GIORNALISTI – Siamo tutti Caspanello
De Luca inveisce dopo la domanda del giornalista Alessio Caspanello. Pessima lezione del “potere”. Arriva anche la solidarietà di Ordine e Assostampa
Una domanda garbata e la reazione di De Luca inveisce che va su tutte le furie.
De Luca inveisce dopo la domanda del giornalista Caspanello, solidarietà di Ordine e Assostampa
Brutta storia, che diventa anche una brutta pagina di cronaca politica a Messina. Con i fari accesi sulle problematica del rapporto tra giornalisti e istituzioni, dopo i fatti di ieri, anche l’Ordine dei giornalisti di Sicilia, l’Assostampa regionale e quella di Messina denunciano l’agire del sindaco messine durante la conferenza stampa sul piano per le infrastrutture.
Alessio Caspanello, giornalista e direttore di LetteraEmme, fa la sua domanda, il riferimento allo stato del secondo Palazzo di Giustizia, il sindaco ha alzato immediatamente i toni impedendo a chiunque sul palco di dare una risposta. De Luca si fionda sul palco, era al momento fuori dall’ambito dove si stava svolgendo la conferenza stampa, solo per zittire prima chi sul palco aveva il microfono in mano, Salvatore Mondello, e poi lo stesso giornalista. De Luca usa parole dure, sprezzanti “incaniano” quando Caspanello lo redagruisce, con stile, che non era Alle proteste di Caspanello, che una conferenza stampa “non è un comizio”.
Millanatore è stato una delle parole meno utilizzata dal sindaco.
https://www.facebook.com/alessio.caspanello.1/videos/926335031208635/
A noi avrebbe fatto piacere che dietro Caspanello uscissero altri colleghi, abbandonando l’aula… Peccato che così non è stato.
La solidarietà di Scomunicando al collega.
Il commento dello stesso giornalista
Una cosa giusta la stava dicendo, Cateno De Luca, verso la fine della surreale conferenza stampa di stamattina in cui le domande da fare le sceglie chi alle domande dovrebbe rispondere: “Io e Caspanello abbiamo un rapporto dialettico di amore/odio: in questo momento siamo nella fase dell’odio”. Sul rapporto dialettico sono d’accordo: negli anni ci siamo mandati affanculo più volte senza grosse timidezze e viviamo entrambi una vita soddisfacente senza che questo perturbi più di tanto le nostre esistenze. E’ sull’amore/odio che non ci siamo. Non ci amiamo, e personalmente, ma credo di poter parlare pure per lui, nemmeno ci odiamo.
Più semplicemente, io faccio il mio lavoro, e lui fa il suo.
Facebook, bontà sua, mi ricorda che tre anni fa ero a Varsavia, invitato a seguire (e parlare) ad un forum internazionale di giornalismo investigativo, quindi probabilmente secondo qualcuno il mio mestiere lo faccio discretamente. De Luca, secondo molti altri, il suo lo fa altrettanto bene. Solo che ha ‘sta cattiva abitudine, reiterata nel tempo, di volermi insegnare come fare il mio.
Tutto ‘sto preambolo (e ci sono poche cose che mi appassionano meno nella vita come i giornalisti che parlano di giornalismo, per cui se comprensibilmente non ve ne fotte una minchia, passate pure oltre) per dire che se durante una conferenza stampa su finanziamenti e cantieri uno fa una domanda su finanziamenti e cantieri (alla quella il vicesindaco ha correttamente risposto, dopo aver riconosciuto la pertinenza della domanda, e infatti era finito lì), dunque mentre si parlava di “cazzi”, spuntare da chissà da dove e rispondere con “lampioni”, tirando in ballo il sempreverde detto/non detto, agitandosi, alzando la voce di tre ottave che nemmeno Farinelli e utilizzare toni da tribuno in comizio, ecco, diciamo che come al solito si è pisciato fuori dal vaso.
Perché quella di stamattina era una conferenza stampa, sulla carta. Non un comizio. Non una diretta Facebook di quelle comode, senza contraddittorio, a beneficio di fans.
Non era un incontro privato tra sostenitori.
Era una conferenza stampa, che tra l’altro fino a quel momento era pure interessante, essendoci dentro numeri e date, e non le solite esibizioni circensi che per due mesi sono state spacciate come indispensabili informazioni necessarie per la sopravvivenza della comunità.
E una conferenza stampa è quando uno spiega una cosa, e l’altro, che la deve riportare, gli chiede altre spiegazioni, perché do endo ulteriormente spiegare a terzi, se non gli è chiara qualcosa finisce a casino.
Funziona da sempre così, tranne stranamente che a Messina.
Già stamattina l’umore non era dei più positivi per via del fatto che, programmata per le dieci, la conferenza sia iniziata con un’ora di ritardo, prima perché tipo Rita Heyworth De Luca se ne è spuntato al Comune con comodo quaranta minuti dopo, e per dieci minuti abbondanti, a beneficio di telefonini e microfoni sotto il naso, si è prodotto in un altro comizio, che come sempre spiega al mondo che incredibile culo abbia avuto a vivere nello stesso continuum spazio temporale del suo.
Non è così che funziona, De Luca. Non so chi ti abbia abituato così, o che concezione abbia tu del giornalismo. La mia, combinazione quella definita da manuale di giornalismo, è che io ti faccio una domanda pertinente e tu rispondi, oppure non rispondi, cazzi tuoi e di quelli a cui dovresti spiegazioni che resteranno insoddisfatte.
Ma non sei tu a scegliere cosa ti posso domandare e cosa no e non ti puoi permettere di dire “non voglio che si risponda”, soprattutto quando un tuo assessore aveva già educatamente risposto senza fare tutto questo bordello. Ma nemmeno per idea, guarda. Se ti eri convinto del contrario, è bene che ti ricreda.
Poi c’è la questione del “millantatore”, cosa che non permetto manco a dio di poter anche solo insinuare. Tutto quello che io (e LetteraEmme) ho scritto e continuo a fare, è verificato, documentato e e documentabile in ogni sede. Quindi a questo punto io gradirei pubblicamente sapere cosa intendessi, e quali sarebbero i fatti millantati, così intanto ci divertiamo un po’, e poi vediamo chi ha ragione e chi si ritira come a pirito (c’è un gustoso precedente all’epoca dei 120mila euro per il Dalai Lama, con tanto di denuncia alla procura, i cui risultati mi pare siano noti a tutti in termini di chi aveva visto giusto e di chi non aveva capito un cazzo).
Poi c’è la questione della dignità di un mestiere che ormai sembra più che altro una specie di fastidio portato avanti da chi ha tempo da perdere (tipo una mattinata a sentire un comizio iniziato con un’ora di ritardo). Ringrazio i colleghi Rosaria Brancato, che è intervenuta subito, Domenico Bertè, che ha ribadito alla fine, e Michele Bruno, che ha riportato l’accaduto) che hanno preso posizione, ma qui il problema è un bel po’ più complesso, e afferisce a quello che uno vuole fare da grande e alla difficoltà di non sputarsi in faccia allo specchio la mattina, perchè sarebbe bene capire prima noi, e poi fare capire agli altri, che il giornalismo non è subalterno ad alcun potere, ma soprattutto non è un microfono sotto il naso, una diretta trasmessa integralmente, una dichiarazione riportata senza alcuna verifica a monte. Quella è la Pravda.
Questo se vogliamo continuare a fare giornalismo.
Altrimenti ci sono le dirette Facebook senza contraddittorio, i comizi senza interlocutori, le conferenze stampa senza domande. E il circo, più in generale