di Nino Lo Iacono
Il virus della “a” è diventato pericolosamente contagioso, talmente pericoloso che persino i professionisti obbligati a rispettare le regole della lingua italiana, ne stanno subendo le nefaste conseguenze.
Fra questi professionisti i più esposti al contagio sembrano essere i giornalisti.
Tantissimi di loro che operano in testate nazionali e nelle TV, aggiungono ogni giorno al cacofonico vocabolo “ministra”, quelli di sindaca, assessora, provveditora, prefetta e chi più ne ha, più ne metta.
La gara ad inventare neologismi brutti da scrivere ed orrendi da ascoltare, è aperta a tutti i livelli.
In questi giorni che il Ministro Guidi ha fornito carne a questo barbecue, sul quale utili idioti stanno bruciando le dolci melodie della lingua italiana, non c’è cronista che non approfitti per dimostrare il proprio adeguamento all’ignoranza, che sta vistosamente impinguando le mandrie degli asini in cammino verso quel “boldrinismo”, che mi auguro abbia la durata di questo Parlamento.
La domanda che mi pongo insieme ad altri impotenti ascoltatori delle TV, riguarda la necessità di aggiungere questi orripilanti neologismi al linguaggio in uso comune!
E’ come se chiamando un Sindaco o un Ministro donna come stabilito da chi, a suo tempo scrisse le regole della lingua, ne riducesse l’autorevolezza o ne danneggiasse la femminilità.
Ritengo che al di là dell’uso della “a”, una figura istituzionale deve dimostrare di avere gli attributi giusti per ottenere e mantenere la carica e nulla di più, discorso che vale anche per gli uomini.
Ormai la donna ha occupato meritatamente ruoli e posti che fino a qualche ventennio fa erano quasi di esclusiva prerogativa degli uomini, e li hanno conquistati senza modificare alcuna “o” in “a”.
Basta farsi un giro nei vari uffici e nelle scuole per verificare che l’80% dei funzionari sono donne. Gli avvocati in gonnella sono ormai la stragrande maggioranza, come lo sono i giudici e i dirigenti scolastici.
Mi verrebbe da ridere, ma non mi meraviglierebbe più di tanto, se domani il famoso giornalista X Y, per conquistare un primato, esordisse con il termine “dirigenta” e “ giudicessa” o “ magistrata”.
Francamente sono del parere che la donna debba essere rispettata per quello rappresenta: creatura sensibile, latore di bellezza, elargitrice di dolcezza, portatrice di energia e intelligenza.
E’ nonna, madre, moglie.
Copre naturalmente i ruoli più belli che il Padreterno abbia assegnato all’umanità e , francamente, non vedo motivo per il quale debba essere rimarcata la sua femminilità, distorcendo e rendendo cacofonici i termini dei ruoli che va a coprire nella vita extra familiare.
La parità fra i sessi è un’utopia inseguita solo dagli sciocchi , giacché la natura non potrà mai essere modificata e non saranno questi giochetti di parole a fare della donna un uomo e di un uomo una femmina.
Cari opportunisti inseguitori di un asservito modernismo, non esagerate.
L’evoluzione delle tradizioni, delle abitudini, dei costumi, non passa attraverso la stupidità ruffiana di estemporanee posizioni politiche.
La cultura è una cosa seria e, purtroppo, attualmente condivide poco o nulla con i mestieranti della politica.
Cari giornalisti “moderni”, fatevene una ragione e riflettete prima di continuare a dire: cara ministra.
Nino Lo Iacono
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