32 anni fa.. in queste ore. Quando Bettino Craxi osò sfidare il gigante Usa. Al di là delle leggende metropolitane sul caso, della dietrologia, dei se e dei ma, quella notte, si registrò un moto d’orgoglio italiano e la rabbia americana che fece sentire, per anni i suoi effetti.. E una scena da film di fantascienza: cinquanta carabinieri che circondano un aereo egiziano e sono circondati a loro volta da cinquanta militari della Delta Force. Tutto sulla pista di una base Nato siciliana. Tutto in poche ore. Tutto dentro un grande scombussolamento dei rapporti fra Roma e Washington. Altri tempi.Le foto.
Una storia drammatica e intricata, ultimo atto del sequestro dell’Achille Lauro. Un protagonista, nel bene e nel male della politica italiana, Bettino Craxi fu il numero uno di quelle giornate dell’autunno 1985, prese la strada giusta. Il governo italiano assicurò alla giustizia i quattro dirottatori dell’Achille Lauro; l’Italia però non si piegò agli Usa che avevano organizzato un blitz a Sigonella per catturare e portare via Abu Abbas, il mediatore della vicenda, ritenuto dagli americani un complice dei terroristi. Craxi disse no a Ronald Reagan e gli americani che dovettero riconoscere, al di là del malumore, le ragioni italiane. In una missiva del 24 ottobre 1985, pochi giorni dopo la conclusione della vicenda, l’ambasciatore a Roma Maxwell Rabb scrive alla Segreteria di Stato: «L’esperienza dimostra che dobbiamo migliorare il nostro coordinamento, agire insieme piuttosto che unilateralmente». Con Sigonella, Bettino Craxi, allora Presidente del Consiglio, venne meno a una regola imposta dall’Impero Usa agli stati vassalli: l’ossequio del primato degli interessi statunitensi, al di là di qualsiasi principio d’indipendenza. Rifiutando di consegnare i palestinesi ai marine, Craxi osò affermare, invece, il rispetto della sovranità della nazione italiana.
Giovane orgoglio. Sono tanti gli attori che, quella notte, recitano sul “palco” di Sigonella: egiziani, palestinesi, italiani, americani ma la parte da protagonista ce l’hanno i giovanissimi di leva del VAM. Sì, nessuno saprebbe dire oggi il nome di uno solo di loro, perché di sicuro la Notte di Sigonella non è sui libri di testo; però pensiamo per un momento cosa voglia dire avere 20 anni e starsene lontani da casa, in un perimetro aeroportuale che pare essere diventato il centro del mondo, con un gruppo di terroristi su un aereo e le forze speciali statunitensi che ti puntano il fucile contro.
Già solo età e tipo di inquadramento (un coscritto contro un reparto altamente specializzato) è un punto d’orgoglio: quella sera i VAM tennero la posizione. Certo, fu un ordine e gli ordini non si interpretano si eseguono, ma l’essere rimasti lì fa di loro il simbolo di un’ Italia che sa prendersi le sue responsabilità.
“Sarebbe bastato che gli americani avessero tentato di prelevare con la forza i terroristi dall’aereo e che avessero travolto i nostri VAM: avrebbero risposto e poi sarebbero intervenuti i carabinieri che avrebbero sparato” ricorda Francesco Cossiga.
Memoria di quell’episodio?
Poca, ma che può vivere solo in un modo: facendo il proprio dovere ogni giorno, con quel senso di responsabilità che nel nostro Paese pare cosa da fessi, ma che fu bandiera di un’Italia che disse “no”, una sera dell’85, grazie alla determinazione di 30, meravigliosi, giovani di leva e alla caratura di un politico di razza.
foto tratte da internet
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