggi.
Nelle istituzioni pubbliche di tipo assemblare, tanto più se queste usufruiscano dell’attività di ufficio stampa in associazione, il giornalista opera nel rigoroso rispetto della dialettica tra le forze e soggetti che hanno un ruolo diverso, riportando le posizioni in modo corretto, senza censure né forzature e provvedendo tempestivamente a correggere eventuali errori o inesattezze.
Nell’arco di vigenza del rapporto di lavoro, il giornalista degli Uffici stampa istituzionali non può assumere collaborazioni, incarichi o responsabilità che possano comunque inficiare la sua funzione di imparziale ed attendibile operatore dell’informazione.
La formazione, ma soprattutto il costante aggiornamento professionale, dovrà essere la base culturale del giornalista, cui è affidato un compito d’estrema delicatezza: quello di avvicinare sempre più la pubblica amministrazione al cittadino e allo stesso tempo rendere partecipe il cittadino stesso alla vita e all’attività dell’amministrazione pubblica.
Documento approvato dal Gruppo Speciale Uffici Stampa dell’Ordine Nazionale dei Giornalisti nella riunione del 26 febbraio 2002.