“Je suis Craxi”- Si può dire?
Dal Palazzo

“Je suis Craxi”- Si può dire?


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In 150 ad Hammamet con le t-shirt inneggianti al leader del Psi. La figlia Stefania: “Che paradosso, lui è morto latitante e Amato corre per il Colle”

Passa un cammello e sfiora il luogo in cui c’era il capanno.

Quella marina solitaria, scontrosa e un po’ selvaggia, avrebbe ispirato il pennello di Carlo Carrà.

Quella spiaggia, incantata d’azzurro, era il rifugio di Bettino Craxi. Si sedeva davanti a quel mare spalancato verso l’Italia e curava la nostalgia riempiendo pagine e pagine.

Da una casa vicina, una modesta costruzione a un piano, l’unica in un raggio di centinaia di metri, gli portavano pesce e agnello.

Lì oggi gli amici tunisini di un tempo cucinano la carne alla brace per gli ospiti arrivati da Milano e da Roma.

La caccia al tesoro – si civettava che pure la fontana del Castello sforzesco fosse atterrata ad Hammamet – è finita da un pezzo.

L’oro, se c’è, è ben nascosto e non luccica.

Ci sono i compagni di un tempo e qualche giovane che coltiva la memoria e cerca una bussola.

È presto per parlare di un ritorno del craxisimo ma si capisce che la ruota a 15 anni dalla morte del leader socialista sta girando.

Era il 19 gennaio 2000.

E Bettino era solo un malandrino, il capo dei mariuoli, il nemico da abbattere come un satrapo corrotto alla Ceausescu.

La bava alla bocca non c’è più.

Prevale semmai la rimozione, imbarazzata e furbastra, ma gli occhi dei 150 che si sono pagati questo week end africano sono lucidi di rimpianto.

Molti sfoggiano una maglietta nera col garofano stilizzato e la scritta in francese: Je suis Craxi .

Fa una certa impressione rivedere quelle facce che avevamo intravisto in tv e sui giornali nei giorni della gogna, della celebre invettiva in Parlamento sul finanziamento illecito dei partiti, delle monetine lanciate all’uscita del «Raphael», degli avvisi di garanzia.

La diaspora del Psi ha disperso un patrimonio di voti ma non ha sciolto tutti i legami d’affetto.

Ci sono Saverio Zavettieri e Angelo Cresco, i due parlamentari che erano vicini a Bettino mentre tuonava contro l’ipocrisia dei partiti che avevan preso contributi da tutti per fingere poi estraneità a quel sistema malato.

«Pensare – ricorda Zavettieri che io non ero nemmeno craxiano, appartenevo alla sinistra del partito», ma quel giorno Craxi era isolato, anche fisicamente, c’era un buco intorno a lui e avvicinarsi voleva dire giocare con ruoli scomodi, quasi entrare nella parte del ladrone. Anzi dei due ladroni, tutti e due a differenza dell’originale senza possibilità di redenzione.

«Oggi – spiega Stefania Craxi che guida una commemorazione lunga due giorni – il clima è cambiato. Hanno cercato invano il fantomatico bottino, molti forse a distanza di tanto tempo cominciano a capire.

Lunedì saranno celebrate messe in tutta Italia e intanto alcuni studenti si laureano con tesi sulla vita e il pensiero di mio padre.

Anche la partecipazione a questo viaggio ha superato le aspettative».

Stefania è soddisfatta come lo è la madre Anna che da molti anni ha lasciato la casa milanese di via Foppa per trasferirsi definitivamente ad Hammamet, in route El Fawara , e che ha invitato per una preghiera l’arcivescovo di Tunisi, Ilario Antoniazzi, trevigiano di San Polo di Piave.

Le lancette della storia si sono fermate solo per la politica.

Anzi, per l’emiciclo sinistro del Parlamento.

«La destra – riprende la Craxi – risponde, dialoga, riconosce la grandezza di Bettino Craxi. A sinistra invece c’è solo silenzio. Silenzio. E ancora silenzio. Renzi già da sindaco di Firenze aveva spiegato che non sarebbe stato pedagogico intitolare una via a mio padre. Poi ha rincarato la dose più recentemente sostenendo che lui preferiva la sinistra delle opportunità a quella degli opportunismi: Riccardo Nencini, segretario di un partito che si definisce socialista, ha taciuto.

Da tutti gli altri non è arrivata nemmeno una parola».

E nessuno ha trovato il coraggio di calpestare la sabbia di Hammamet. C’è Lucio Barani, ex sindaco in Lunigiana che aveva trasformato Aulla nel primo comune dedipietrizzato d’Italia. E c’è anche Costantino Dell’Osso, sottosegretario nel governo Ciampi. Ci sono quelli che la ribalta l’hanno trovata, una generazione dopo, con Forza Italia. Elisabetta Gardini, capogruppo di Forza Italia all’europarlamento ma un tempo popolare volto della tv, e Stefano Maullu, assessore della giunta Formigoni.

«Sono amica di Stefania da 24 anni – racconta la Gardini – i nostri figli sono nati nello stesso periodo. Poi, col tempo, ho scoperto suo padre, un padre forte, proprio come il mio, e il politico. Per questo ho deciso di venire qua». Manca totalmente l’altra metà, la sinistra, chiusa nel sudario del codice penale. «È paradossale – prosegue Stefania – la sinistra che oggi è post comunista e socialista non fa i conti con il riformismo di Craxi e con le sue idee lungimiranti sull’Europa, sulla giustizia, sulla modernizzazione del Paese. Ed è ancora più paradossale che lui sia morto latitante, in Tunisia, e il suo vice, Giuliano Amato, rimasto per tanto tempo al suo fianco, sia fra i nomi spendibili nella corsa al successore di Giorgio Napolitano».

Insomma, la cancellazione dopo la demonizzazione, e però i rami dell’albero craxiano potrebbero arrivare fino al Colle. «Quel che m’interessa è che stiano finalmente cadendo i pregiudizi – riflette Stefania – ho partecipato pochi giorni fa ad una trasmissione a TeleLombardia – e ho scoperto che molti telespettatori mi hanno riabilitato. Chiamavano e dicevano di volersi scusare per le parole dure, durissime, ingiuriose, pronunciate contro me e i miei familiari in passato. Adesso scoprono che l’Italia degli anni Ottanta era una grande potenza, che non si stava poi cosi male e che c’era più ricchezza di oggi. “Signora Stefania – mi gridavano – la Seconda repubblica ci ha affamato, meglio la Prima”».

Quindici anni dopo, la sorte è ancora in bilico.

La spiaggia è sempre più malinconica, sferzata da un vento freddo, gli albergoni kitsch di Hammamet, con i loro fregi e le torrette e le cupole esotiche sembrano una duplicazione eccentrica della Rimini felliniana. La Tunisia ha voltato pagina, Ben Ali non c’è più, il Paese cerca di far convivere in un equilibrio fragile i Fratelli musulmani e il partito laico del neopresidente Essebsi, l’Islam e la democrazia.

Molti di quelli che formavano la corte di Bettino sono scomparsi, l’ultima ad andarsene è stata Enza Tomaselli, la segretaria di una vita, lo studio di piazza Duomo 19, una finestra sulle guglie e l’ottimismo di quella cartolina poi diventata la Milano da bere.

È strano ritrovarsi qui, nella Caprera di Bettino, con la tomba sotto i muraglioni della Medina, sullo sfondo la voce del muezzin che copre le preghiere in lingua italiana. Souvenir, ricordi, qualche lacrima.

Quel capanno sulla sabbia sotto il cielo d’inverno. L’eclissi e la memoria. Quindici anni dopo, Bettino Craxi guarda sempre verso l’Italia

scritto da Stefano Zurlo, su www.ilgiornale.it

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Così scrisse La Repubblica quando morì.

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Il dramma alle 17 di ieri sera. Aveva 65 anni L’ex leader del Psi era stato operato a novembre

Addio a Bettino Craxi stroncato da un infarto Con lui c’era solo la figlia Stefania

di RENATO CAPRILE     

Bettino Craxi è morto. Stroncato da un infarto poco dopo le 17 di ieri nella sua villa di Hammamet in Tunisia. La grande casa bianca nella quale si era rifugiato nel ’94 e dalla quale in tutti questi anni aveva inviato fax, polemizzato, partecipato alla vita politica italiana e soprattutto gridato la propria innocenza.

Non gli è riuscito dunque di tornare in Italia da uomo libero come aveva desiderato fino all’ ultimo, non ci tornerà da morto. “Non chiedo carità pelose – aveva detto rifiutando sdegnosamente l’offerta di arresti domiciliari per il suo grave stato di salute – non sono né un latitante né un fuggiasco, sono un esule politico e se non posso tornare a casa mia da uomo libero, preferisco rimanere qui, anche da morto”.

Era malato Craxi, molto malato. Di una grave forma di diabete che gli aveva progressivamente attaccato i reni e indebolito il cuore, trasformando le ultime settimane della sua vita in un inferno di medici, ospedali e interventi chirurgici. Da qualche giorno però le sue condizioni sembravano migliorate. Tanto che ieri ad Hammamet accanto a lui c’erano soltanto Stefania, la figlia, e il nipotino di dieci anni. Bobo, l’altro figlio, era in Italia. E Anna, la moglie, aveva approfittato di questo miglioramento per andare in Francia anche lei per curarsi.

Craxi aveva 65 anni. Ne avrebbe compiuti sessantasei il 24 febbraio prossimo. La cronaca degli ultimi suoi istanti di vita è breve e drammatica. Sembra una giornata tranquilla. Con Craxi che si mostra di buon umore, mangia con appetito e nel pomeriggio si concede un tè alla menta. Poi va a riposare. Intorno alle 17 si alza per andare in bagno ma rifiuta di farsi accompagnare da Stefania. “Grazie, ce la faccio da solo”. Ed è in bagno che Stefania lo troverà poco dopo agonizzante. Ed è probabilmente lì che Bettino le muore tra le braccia ragalandole un ultimo sguardo d’amore. Poi Stefania trova la forza di chiamare un’autoambulnza che arriva dopo poco e porta l’ex leader socialista alla clinica “Les violettes” praticamente già morto. Morto, beffa del destino, proprio nel giorno in cui la Camera aveva dato il prima via libera alla Commissione d’inchiesta su Tangentopoli per la quale Craxi si era a lungo battuto.

Gli ultimi mesi di vita di Bettino Craxi sono una interminabile via crucis di ricoveri, analisi e bollettini medici. Dove dolore e polemiche, visto che Craxi non è un malato qualunque, si intrecciano innescando polemiche a non finire sull’ipotesi di aprire o meno un “corridoio umanitario” che colleghi Hammamet a Roma e che consenta a Craxi di curarsi in Italia. Una battaglia che inizia il 13 settembre dello scorso anno con le prime notizie dell’aggravarsi delle sue condizioni di salute ed entra nella fase più acuta il 24 ottobre, quando Craxi viene ricoverato ad Hammamet nella clinica “Les violettes” per problemi cardiaci.

A settembre del ’99 le prime avvisaglie di un calvario che sarebbe durato quattro mesi. La dottoressa Ornella Melogli, sua diabetologa da anni, lo visita e trova le sue condizioni “critiche” tanto da consigliarne il ricovero a Tunisi. Partono gli accertamenti e il 24 ottobre Craxi entra all’ospedale militare di Tunisi per una improvvisa crisi cardiaca complicata da una insufficiente funzionalità epatica. Dopo una settimana l’ex leader socialista comincia a migliorare e il 30 ottobre i medici sciolgono la prognosi. Il 9 novembre, una nuova crisi cardiaca, un nuovo ricovero all’ospedale di Tunisi. I medici lo dimettono il 13 novembre ma parlano della necessità di un intervento al cuore per inserire un by-pass per aggirare la disfunzione vascolare.

Craxi ribadisce, di fronte alle offerte di un salvacondotto umanitario per farsi curare nel suo paese, che rientrerà in Italia solo da “libero cittadino”, e che “con l’aiuto di Dio” spera di uscire “presto e bene da questa incresciosa situazione”. Il 30 novembre un’équipe italo-tunisina gli asporta il rene destro. L’intervento riesce perfettamente. Craxi lascia l’ospedale di Tunisi l’11 dicembre e torna ad Hammamet. Trascorrerà Natale e Capodanno in convalescenza. Dieci giorni fa l’ultima visita di controllo. Sembrava stesse migliorando. E invece un infarto se lo è portato via in un pomeriggio di pioggia ad Hammamet, la sua casa per oltre cinque anni e forse anche la sua tomba.

(20 gennaio 2000)

19 Gennaio 2015

Autore:

admin


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