MESSINA – Le schermaglie per la vicepresidenza del Consiglio comunale. Il precedente.
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MESSINA – Le schermaglie per la vicepresidenza del Consiglio comunale. Il precedente.

A Palazzo Zanca gli effetti della mancata sfiducia ad Accorinti e alla sua Giunta si faranno sentire per tutto resto del mandato di questa Amministrazione, fino alla prossima campagna elettorale. Nella seduta consiliare di Martedì bisognerà eleggere i due vicepresidenti del Consiglio che sostituiranno Interdonato e Crisafi, che si dimisero dalla carica prima della seduta sulla sfiducia. Adesso, in mancanza di alternative valide, non è da escludere una loro rielezione, mentre appare remota l’ipotesi di una convergenza su un consigliere di CMdb. Intanto, incassata la delusione per la bocciatura della mozione, Centristi e Ncd hanno assunto posizioni contro la presidente Emilia Barrile, vicina a Francantonio Genovese. Daniela Faranda, capogruppo Ncd, ne ha chiesto persino le dimissioni. All’esito della composizione del nuovo Ufficio di presidenza, è legata anche l’elezione dei presidenti di tre commissioni, dopo le recenti dimissioni con “effetto domino” di Maria Perrone, Giuseppe De Leo e Rita La Paglia. Quanto a “schermaglie” e “sgambetti” per l’elezione dei vicepresidenti del Consiglio, impossibile non ricordare quando alla prima seduta, a sorpresa, venne eletto Nicola Crisafi al posto di Libero Gioveni.       

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I Centristi, a Messina, hanno dunque deciso di “sospendere immediatamente i rapporti politici con l’ufficio di Presidenza del Consiglio comunale”. Contestualmente, il loro ruolo sarà quello di diventare “spettatori” pur ritenendosi disposti ad essere “presenti e attivi per la città” qualora ce ne fosse bisogno. Il motivo è riassunto nel dito puntato sulla presidente Barrile, il cui operato in Aula, nel corso della famosa notte della sfiducia, sarebbe stato “insufficiente” al fine di evitare “l’inosservanza di quanto stabilito dal Regolamento del Consiglio comunale”. L’argomento è incentrato sui comportamenti del pubblico presente in tribuna, accusato in primis dallo stesso capo dei Centristi Gianpiero D’Alia, di aver “lanciato insulti” contro il consigliere Mario Rizzo. Ribadiamo: all’indirizzo di Rizzo non è stato lanciato alcun insulto. Tuttavia il suo discorso è stato interrotto tre volte per alcuni schiamazzi provenienti dagli spalti e in tali circostanze la presidente ha richiamato tutti alla calma. Inoltre, è stato mostrato un cartello subito rimosso. Nessuno striscione è stato esposto. Ma l’offesa rimane e il tirarsi fuori dei consiglieri ex Udc, annunciando la rottura dei rapporti con la presidenza, è un atteggiamento che se si fosse tenuto in Parlamento avrebbe avuto il significato di un “ritiro sull’Aventino”. Cosa non si perdona alla presidente Barrile è chiaro: aver firmato la mozione di sfiducia e poi l’essersi astenuta dal votarla in Aula. “Era corretto che non firmasse nemmeno la mozione di sfiducia”, ha detto il consigliere centrista Andrea Consolo, intervenuto a Rtp a nome del gruppo consiliare. Va persino oltre la capogruppo Ncd, Daniela Faranda, che ne ha chiesto addirittura le dimissioni, definendola “unico elemento di continuità, longa manus che regge l’Amministrazione”.

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Intanto, il prossimo step in Consiglio sarà così l’elezione dei vicepresidenti, che avverrà il prossimo martedì.

Pensare al presente riflettendo sul passato è oggi più che mai un’operazione necessaria.

Molti ricorderanno quando, alla prima seduta del Consiglio comunale dell’Amministrazione Accorinti, il 19 luglio 2013, proprio con i voti dei quattro consiglieri di CMdb, fu eletto vicepresidente del Consiglio Nicola Crisafi, allora Pdl, oggi Ncd, adesso dimessosi dalla carica assieme all’altro vicepresidente Nino Interdonato. Era il tempo degli “sgambetti” tra chi adesso è alleato su vari fronti: i partiti hanno cambiato nome, ma gli attori sono rimasti tali e quali. Ieri Udc, oggi Centristi per la Sicilia, l’Italia e l’Europa da un lato; dall’altro, un pezzo di vecchio Pdl declinato in Ncd. Allora a farne le spese a vantaggio del collega del Ncd fu il centrista Libero Gioveni.

Questa la storia di quel giorno.

Secondo i patti tra Pd, Progressisti Democratici, Felice per Messina, Megafono, Democratici Riformisti e Udc, venne eletto vicepresidente per primo Antonino Interdonato, Dr, oggi Sicilia Futura. Il secondo scranno destinato alla vicepresidenza sarebbe toccato a Libero Gioveni. Male le cose non andarono per il verso giusto. Quest’ultimo, a conclusione dello spoglio, si trovava un voto sotto rispetto a Crisafi, quando, a sorpresa, in occasione di una contestazione delle schede, rinunciò a proseguire la partita: “Anche se la contestazione dovesse dare esito positivo a mio vantaggio – disse Gioveni – rinuncio comunque alla vicepresidenza”.  I motivi: “Qui facciamo politica, e il centrosinistra ha una maggioranza schiacciante di 29 consiglieri. Evidentemente non ci sono state su di me le attese convergenze. E’ un momento che sancisce la rottura degli equilibri nella coalizione. Questa cosa condizionerà, d’ora in avanti, i lavori d’Aula. In Consiglio comunale non c’è più una maggioranza.” Poi proseguì: “A proposito dell’Amministrazione Accorinti, voglio ribadire, come già fatto pubblicamente in questa sede, che sono disposto a un’apertura, svestendo anche la casacca politica”. Parole forti, ma cadute nel vuoto da lì a qualche settimana.

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Allora come adesso si gridò allo scandalo: si parlò di “accordi” tra Accorinti e il Pdl, proprio il partito che adesso, vestendo i panni di FI, attraverso il capogruppo Giuseppe Trischitta – che allora annunciò la candidatura vincente di Crisafi – grida allo scandalo per un altro “accordo” tra Accorinti e Genovese. Mentre l’altra parte dell’ex Pdl, oggi Ncd, è stato tra i promotori della sfiducia. Tutto dire. La risposta all’ “accordo” per la vicepresidenza, da lì a poco arrivò direttamente dall’Aula, con un altro tranello: all’atto dell’elezione del presidente della commissione Beni comuni, mentre ci si aspettava l’affermazione di Gino Sturniolo, allora di CMdb, la spuntò Daniela Faranda, Pdl, poi Ncd. Faranda sedette poco su quella sedia, ma intanto la carica fu sua. Dunque, ci fu accordo? Allora negarono tutti, e la storia lo confermò. Semmai si consumò una contesa politica dove Nino Germanà, allora Pdl, oggi Ncd, ne uscì vincente a spese di D’Alia, Udc, oggi Centristi. Così, Germanà gradì molto l’esito dell’Aula. D’Alia, di contro, nient’affatto. E per CMdb? Nient’altro che un tentativo verso la tanta agognata “nuova politica”.

Allora, dai banchi del movimento accorintiano, la capogruppo Lucy Fenech, alle sue prime ore da consigliera, all’atto della votazione per i vicepresidenti, fu chiara: “Chiediamo che si votino due figure, una dell’opposizione ed un’altra di Cambiamo Messina dal basso”.

Oggi come allora, CMdb vorrebbe uscire dai tradizionali schemi del “preconfezionamento” degli incarichi istituzionali, e attraverso una nota ha chiesto che vengano applicati i principi dell’equità: “E’ importante che l’ufficio venga ricomposto, così come avviene nella maggior parte dei comuni italiani, prevedendo nella sua formazione la presenza di un componente di maggioranza ed uno di minoranza”, scrivono i quattro consiglieri. Ma sembra impossibile. Questa la risposta della presidente Emilia Barrile dagli studi di Tcf: “I consiglieri di CMdb sono d’opposizione in Aula, ma nella maggioranza per la città”. Quindi, è un “no” deciso.

La storia che ritorna.  Oggi come allora, si sono aperte interessanti porte verso le presidenze di tre commissioni, causa le dimissioni di Maria Perrone, Giuseppe De Leo e Rita La Paglia. Gli scranni liberi riguardano le commissioni Regolamento e Statuto, Politiche sociali e Ambiente. Si parte da un dato: i centristi di D’Alia si son tirati fuori dalle cariche. Gli altri, no. Martedì sarà l’ultimo giorno di questo travagliato “Carnevale” 2017, ma il primo di una nuova fase che lancerà tutti verso la campagna elettorale del prossimo anno.

 

 

Corrado Speziale

 

26 Febbraio 2017

Autore:

redazione


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