Genio visionario del cinema: il regista di Twin Peaks e Blue Velvet si è spento a 78 anni
David Lynch, uno dei più grandi innovatori del cinema contemporaneo, è morto giovedì 16 gennaio all’età di 78 anni. La famiglia ha annunciato la scomparsa con un post sui social, ricordando il celebre invito del regista a «guardare la ciambella e non il buco». Lynch soffriva da anni di enfisema, una malattia legata alla sua dipendenza dal fumo, mai abbandonata nemmeno durante i suoi anni di insegnamento della meditazione trascendentale. Nel 2019, aveva ricevuto l’Oscar alla carriera.
Un maestro del surreale
Nato a Missoula, Montana, il 20 gennaio 1946, Lynch ha sviluppato uno stile unico e inconfondibile, che fonde cinema, pittura e psicanalisi in un universo inquietante e visionario. Sin dai suoi esordi con Eraserhead (1977), Lynch ha rivelato una capacità rara di esplorare le profondità dell’inconscio, creando opere che turbano e affascinano. Il suo cinema non ha mai seguito le convenzioni, spaziando dal racconto gotico di The Elephant Man (1980) al fallimentare kolossal Dune (1984), fino al disturbante Velluto blu (1986), che ha ridefinito il concetto di thriller psicologico.
Lynch ha abbattuto le barriere tra cinema e televisione con I segreti di Twin Peaks (1990), una serie che ha trasformato il piccolo schermo. Ambientata in una cittadina apparentemente tranquilla, ma piena di segreti oscuri, la serie ha appassionato milioni di spettatori in tutto il mondo, guadagnandosi lo status di cult. La figura enigmatica di Laura Palmer e l’agente Dale Cooper, interpretato da Kyle MacLachlan, sono entrati nell’immaginario collettivo, facendo di Lynch un maestro del mistero.
Un’eredità artistica multiforme
La carriera di Lynch non si è limitata al cinema. Pittore, musicista e produttore, ha fatto del controllo creativo il suo marchio di fabbrica, curando ogni dettaglio delle sue opere, dal montaggio al sonoro. Le sue collaborazioni con il compositore Angelo Badalamenti hanno prodotto alcune delle colonne sonore più evocative della storia del cinema. Film come Mulholland Drive (2001), un viaggio onirico tra le pieghe più oscure di Hollywood, e Inland Empire (2006) continuano a essere analizzati per la loro complessità narrativa e simbolica.
Nel corso della sua carriera, Lynch ha ricevuto numerosi premi, tra cui la Palma d’Oro a Cannes per Cuore Selvaggio (1990), il Leone d’Oro alla carriera alla Mostra del Cinema di Venezia nel 2006 e, infine, l’Oscar alla carriera nel 2019. Nonostante il successo, Lynch ha sempre mantenuto un profilo enigmatico, rimanendo fedele alla sua visione artistica e incurante delle logiche commerciali.
David Lynch lascia un’eredità indelebile, fatta di sogni e incubi, di mondi onirici e di inquietudine. Con la sua morte, il cinema perde un gigante, ma la sua opera continuerà a ispirare generazioni di artisti e spettatori.