– di Corrado Speziale –
In tre spettacoli andati in scena al teatro Clan Off di Messina, l’opera del giovane autore, regista e attore messinese ha riscosso un grande successo di pubblico. “82 Pietre”, prodotto da Maurizio Puglisi per Nutrimenti Terrestri, scritto e diretto da Simone Corso, che ha curato anche la regia con Adriana Mangano, protagonisti loro stessi in scena al fianco di Antonio Alveario, a giugno era risultato vincitore della rassegna “I teatri del Sacro” per la categoria Spettacoli inediti, con prima nazionale ad Ascoli Piceno. Straordinariamente intense e piene di contenuti, la trama e l’interpretazione del racconto affrontano con rigore e delicatezza una tematica contemporanea sugli “ignudi del nostro tempo”, nella fattispecie incentrata sul dramma e il mistero di una ragazza. La scena è ambientata nella singolare sede di una stazione dei carabinieri di uno sperduto paesino di montagna. Uno spaccato della società del nostro tempo. Una metafora in cui prevale l’etica in un’operazione culturale di soccorso sociale, senza clamori e retoriche: rivestire della dignità e dell’integrità l’essere umano. Prossima tappa di “82 Pietre”, il 15 dicembre allo Spazio ZŌ di Catania. Il 10 marzo 2020 lo spettacolo andrà in scena nell’ambito del deSidera Festival, al Teatro Oscar di Milano.
“82 Pietre” per abbattere i pregiudizi e accendere gli animi e la sensibilità sulla condizione umana del nostro tempo. Un fragore forte dall’effetto dirompente, che paradossalmente ha per protagonisti il silenzio di una donna e la semplicità di una storia scritta e recitata con cura che ha prodotto applausi ed emozioni. Parole d’ordine: dignità e verità, in antitesi alle omologazioni e ai pregiudizi, con notevoli spunti di riflessione. “Riflessioni”, appunto, è la sezione in cui lo spettacolo è stato inserito nella stagione del teatro Clan Off, dov’è andato in scena con successo con tre recite in quest’ultimo week end.
“82 Pietre” è teatro di impegno civile targato Messina, produzione Maurizio Puglisi per Nutrimenti Terrestri, regia di Simone Corso e Adriana Mangano, protagonisti anche in scena al fianco di Antonio Alveario in un’ottima interpretazione in cui la storia, intensa e profonda, ha lasciato a volte spazio a momenti di leggerezza con battute di quest’ultimo che hanno appassionato il pubblico. L’effetto è quello di una storia dall’ambientamento semplice che porta con sé un argomento dai toni forti. Elementi ben veicolati dal progetto delle luci dal taglio inconfondibile di Renzo Di Chio, dall’allestimento scenico di Mariella Bellantone e dai costumi di Cinzia Preitano. Assistente alla regia, Stefania Catalfamo.
“82 Pietre” a giugno era risultato vincitore della sesta edizione della rassegna “I Teatri del Sacro”, per la categoria Spettacoli inediti, incentrata sulle “Opere di Misericordia”, in particolare, “Vestire gli ignudi”, con prima nazionale ad Ascoli Piceno.
Simone Corso in quest’opera propone un teatro contemporaneo dallo sfondo drammatico, dal testo elaborato con cura e rigore, ma anche con grande delicatezza. Si evidenzia l’operazione di sensibilizzazione nei confronti di una società stereotipata, superficiale e manipolata, che diviene persino crudele dinnanzi a fatti drammatici in virtù dell’omologazione e dell’amplificazione del web. Siamo nei casi in cui il male si trasforma in spettacolo. Così il messaggio che passa è quello di porre rimedio attraverso l’arte e la cultura ad un fenomeno che con i moderni mezzi diventa devastante se non governato da individui attenti e responsabili. Il tutto, ispirato da un fatto drammatico realmente accaduto, che il testo trasforma riadattandolo ad una scena creata ad hoc, attraverso un passaggio che appare surreale ma che di fatto rende fede al messaggio originario in maniera straordinaria.
“82 Pietre” svela gli atteggiamenti che caratterizzano una società che fugge dalle proprie paure e responsabilità. Una tranquillissima stazione dei carabinieri di un paese sperduto di montagna diviene teatro della vicenda con comportamenti e visioni totalmente differenti tra il comandante e un giovane brigadiere. È la società di oggi che si rispecchia nei ruoli dei due carabinieri intorno alla difficoltà oggettiva dettata dal ritrovamento di una ragazza nuda in strada, sconosciuta, in mezzo alla neve, con le ovvie deduzioni e considerazioni che ne conseguono. In quell’ambiente ristretto si incrociano differenti visioni e comportamenti, premure e affanni, giudizi e pregiudizi, modi di pensare e di operare al cospetto di una donna che resta misteriosamente nel silenzio. E ad un certo punto in scena cadrà un buio profondo…
Sullo sfondo, una storia reale ma di genere differente, vissuta altrove, a distanza anche di tempo. Ma fin dove può arrivare la spettacolarizzazione di una violenza disumana? Cosa può suscitare la nudità di un’incolpevole donna dinnanzi ad un mondo pervaso dall’indifferenza verso un dramma personale? Allora, fermarsi e riflettere, compenetrarsi nella storia è un atto necessario. Così come lo è scrutare fuori dal protocollo di una caserma dei carabinieri per concentrare piuttosto le proprie attenzioni dentro l’animo umano.
L’atteggiamento della ragazza, che rimane zitta, nuda e immobile davanti ai carabinieri è una risposta durissima alla società. Le parole che non dice, le reazioni che non ha, sono un ammonimento esemplare. Corpo nudo, ma coperto da verità che l’uomo non vuol vedere e dalle quali è solito fuggire. È una presenza fragile e forte al tempo stesso, il cui silenzio assordante disegna nell’aria un tormento che lascia spazio prima al mistero, poi ad una dura realtà. Cosicché metaforicamente è la società a svestirsi, in attesa di ritrovare la propria umanità.
Da qui, il messaggio: vestire gli ignudi del nostro tempo, dare soccorso, restituire dignità e integrità all’essere umano.
“82 Pietre”, al cospetto di una società che ha tanto su cui interrogarsi e riflettere, è uno spettacolo da vedere e divulgare.
Prossima tappa, il 15 dicembre allo Spazio ZŌ di Catania, mentre il 10 marzo dell’anno prossimo lo spettacolo andrà in scena nell’ambito del deSidera Festival, al Teatro Oscar di Milano.
Foto di scena Giuseppe Contarini