Anche il conoscitore più attento vi trova sorprese: oscuri pionieri della letteratura rosa o della fantascienza, un giallista riscoperto di recente (Franco Enna), o Antonino Trizzino, fratellastro dello slavista Angelo Maria Ripellino, aviatore fascistissimo, poi separatista e autore di bestseller di denuncia sulla Marina.
E c’ è il caso estremo di Giuseppe Lo Presti, nato ad Alcamo ma cresciuto a Torino, terrorista dei Nar, che in carcere scrive un romanzo anarcoide e visionario dal titolo improbabile, L’ indomito della discordanza. Lo invia ad Aldo Busi, che lo giudica un capolavoro e lo fa pubblicare da Mondadori rititolato Il cacciatore ricoperto di campanelli.
La critica lo esalta, ma Lo Presti continua a entrare e uscire di galera, e muore dimenticato.
Viene da chiedersi, a questo punto, cosa sia uno scrittore siciliano.
I quasi 30 autori presenti non sono tutti nati in Sicilia o non fanno nemmeno parte della letteratura in lingua italiana. In inglese sono scritti i libri di Jerre Mangione (americano che nel ‘ 50 viaggia nella Sicilia dei padri imbattendosi, tra l’ altro, in un giovane Camilleri) e The Happy Summer Days, memorie di Fulco di Verdura, cugino di Tomasi di Lampedusa, disegnatore di gioielli portato alla fama da Coco Chanel. In francese usciva invece, nel 1939, Sicile, terre de douleur del socialista Giuseppe Garretto, esule a Parigi. Quali sono, allora le “somiglianze di famiglia”? Sciascia sosteneva la vocazione realista della letteratura siciliana.
Ma questo arcipelago di semi-ignoti è ben più frastagliato.
E i testi più datati sono proprio quelli legati al neorealismo, o a un naturalismo ottocentesco. Anche il barocco, l’ eco dialettale non sono così decisivi. Semmai, gli scrittori migliori mostrano una tensione verso il sofisma, un rovello morale e metafisico, anche quando si osserva la società. Forse è perché sono quasi sempre di scrittori emigrati: c’ è chi (Antonio Russello), a Castelfranco Veneto, evoca una Sicilia fiabesca di briganti; chi (Angelo Petyx) da Cuneo denuncia le condizioni degli zolfatari.
Fatto sta che questi brani hanno spesso il ritmo dell’ ossessione e i colori della memoria. Ambigui, magari e senza nostalgia: come per il pittore Ugo Attardi, autore di un solo romanzo, L’ erede selvaggio (premio Viareggio 1971), che rievoca il trauma dell’ omicidio di suo padre. L’ antologia si conclude con il critico Niccolò Gallo, maestro di Garboli, e il filosofo Rosario Assunto.
Viene in mente allora che gli scrittori siciliani sono spesso grandi autori di saggi e diari in pubblico, a volte camuffati da fiction. In questo riflettere inesausto e paradossale si cela forse una cifra decisiva, un pendolarismo tra solitudine e società, cinismo e utopia, mondi perduti e presagi di apocalisse.
LE ARANCE NON RACCOLTE di Salvatore Ferlita Palumbo, pagg. 350, euro 20
SCRITTO DA EMILIANO MORREALE BY LA REPUBBLICA
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