DISSESTO A BROLO 2 – Il dubbio di Nino Ricciardello
Dal Palazzo

DISSESTO A BROLO 2 – Il dubbio di Nino Ricciardello

 

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Un parere, che non è una sentenza, reso pubblico dalla Corte dei Conti quasi in concomitanza con il voto in aula, che comuqneue fa dottrina, ma che non renderebbe nulli gli atti che ha già prodotto effetti.

Un parere che va in contrapposizione su quanto nel tempo deciso da vari Tar, detto dalla Corte Costituzionale, che ripare la questone sul potere decisionali tra la Sicilia, regione a statuto autonomo e lo Stato, che comunque, in ordine di tempo,è l’ultimo tassello slla diatriba relativa ail numero del collegio dei revisori e che diventeta un ulteriore elemento per future – ed eventuali- disposizione del Tar.

E’ un lungo dire, quello della Corte dei Conti di Palermo, sul quale sentiremo parlare ancora….

Per la cronaca a Capo d’Orlando,la sentenza e non il parere, diede ragione, pochi mesi fa al comune sul numero dei revisori… Uno.

Di certo la notizia – la questione era stata sollevata dal comune di Vizzini nel catanese e non per una pratica relativa al dissesto –  ha messo “pepe” nell’ambiente politico-amministrativo locale, e gli avvocati sono all’opera per dare la giusta interpretrazione al detto della Corte.

Di certo nei prossimi giorni si vedrà.

Intanto l’amministrazione guidata da Irene Ricciardello, vedi precedente comunicato, è tranquilla su quanto fattoe su quanto fatto, va avanti ed ha inviato, stamani, la documentazione con la quale si avvia l’iter del dissesto al ministero degli interni e agli altri uffici competenti.

NinoRicciardello

Qui di seguito, integralmente, il disposto della Corte dei Conti di Palermo in questione.

Deliberazione n.113/2015/PAR

Corte dei Conti – Sezioni di controllo per la Regione siciliana nella camera di consiglio dell’Adunanza generale del 22 gennaio 2015 visto l’art. 23 del R.D.Lgs. 15 maggio 1946, n. 455 (Approvazione dello Statuto della Regione siciliana); visto il decreto legislativo 6 maggio 1948, n. 655 (Istituzione di sezioni della Corte dei conti per la Regione siciliana); visto il decreto legislativo 18 giugno 1999, n. 200 (Norme di attuazione dello statuto speciale della Regione siciliana recante integrazioni e modifiche al decreto legislativo n. 655/1948); vista le richieste di parere avanzate dal Presidente del Consiglio Comunale e dal Sindaco del Comune di Vizzini, rispettivamente, con note prot. n. 20464 del 28 novembre 2014 (CdC n. 9961 del 2 dicembre 2014) e n. 21056 del 9 dicembre 2014 (CdC n. 10256 del 10 dicembre 2014); vista l’ordinanza n. 1 del 9 gennaio 2015 con la quale il Presidente della Sezione di controllo per la Regione siciliana ha convocato l’Adunanza generale per la data odierna; udito il relatore, Presidente di Sezione Maurizio Graffeo; ha emesso la seguente

D E L I B E R A Z I O N E

Il Presidente del Consiglio Comunale di Vizzini, con la nota indicata in epigrafe, premesso che l’Ente in questione, registrando una popolazione residente superiore a 5.000 abitanti ma
inferiore a 15.000, per il periodo 2011 – 2014 ha eletto l’organo di revisione in composizione collegiale con tre membri e che ora si deve provvedere alla nomina di detto organo di controllo per il prossimo triennio, ha chiesto il parere di questa Sezione circa l’applicabilità anche in Sicilia delle previsioni di cui al comma 3 dell’art. 234 T.U.E.L. (come modificato dall’art. 1, comma 732, della legge n. 296 del 2006) e, in tal caso, da quale elenco scegliere il revisore unico e se è obbligatoria l’estrazione.
A tal fine rappresenta che la normativa relativa alla composizione dell’organo di revisione negli enti locali, dopo essere stata sostanzialmente riprodotta nell’art. 100 del D. L.vo n. 77 del 1995, è transitata senza modifiche nell’art. 234 del T.U.E.L.; successivamente, però, l’art. 1, comma 732, della legge finanziaria n. 296 del 2006 ha modificato il comma 3 dell’art. 234
prevedendo, in sostanza, il revisore monocratico in tutti i comuni con popolazione inferiore a 15.000 (anziché 5.000 come in precedenza).
Ciò premesso, alla luce della giurisprudenza amministrativa e contabile che sul tema appare altalenante e, spesso, contrastante (si richiama al riguardo il parere espresso da questa Corte a Sezioni Riunite con deliberazione n.2/2008 – il cui orientamento è stato confermato dalla deliberazione n. 40 del 2012 – a fronte della sentenza del CGA Sicilia n.402/2013), il richiedente pone il problema se la modifica da ultimo richiamata si applichi anche nella Regione siciliana, per “rinvio dinamico” come previsto dall’art. 55, comma 1, della legge n. 142 del 1990, recepito senza modifiche in Sicilia dall’art.1, lettera i), della legge regionale n.48 del 1991, secondo cui viene riservato espressamente alla legge dello Stato “l’ordinamento
finanziario e contabile degli enti locali”. O se, al contrario, vi sia prevalenza in subiecta materia della legislazione regionale e, quindi, dell’originario testo dell’art. 57 della legge n. 142 del 1990 in quanto recepito materialmente in Sicilia.
Con nota del 9 dicembre 2014, integralmente identica a quella innanzi indicata, anche il Sindaco del Comune di Vizzini pone il medesimo dubbio interpretativo.

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Il Collegio, previa riunione in rito delle due richieste di parere stante la loro identità oggettiva, ritenendo preliminarmente sussistenti tutti i requisiti soggettivi ed oggettivi per l’esercizio della propria attività consultiva, non può non richiamare nella fattispecie in esame le conclusioni alle quali la Corte è pervenuta con i pareri delle Sezioni Riunite per la Regione siciliana in sede consultiva n. 2 del 2008 e n. 40 del 2012.

Al riguardo la Sezione non ignora le ultime, autorevoli pronunce in materia della giustizia amministrativa (sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia – Sezione staccata di Catania n. 583 in data 8 febbraio/7 marzo 2012 e del Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione siciliana n. 402 del 21 febbraio/3 aprile 2013), ma, fermo restando il diverso effetto delle stesse (soluzione del caso concreto sottoposto dalle parti al giudice) rispetto ai pareri resi dalla Corte dei conti in materia di contabilità pubblica (atto di giudizio rivolto ad orientare gli enti nell’esercizio dell’attività amministrativa), ritiene di dover pervenire a soluzioni opposte rispetto a quelle delineate dalle sentenze di che trattasi. Ed invero, i giudici amministrativi, pur rilevando come appaia “pacifico che appartiene alla Regione la legislazione esclusiva in materia di regime, ordinamento e controllo degli enti locali (artt. 14, lett. o, e 15 dello Statuto)”, sostengono, tuttavia, che “l’art. 1, lett. i, della legge regionale n. 48/1991…ha introdotto in Sicilia, tra gli altri, l’art. 55 della legge n. 142/1990 dove è disposto, con rinvio chiaramente formale alla legge nazionale, che l’ordinamento finanziario e contabile degli enti locali è riservato alla legge dello Stato… . Conseguentemente, per tale materia, il D.Lgs. 267/2000 troverebbe applicazione anche per gli enti locali della Regione”, talché le modifiche all’art. 234 di detto TUEL, introdotte dalla legge finanziaria del 2007, rientrando “nella materia lato sensu contabile di cui all’art. 55 della legge n. 142/1990”, sarebbero applicabili nella Regione siciliana.

Tale interpretazione, però, non può essere condivisa in quanto si basa su un concetto di “ordinamento finanziario e contabile” assolutamente formale, ancorato alla mera intitolazione delle norme e non al loro contenuto. E’ indubbio, infatti, che, sulla base di quanto previsto dall’art. 1 della legge regionale 11 dicembre 1991, n. 48 – nel senso che “le disposizioni dell’ordinamento amministrativo degli enti locali…”, di cui alle leggi regionali n. 16 del 1963 e n. 9 del 1986, “…sono modificate ed integrate dalle norme della legge 8 giugno 1990, n. 142”, contenute, per quanto in questa sede rilevante (lett. i), nell’articolo 55 – anche in Sicilia “l’ordinamento finanziario e contabile degli enti locali è riservato alla legge dello Stato”. La norma regionale, pur non precisando che il rinvio alla legge n. 142 del 1990 si intendeva effettuato dinamicamente anche alle eventuali successive modificazioni ed integrazioni della stessa, tuttavia è stata ritenuta compatibile con la successiva evoluzione normativa a livello statale dell’ordinamento finanziario e contabile degli enti locali. Ed invero, sia con l’art. 4, comma 2, della legge 23 ottobre 1992, n. 421 (che ha dato luogo all’emanazione del decreto legislativo 25 febbraio 1995, n. 77), sia con l’art. 31 della legge 3 agosto 1999, n. 265 (sulla base del quale è stato adottato il testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267), tali deleghe legislative, ferme restando le comuni clausole a salvaguardia delle competenze ed
attribuzioni delle regioni a statuto speciale, consentivano al legislatore delegato, come evidenziato dalla Corte Costituzionale nella sentenza n. 220 del 2003, solo il coordinamento,
seppur non solo formale ed ampio raggio delle disposizioni legislative vigenti, esclusa, pertanto, ogni innovazione. Lo stesso Consiglio di Stato (parere dell’Adunanza Generale n. 87 del 2000) ha altresì affermato come la funzione assegnata al TUEL sia in sostanza pur sempre quella di facilitare l’applicazione delle leggi preesistenti, evitando duplicazioni, prendendo atto di abrogazioni anche tacite, senza innovare alla loro sostanza, operazione, questa, che avrebbe dovuto passare attraverso il vaglio e la decisione del Parlamento a mezzo degli appositi strumenti legislativi.

In altri termini, l’ordinamento degli enti locali della Regione siciliana trova la sua disciplina contabile fondamentale nelle disposizioni di carattere generale contenute nell’art. 55 della legge n. 142 del 1990 (bilancio e programmazione finanziaria), integralmente e staticamente recepito dalla legge regionale n. 48 del 1991 (art.1, comma 1, lett. i). A tale normativa, comunque, si affiancano le disposizioni di maggiore dettaglio di cui ai Titoli da I a VI della Parte seconda del TUEL che hanno valorizzato, fermo restando il nucleo essenziale dell’art. 55 della legge n. 142, l’evoluzione del diritto contabile pubblico vivente. Ciò premesso in linea generale, si può passare ora a trattare la disciplina della revisione economico – finanziaria che, solo formalmente per gli evidenti collegamenti intercorrenti con la contabilità degli enti locali, è stata inclusa dal legislatore nell’ambito dell’ordinamento finanziario e contabile di tali enti. Ma, tralasciando, anche perché non vincolante per l’interprete, tale formale classificazione utilizzata dalla legge n. 142 del 1990, nonché dalla legislazione statale successiva, v’è da osservare come in effetti sotto il profilo sostanziale la normativa in questione, pur nel contesto della contabilità pubblica degli enti locali, si sia limitata a prevedere l’istituzione di un apposito organo di controllo interno, necessario e non di governo, specificamente deputato alla revisione economico – finanziaria. Tale previsione, però, appare ascrivibile, non tanto all’ordinamento contabile in senso stretto di tali enti, il quale, in effetti, regolamenta solamente i relativi istituti tipici (il bilancio di previsione e la sua gestione; la rilevazione dei risultati di gestione; il conto consuntivo), bensì all’organizzazione degli enti territoriali di che trattasi. Sotto tale profilo, pertanto, la materia dell’istituzione del collegio dei revisori è chiaramente da ricondurre all’ordinamento generale degli enti locali relativamente alla quale la Regione siciliana possiede legislazione esclusiva ai sensi degli artt. 14, lett. o), e 15, commi 2 e 3, dello Statuto speciale.

Sotto altro profilo, il Collegio osserva come le datate disposizioni contenute nell’art. 52 della legge regionale 15 marzo 1963, n. 16 (in base alle quali “il Consiglio elegge tre revisori del
conto dell’esercizio corrente, scegliendoli tra i propri membri estranei alla Giunta, cui il conto si riferisce”) siano state modificate dall’art. 1, comma 1, lett. i), della legge regionale n. 48 del 1991 mediante il rinvio all’art. 57 della legge n. 142 del 1990. Tale ultima disposizione per la regolamentazione della “r evisione economico-finanziaria” utilizza, però, due diversi costrutti normativi aventi differenziati effetti: con il primo, infatti, si prevedono l’istituzione, le modalità di nomina, i requisiti per l’accesso e la durata dell’organo deputato alla revisione (commi 1, 2, 3 e 8); con il secondo, invece, si disciplinano le funzioni dell’organo stesso (commi 4, 5 ,6 e 7). Ciò premesso e fermo restando, per le considerazioni espresse in precedenza, che il rinvio operato dalla legge regionale de qua alla normativa statale è in ogni caso di natura statica e non dinamica, appare evidente come la prima categoria di norme sia chiaramente riconducibile alla materia dell’ordinamento e controllo degli enti locali relativamente alla quale, come già posto in evidenza, lo Statuto speciale riserva all’Assemblea Regionale Siciliana una potestà legislativa esclusiva. Consapevole di ciò, lo stesso legislatore regionale ha, peraltro, integrato le previsioni del citato art. 57 tramite due specifiche disposizioni derogatorie dell’ordinamento statale: con la prima (lettera i), punto 2), per l’elezione da parte dei consigli comunali e provinciali del collegio di revisori, il voto viene limitato ad un componente (e non a due, come nella normativa statale); con la seconda (lettera i), punto 3), è poi introdotto un comma relativo al trattamento economico dei revisori.

Per concludere sul punto, infine, non appare priva di significato la circostanza che il legislatore regionale, con la prima modifica apportata alla disciplina statale, sia intervenuto proprio sulla
disposizione della stessa che prevede la composizione dell’organo in questione (tre membri). Per quanto attiene, invece, alla disciplina funzionale del collegio dei revisori, la normativa regionale, già in quella sede, non ha inteso interferire con quella statale all’evidente fine di consentirne una applicazione uniforme sull’intero territorio nazionale. Né ciò è avvenuto successivamente in sede di “trasmigrazione” di tali disposizioni, prima, nell’art. 105 del decreto legislativo n. 77 del 1995 e, successivamente, nell’art. 239 del TUEL. Si richiamano al riguardo, pertanto, le considerazioni in precedenza effettuate circa la natura non innovativa delle disposizioni da ultimo citate, le quali, infatti, hanno semplicemente adattato la normativa generale contenuta nell’art. 57 della legge n. 142 del 1990 alla prassi operativa nelle more consolidatasi ed al diritto contabile vivente. E tali esigenze trovano ulteriore conferma
nell’ambito del rinnovato quadro normativo che disciplina le competenze del collegio dei revisori, soprattutto alla luce del forte “raccordo”, stabilito dall’art. 1, commi 166 e seguenti, della legge 23 dicembre 2005, n. 266, fra tale organo e le Sezioni regionali di controllo della Corte dei conti per il “conseguimento degli obiettivi stabiliti nell’ambito del coordinamento della finanza pubblica” (Corte Costituzionale, sentenza n. 179 del 2007). Sulla base delle considerazioni che precedono, appare evidente come la specifica normativa regionale abbia in particolare “cristallizzato” le relative disposizioni in materia di composizione del collegio dei revisori, determinandola in un solo componente nei comuni con popolazione inferiore a 5.000 abitanti e in tre membri per tutti gli altri enti locali. Preclusa da tali disposizioni regionali l’automaticità degli effetti di successivi interventi in materia da parte della legislazione statale, in definitiva la modificazione apportata dall’art. 1, comma 732, della legge n. 296 del 2006 non trova applicazione per gli enti locali ubicati in Sicilia, non essendo stata espressamente recepita dall’ordinamento regionale.

E tale scelta si ritiene di poter condividere atteso che, sulla base dell’esperienza finora maturata dalla Sezione in materia di controlli finanziari sugli enti locali ai sensi dell’art. 1, commi 166 e seguenti, della legge 23 dicembre 2005, n. 266 e successive modificazioni, la complessa e delicata attività svolta dall’organo di revisione richiede, anche per i comuni ricompresi tra 5.000 e 15.000 abitanti, una struttura forte e solida che solamente una composizione collegiale può garantire, assicurando, peraltro, benefici, in termini di effettività e di funzionalità dei controlli interni di competenza, ben superiori ai costi che ne possono derivare.

In considerazione della soluzione adottata per il quesito principale, rimane assorbita la pronuncia circa la questione relativa alle modalità di scelta del revisore unico, fermo restando che, come precisato nel parere reso da questa Corte con deliberazione delle Sezioni Riunite per la Regione siciliana n. 40/2012, l’art. 16, comma 25, del decreto legge n. 138 del 2011, convertito con modificazioni in legge n. 148 del 2011, non è immediatamente e direttamente applicabile agli enti locali della Regione siciliana.

P. Q. M.

Nelle esposte considerazioni è il parere dell’Adunanza generale della Sezione di controllo in ordine alle richieste in epigrafe. Manda al Servizio di supporto la trasmissione di copia della presente deliberazione al Sindaco ed al Presidente del Consiglio comunale di Vizzini ed all’Assessorato regionale della funzione pubblica e delle autonomie locali – Dipartimento delle autonomie locali.

IL PRESIDENTE – ESTENSORE
(Maurizio Graffeo)

Depositato in segreteria il 23 febbraio 2015

IL FUNZIONARIO RESPONSABILE
(Fabio Guiducci)

 

 

 

27 Febbraio 2015

Autore:

admin


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