Enrico Pieranunzi, Gabriele Mirabassi e Luca Bulgarelli, domenica sera hanno appassionato il pubblico messinese con una bella performance fatta di suggestive “narrazioni” musicali. L’iniziativa era inserita nel cartellone stagionale dell’Accademia Filarmonica. Proposti brani tratti dal progetto iniziale di Pieranunzi, “Racconti Mediterranei”, risalente al 2000, e di quello successivo, inciso nel 2003 e pubblicato nel 2014. Spazio anche per virtuosismi e improvvisazioni con variegate contaminazioni artistiche intense e raffinate. Alla fine del concerto abbiamo incontrato i protagonisti. Enrico Pieranunzi: “Nel jazz si suona per raccontare. Tra i due ‘racconti’ c’è una certa differenza, ma anche un grande legame”. Gabriele Mirabassi: “La musica è racconto. Suonare è il modo migliore di stare insieme e di raccontare tante storie”.
Nel 2000, un trio di “top jazz” formato da Enrico Pieranunzi, Marc Johnson e Gabriele Mirabassi, apparve sulla scena con un progetto musicale che traduceva in note emozionanti la visione del mondo, l’apertura culturale del pianista romano e dei suoi compagni di viaggio. Il tutto è stato assestato in una scrittura dallo stile raffinato, fondata su basi classiche e tecnicamente, per certi versi, sorprendente. Era “Racconti Mediterranei”, inciso per l’Egea, casa discografica perugina che lavora in qualità e purezza. L’album, naturalmente eccezionale, fu, tra l’altro, bene accolto dalla critica americana: selezionato dalla rivista statunitense Jazziz tra le diciannove migliori realizzazioni discografiche dell’anno, si aggiudicò così la sua parte di “Critic’s Choice”. Fu l’unico lavoro italiano ad essere selezionato. A Pieranunzi piacque l’idea, tant’è che tre anni dopo proseguì nel progetto: nasce, così, “Nuovi Racconti mediterranei”. Nella formazione variava solo il fiato: Paul McCandless al posto di Mirabassi. Il lavoro restò nel cassetto ed esplose solo nel 2014: pubblicazione e presentazione, con il ritorno di Mirabassi. Nel frattempo, al contrabbasso si è inserito Luca Bulgarelli. Dunque concerti e altro successo a livello internazionale.
Enrico Pieranunzi, romano, è un pianista e compositore jazz di prim’ordine, con tante esperienze d’eccellenza a livello internazionale. Al suo attivo, oltre settanta album con ben tre premi “Top jazz” in Italia e un “Echo Award” all’estero. E’ considerato tra i migliori 50 pianisti jazz di tutti i tempi: un autentico fuoriclasse.
Anche Gabriele Mirabassi, perugino, straordinario clarinettista di livello mondiale, particolarmente amante di musica e cultura brasiliana e latinoamericana in genere, vanta produzioni e collaborazioni d’eccellenza. Per lui due “Top jazz”: nel 1996 lo vinse come miglior nuovo talento; nel 2008 come autore del migliore album dell’anno con “Canto di Ebano” (Egea, 2008), un vero capolavoro, un omaggio al prezioso strumento che lo accompagna nella vita.
Luca Bulgarelli, contrabbassista abruzzese, è considerato uno dei migliori giovani jazzisti italiani. Anche per lui collaborazioni importanti. Dal vivo, nel trio ha raccolto, la “pesante” eredità del grande Marc Johnson, comportandosi benissimo.
Il concerto era inserito nel cartellone stagionale dell’Accademia Filarmonica di Messina. Pieranunzi, come ogni grande artista che sa gestire la scena, riesce, con disinvoltura, a rendere semplici anche le cose più complesse. L’atmosfera che crea è intima e poetica. La grazia e la bellezza delle sue note conquistano subito la platea. Come un bel libro di racconti, dialogo e narrazione scorrono nell’immaginario di chi ascolta e apprezza il susseguirsi dei brani. Questo, ben soddisfa sia chi intende coglierci dentro del jazz, con le sue suggestioni e improvvisazioni, sia chi ne apprezza il taglio classico – melodico, talvolta caratterizzato da piacevoli sfumature popolari. Suo interlocutore principale, ovviamente, il magico clarinetto di Mirabassi, dal suono fortemente espressivo e vivace, che alterna passaggi classici e poetici a momenti di virtuosismo che strappano applausi a scena aperta. Tra loro, Bulgarelli, che con il contrabbasso sostiene i ritmi e accompagna i solisti, quantunque egli stesso non disdegnerà di cimentarsi in assoli: applausi anche per lui.
Il repertorio ha compreso brani tratti da entrambe le versioni di “Racconti”, con qualche innesto extra. Un’ora e 45 minuti piacevolissimi, intensi, propri di uno spettacolo dall’atmosfera pulita, dai sapori mediterranei e non solo, con spazio anche per virtuosismi e improvvisazioni con variegate contaminazioni artistiche intense e raffinate, frutto di una “cifra tecnica” dei protagonisti, non facilmente eguagliabile dalle nostre parti.
I “Racconti” di Pieranunzi e il suo trio. La sequenza dei brani.
“Il canto delle differenze”: piano subito a pieni giri e intesa con Mirabassi già perfetta. “Lighea”: dolce, intenso, dalla narrazione accattivante. Il dialogo con Mirabassi è un crescendo d’emozioni. “Adjapi”: di ispirazione indiana, dai sapori e colori vagamente orientaleggianti, con cambi straordinari il piano alterna assoli a sottofondi. Intanto, sale il “canto” dall’ebano di Mirabassi che volteggia e si esalta. Sicuramente uno dei migliori pezzi della serata. “Canto nascosto”: racconto lento, evocativo, ispirato alla musica popolare romana. “Les amants“: pezzo forte del progetto, “galeotto” sugli innamoramenti (ci scherza su Pieranunzi…) ma impeccabile per struttura, intensità e impostazione ritmica. Applausi a scena aperta per Bulgarelli. Il brano parte da waltz, ma stavolta è grande jazz. “Blue East”: secondo Pieranunzi un “tentativo di unire elementi mediterranei col blues”. Lo spettatore resterà colpito da una straordinaria fusion. Un pezzo bellissimo, trascinato da corposi virtuosismi. “I sospiri e le lacrime, ‘l desio”: il titolo richiama Petrarca. Brano, assieme al precedente, non compreso tra i “Racconti”. Ballad affascinante, con spazio per le suggestioni. “Choro de los años”: brano d’ispirazione latina, neanche a dirlo, “cucito addosso” a Mirabassi. Il ritmo esalta inevitabilmente anche le doti di Pieranunzi, impeccabile trascinatore, e Bulgarelli che spinge sul contrabbasso. “Un sueño más”: ritmo morbido, romantico, prossimo all’habanera. Stavolta il trio “danza” lento. Ma la platea ne rimane incantata. “Serenata sconosciuta”: inflessione popolare e improvvisazione prettamente jazzistica. Pezzo paradigmatico del progetto per esplosione di stili e virtù musicali, con eccezionali cambi di passo. “Una piccola chiave dorata”: jazz ben articolato e profondo, anche in questo caso sullo sfondo di una “narrazione” degna di un grande trio.
Il finale è un fuori programma di gran lusso, a sorpresa, interpretato facendo ricorso a straordinarie improvvisazioni del trio: “I Got Rithm”, naturalmente, firmato Gershwin.
Alla fine del concerto abbiamo incontrato Enrico Pieranunzi e Gabriele Mirabassi.
Con il maestro romano l’argomento è andato sui “Racconti Mediterranei”, di ieri e di oggi. “Nel jazz si suona per raccontare – ci ha detto Pieranunzi – e Nuovi Racconti è la puntata successiva dei Racconti precedenti. Tra i due c’è una certa differenza, ma anche un grande legame”. Ed entra nel tecnico: “E’ una ‘zona’ compositiva che ho esplorato all’inizio del decennio 2000. A livello più immediato la differenza è data dagli esecutori. Mirabassi ha un suono speciale, unico, suggestivo, fascinoso, con una definizione molto forte e una grande identità. McCandless, invece, l’ho “utilizzato” come polistrumentista col sax soprano, l’oboe e altro, quindi ha dato più varietà cromatica”. A questo punto gli abbiamo strappato un commento anche su Marc Johnson: “E’ fantastico. E’ un bassista di grandissima musicalità e in più ha un certo gusto per la musica classica. Per suonare questa musica non serve solo un bassista jazz puro, ma uno che abbia una sensibilità classica, e lui ce l’ha, perché ha iniziato studiando violoncello, quindi possiede un senso del suono perfetto per il progetto”. D’obbligo, dunque, chiedergli se ci sarà o meno una terza edizione: “Magari!- ha esclamato Pieranunzi – il problema è che questa etichetta (Egea, n.d.r.) al momento è ferma e come quasi tutte sta avendo grandi problemi ad andare avanti. Il suo patron, poi, in questo momento è impegnato in altre attività. Ma in ogni caso, spero proprio che la terza si possa fare”.
Il tema del progetto, è stato anche l’argomento per approcciare Gabriele Mirabassi: “La musica è racconto. Suonare è il modo migliore di stare insieme e di raccontare tante storie”, ci ha detto il grande clarinettista. La sua estrema passione per il Brasile, praticamente la sua “seconda patria”, ispira il prossimo argomento: “Sì, passione per il Brasile ne ho sempre di più. Non so se definirla la mia seconda patria musicale, ma sicuramente lo è dal punto di vista affettivo. E’ una terra cui devo moltissimo. Lì, ho imparato una nuova visione del mondo. Per me è stata un’esperienza rifondante”. E sul futuro, con una “innovazione…”: “Sta per uscire una cosa molto bella che abbiamo registrato per andare controcorrente rispetto alle nuove tecnologie. E’ un progetto che sta per essere pubblicato su nastro, completamente analogico. Ripeto, nemmeno su cd, solo su nastro!”. A chi sarà ispirato il lavoro, non tarda a rivelarcelo: “Antonio Carlos Jobim, naturalmente…”
Corrado Speziale
Lascia un commento
Devi essere connesso per inviare un commento.