Figure pietrificate o pietre umanizzate?
Marzia Mancuso, dopo averci interessato con le sue casette eoline, ha raggiunto, con i presepi, una sua maturità artistica inequivocabile.
La prima impressione è quella di un bell’oggetto, ricco di colori, accattivante negli accostamenti, una via i mezzo tra la pittura bixzantina e quella della scuola di Cuzco, poi qualcosa di “subdolo e di inquietante”, nella positività dell’espressione, scivola dentro di noi: è una metamorfosi che anima le pietre.
D’improvviso ci appare quel che c’è “sotto” e “dentro” i sassi dipinti: figure umane, anzi sacre, in atteggiamenti diversi, che diventano prima gruppo e poi famiglia, anzi una Sacra Famiglia.
La sorpresa è straordinaria, veder pulsare del sangue nelle vene stesse della pietra dipinta.
E la sorpresa si tramuta in gioia, e la voglia di possedere l’oggetto del desiderio diventa incontenibile.
Marzia Mancuso attinge al gran repertorio della cultura e dell’arte. affonda nella scelta “cristiana” e interpreta il favoloso mito della mediterraneità.
il Geologo\Insegnate, questo è nella vita quotidiana, la giovane artista sinagrese, riprende un’impostazione che da romantica diventa metafisica; si appropria degli stilemi dell’ambiguità surreale; scava all’interno di civiltà primordiali, orientali o mesoamericane; s’avvicina persino all’anamorfosi e all’alchimia proto-rinascimentali…eppure il linguaggio che ne esce è coerente, artisticamente autonomo, sicuramente maturo con perfetta rappresentazione e simbologia.
Diceva Ernest Gombrich: “Il velo dell’allusività è il sale della pittura”.
Occorre sempre che l’immagine ci inviti a “stravedere”, cioè a vedere al di là delle apparenze e così le pietre con le loro forme mutano, nella nostra percezione psicologica, in esseri umani: distinguiamo le braccia, i volti, le gambe, soprattutto comprendiamo l’intenzione di atteggiamenti e gesti.
E guardato i gruppi sacri, bue e asinello compresi, ci si continua a chiedere: figure pietrificate o pietre umanizzate?