SCOPERTE – Com’è amaro il caffè dell’antimafia
Cronaca Regionale

SCOPERTE – Com’è amaro il caffè dell’antimafia


Nomi, pesrone, casi, vite vissute, Nino Amadore parla tanto ieri sera a Brolo… per chi non c’er .. un’occasine persa. Peccato. Tra le tante storie anche quella della “Conca D’Oro”. Contratti, anche quello delle bouvette della regione Siciliam, rescissi, ostracismi… ecco perche l’aroma dell’antimafia può far male. Solo dalla Lega delle Cooperativi un segno di solidarietà .. e gli altri sono solo buoni a sorseggaire il caffè con compari e mafiosi.
A Palermo, scrive in Paolo Biondani, su l’Espresso – un capannone infrattato in un cortile tra le case del quartiere Brancaccio, c’è un’azienda eccezionale: ha il timbro dell’antimafia, ma rischia di fallire per colpa della mafia.
È una cooperativa di lavoro con 11 operai, presieduta da un avvocato nominato dal tribunale. Produce un caffè buonissimo, “con l’antica tostatura a legna”, da gustare insieme ai chicchi immersi nel cioccolato.
Fino al luglio 2006 l’azienda, chiamata Iti Zuc, era intestata a un prestanome dei fratelli Graviano, i boss delle stragi del ’92 e ’93, che qui a Brancaccio hanno ordinato di ammazzare perfino un sacerdote, don Pino Puglisi. La vecchia società, sequestrata per mafia, è in liquidazione dal 2009, con un buco di un milione di euro: di solito è la tecnica usata dai mafiosi per seppellire l’antimafia. I dipendenti della nuova ditta, battezzata Conca d’oro caffè, sono persone oneste: hanno superato tutti i controlli, il tribunale ha licenziato chiunque fosse sospettabile di legami “anche indiretti” con Cosa Nostra.
Eppure la coperativa rischia di chiudere, stritolata da un ingorgo tra debiti della mafia, clienti che rifiutano l’antimafia e burocrati dei cavilli di legge, quella che nessuno faceva rispettare ai Graviano.
“È una vicenda paradossale, che riassume tutte le difficoltà di tutelare i lavoratori che sono le prime vittime di un’impresa mafiosa”, tuona tra un caffè e l’altro Filippo Parrino, presidente della Lega cooperative della Sicilia: “Questi operai hanno subito mesi di intimidazioni, seguite da un’aggressione commerciale
e da un’incredibile serie di attacchi legali. Colpirli così è vergognoso”.

La cooperativa Conca d’oro firma il contratto di affitto d’azienda il 23 novembre 2009. Lo stesso giorno qualcuno sigilla i lucchetti con la colla. A Palermo è un messaggio chiarissimo: vietato aprire. Le intimidazioni si susseguono per più di sei mesi, sempre in coincidenza con delicati passaggi aziendali. A scanso di equivoci, i mafiosi lasciano anche polvere da sparo. Gli operai di Brancaccio resistono.

“Il fatto più inquietante è che appena terminano le intimidazioni, iniziano gli attacchi commerciali e istituzionali”, osserva Davide Ganci, presidente del consorzio Ulisse, che riunisce 18 coperative sociali o di lavoro, tra cui la Conca d’oro.

Sotto i Graviano, l’azienda fatturava due milioni e mezzo di euro. Quando arriva la cooperativa, i clienti più illustri cambiano fornitore: niente caffè dell’antimafia per i cinque hotel del gruppo Acqua Marcia, per i bar dell’aeroporto, per i supermercati Gs e perfino per i ristori della Regione Sicilia. I ricavi della cooperativa crollano. E proprio allora si scatena la tempesta burocratico-legale. Il Comune taglia l’acqua: la municipalizzata di Palermo reclama presunti arretrati fin dal 1999, mai chiesti ai mafiosi. Il mese dopo l’immobiliare proprietaria della sede intima lo sfratto: le mura appartengono per un quarto alla sorella del presunto prestanome, ma a chiedere lo sgombero è una sconosciuta società milanese, che ha comprato gli altri tre quarti da un astuto curatore fallimentare.

La lite sulla sede paralizza la Camera di commercio: la Conca d’oro risulta “impresa non attiva”, per cui non può chiedere finanziamenti bancari né partecipare a gare d’appalto.

Quindi l’amministratore giudiziario della societa dei Graviano reclama 92 mila euro, di cui 60 mila per vecchi scarti di magazzino.
E intanto arriva lo sfratto dai locali della torrefazione, con rischio di trasloco dei macchinari più delicati. Per sbrogliare il groviglio e separare i debiti dei mafiosi dalla cooperativa degli innocenti, si mobilitano i tecnici di Italia Lavoro, ma il ministero chiude l’ufficio antimafia. “La Conca d’oro produce un ottimo caffè a prezzi concorrenziali”, conclude Parrino: “Condannare al fallimento un’azienda sana, perfettamente in grado di restare sul mercato, significa tradire la lotta alla mafia. La Lega delle cooperative non lo permetterà”.
Compagni, un caffè?
Bravo Nino Amadore che ci ha parlato di queste cose….
29 Ottobre 2013

Autore:

admin


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