“Grado zero dell’intrattenimento action, ma Bruce Willis rimarrà per sempre l’ultimo boyscout
Il Muro di Berlino è caduto, il comunismo è crollato e John McClane, però, si sente ancora benissimo.
E i soliti nemici sono sempre i russi. E ce li ripropone rispolverando una tragedia di 27 anni fa, ma soprattutto “disegnandoli” come ai tempi della Guerra Fredda. Il poliziotto che ama sgominare qualsiasi pericolo solo contro tutti, questa volta ha un compagno, si tratta del figlio John jr, detto Jack (Jai Courtney, inespressivo come pochi: non lo aiuta il collo taurino che non crea discontinuità con mascella e viso quadrato).
Papà scopre che lo hanno arrestato per omicidio a Mosca e corre nella capitale russa per liberarlo, senza sapere che il piccolo di casa è un agente Cia sotto copertura che vuole sventare i progetti criminali di un politico potentissimo attraverso il suo sodale pentito. Naturalmente i rischi sono, come sempre, da Terza Guerra Mondiale.
Ma due McClane possono riuscire in qualsiasi cosa, anche se non si parlano da tempo. Perché con pistole in mano, pugni e inseguimenti se la intendono alla grande.
In ogni caso prima di vedere il film è utile, anzi necessaria, un’avvertenza: questo capitolo è meglio del penultimo, ma peggiore degli altri. Quindi non c’è da esaltarsi: il giovane coprotagonista ha il carisma di una sagoma da poligono, il regista John Moore, dopo il discreto esordio di Dietro le linee nemiche è andato sempre peggiorando.
E qui la mediocrità di entrambi si fa sentire. Il punto è che la saga di Die Hard è qualcosa che va oltre la critica cinematografica, è uno tra i pochi fenomeni di genere e generazionali che ha creato dei discepoli, prima ancora che degli appassionati. E per loro conta solo che Bruce Willis sia in forma, con un’arma carica in pugno e la battuta sempre pronta. Hippy ya ye compreso, anche se pronunciato una volta sola.
Fa niente se le scene d’azione sono tutte coreografia, macchine generosamente devastate, salti attraverso i vetri e schemi militari tanto elementari quanto già visti. Non puoi non divertirti con John McClane che ripete ossessivamente di essere in vacanza, con i simboli del comunismo che fermano il tempo (l’Aeroflot all’inizio, la statua di Lenin che guarda le esplosioni provocate dagli americani, il mercenario con la sigla CCCP tatuata sulla schiena), con i nomi dei nemici storpiati di proposito. Sarà anche il grado zero dell’intrattenimento action, ma il buon John ci conquistò proprio così in quel grattacielo – anche grazie al grande McTiernan – e continua a farsi voler bene anche per questo. Sarà, forse, perché rimarrà sempre l’ultimo boyscout. Il consiglio, quindi, è di godervelo nel caso amiate la saga e il suo (anti)eroe, altrimenti non ne apprezzerete la regia di (scarso) servizio né la sceneggiatura striminzita.
A chi, invece, avesse intenzione di regalarci altri capitoli della storia di questo sbirro duro e puro, il consiglio è di lasciarlo solo, com’è sempre stato. McClane non è fatto per avere un partner, men che mai un figlio non alla sua altezza.
Boris Sollazzo by My Movies
Un buon giorno per morireruce Willis, nonostante la sua veneranda età di ben 57 anni si mostra al pubblico come l’ideale e arzillo Boyscout, colmo di energia e vitalità, privo di arrese ed esitazioni, ma spinto all’interno del nucleo action ad alto tasso andrenalinico. Un action-movie con i fiocchi, con tanta azione curata ai minimi dettagli e con una corretta dose di ironia che all’interno del film dimostra di avere una valida funzionalità, amalgamandosi con la ben variegata azione espressa con incredibili inseguimenti, esplosioni spettacolari e sparatorie godibilissime. Questo non è un film di azione, ma è il film di azione, capolavoro reso tale non solo per queste sequenze andrenaliniche per le quali gli occhi gioiscono a vederle, ma anche per altri contenuti quali il legame padre-figlio d’apprima disgregato e poi consolidato e per la trama sorprendente con i suoi bei colpi di scena del tutto inaspettati.
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