A MARGINE DI UN INCONTRO – Daniele Tranchida parla di “Finish Europae L’Europa non è NATO”
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A MARGINE DI UN INCONTRO – Daniele Tranchida parla di “Finish Europae L’Europa non è NATO”

  

A margine di un incontro. Quello della presentazione del libro di Antonio Arena a Giardini Naxos, lo scorso 11 settembre

Daniele Tranchida è un docente di Storia Moderna presso il Dipartimento di Scienze Politiche e Giuridiche dell’Università di Messina, con una carriera accademica ben consolidata. Oltre alla sua attività didattica e di ricerca, ha ricoperto ruoli istituzionali rilevanti. In passato è stato assessore regionale al Turismo, Sport e Spettacolo della Regione Sicilia, dimostrando competenze in ambito amministrativo e politico. Recentemente, è stato anche nominato componente del Consiglio Superiore della Pubblica Istruzione (CSPI) del MIUR, su designazione della Conferenza Unificata Stato-Regioni e su indicazione della Regione Siciliana.

A Giardini Naxos ha presentato il libro di Arena con un articolato intervento che qui riproponiamo per una più dettagliata analisi su questo interessante lavoro editoriale..

Presentare un libro sull’Europa presuppone, di questi tempi, una notevole dose di coraggio, in quanto già il termine, venuti meno fiducia ed ottimismo dei decenni scorsi, appare alquanto impopolare. Oggi. quando si parla di “Europa”, scattano dei riflessi condizionati alla Pavlov: astio, rancore, rabbia, avversione, irrisione, insofferenza, indifferenza, ecc.. Ed in parte a giusta ragione visto che l’Europa si identifica ormai con:

  • Parametri e regole discutibili ( sforamento Bilancio, fusioni imprese, alterazione concorrenza, aiuti di Stato), utilizzati con discrezionalità a seconda dei paesi interessati, vedi caso italiano, greco, irlandese, rispetto a ben altro atteggiamenti usati, ad esempio, nei confronti di Francia e Germania.
  • Imposizione dell’Agenda 2030 e del “Green Deal” (auto elettriche, riconversione energetica degli edifici di residenza, ztl obbligatorie nei centri urbani).
  • Parlamento Europeo e Commissione quali tribunali etici e morali che impongono, al di fuori dei diritti universalmente riconosciuti, pretese egoistiche e deliri cognitivi alla stregua di presunti “ nuovi diritti” ( utero in affitto, percezione di genere, educazione gender nelle scuole).
  • Rielezione della Von Der Leyen, accusata di aver chiuso il contratto con la Pfizer per 1miliardo e 900 milioni di dosi, senza il dovuto parere preventivo su prezzi, dosi e clausole contrattuali da parte dell’apposito “Comitato d’Indirizzo”.
  • Un potere coercitivo sempre più pronto alla repressione di ogni forma di autentico dissenso, giunto al punto di arrestare Pavel Durov, fondatore di Telegram perché non censura le opinioni all’interno dei propri social e di minacciare Elon Musk in quanto supporter di Trump.

Nella vulgata ufficiale quando si parla di Europa si contrappongono abitualmente i fautori degli Stati Uniti d’Europa, ovvero i federalisti istituzionali filo-occidentali ai sostenitori della fuoruscita dall’UE, i cosiddetti  italexit, sostenitori di un piccolo sciovinismo ottocentesco. L’autore del libro “Finis Europae? L’Europa non è NATO” si tira fuori da questa stucchevole e semplicistica narrazione e riprende, pur non citandolo espressamente, un antico filone carsico: il nazionalismo europeo continentale, presente in diverse forme e modi sin dai primissimi anni’20 (L’elenco sarebbe lunghissimo e va dal movimento PanEuropa alle riviste non conformiste francesi degli anni trenta, quali Esprit, Combat, La revue du XX siecle, Jeune Droite, animate da pensatori quali Emmanuel Mounier, Denis de Rougemont, Henri Massis, Bertrand de Jouvenel ed altri) al secondo dopoguerra (il Movimento Comunità di Adriano Olivetti e dei fratelli Pietro e Ludovico Quaroni, l’Europa delle Patrie evocata da Michel Debré e da Andrè Malraux nella Francia gollista, l’Europa-Nazione ipotizzata dal belga Jean Thiriart, fino alle riflessioni di organizzazioni studentesche negli anni sessanta in Italia quali le spontaneiste e policentriche Giovane Europa e Lotta di Popolo o al contributo di un grande storico come Carlo Curcio) e interpretato, via via, da moderati, uomini di governo, gruppi rivoluzionari, ma in fondo tutti più o meno animati dalla stessa convinzione: L’Europa è la sua storia millenaria, le sue civiltà, il Mediterraneo, non è l’Occidente. L’Europa è l’Omphalos Mundi, Centro non Ovest. Anzi, al contrario, l’Occidente è l’Anti-Europa da parecchi secoli a questa parte!!!

La ricchezza dell’Europa sta nelle sue diversità e nelle sua cultura. Qui sta il suo Spirito, la sua Anima.

Al contrario dell’Occidente americanomorfo contraddistinto dall’ omologazione ed omogeneizzazione della globalizzazione mondialista e dal totalitarismo liberale.

Si tratta di un libro molto interessante sotto molteplici aspetti, nel quale analisi e sintesi convivono mirabilmente grazie al fatto che l’autore mette a frutto l’esperienza di funzionario al Parlamento Europeo con la professione giornalistica. Scritto in uno stile semplice e chiaro tratta argomenti tra i più disparati. Tra cui appare opportuno selezionarne alcuni per l’importanza storica e la dimensione d’attualità.

PROGETTO DERAGLIATO

Nella prima parte l’autore passa in rassegna le diverse tappe del processo di unificazione europea:

  1. La CECA (Comunità Europea del Carbone e dell’Acciaio) costituita nel 1951 dall’ Europa carolingia dei 6 paesi fondatori.
  2. La CED (Comunità Europea di Difesa), fallita nel 1954 a causa della mancata ratifica parlamentare francese ( con sollievo britannico).
  3. La Conferenza di Messina del 1955 durante la quale si delinearono le tappe x il MEC
  4. I TRATTATI di ROMA del 1957 ( con la firma dei soliti 6 paesi e grande valenza storica).
  5. L’EFTA del 1960. Accordo liberoscambista contro la CEE patrocinato dall’Inghilterra con la partecipazione di Danimarca, Norvegia, Svezia, Svizzera e Portogallo.
  6. Il TRATTATO di MAASSTRICHT del 1992 in cui vennero fissate le regole e i parametri per entrare nella UE

Certo il contesto internazionale permane all’epoca quello della guerra fredda (Indocina 1946-54, Corea 1950-53; Rivolta ungherese e occupazione franco-inglese del Canale di Suez 1956). Quindi con tutti i limiti ed i condizionamenti del caso. Quadro che però non giustifica una lettura meramente complottista di eterodirezione e di subordinazione totale, stile COMECON filosovietico, al blocco occidentale, versione che continua ad allignare in una serie di blog e siti web, spesso contraddistinti da un approccio demagogico e complottistico.

Anzi, secondo Arena sono molteplici i segnali in controtendenza: dai veti di De Gaulle, nel 1963 e 1967, all’ingresso dell’Inghilterra onde evitare l’americanizzazione del progetto europeo (il Regno Unito solo nel 1973 entrerà nella CEE e la Francia gollista, nel 1966, uscirà dalla NATO) all’Ostpolitik tedesca (1970-1974), voluta e perseguita da Willy Brandt, fino alla politica della Jugoslavia non allineata.

Così come poi, nella fase del declino del progetto europeo, avremo il proposito della “casa comune gorbacioviana” con Kohl e la “Triangolazione commerciale UE/Russia/Ucraina” della Merkel negli anni duemila, con l’ Ucraina considerata paese neutrale e congiunzione tra Europa e Russia. Tentativi che dureranno fino al 2014, con il tentativo franco-tedesco di un “governo provvisorio di unità nazionale” a Kiev affossato dall’incaricata d’affari americana Victoria Nuland con i fatti di Maidan ed il colpo di Stato contro il legittimo presidente ucraino eletto Janukovyc.

Insomma nessun percorso lineare: influenze in senso positivo e negativo nel corso dei decenni. L’Europa come prospettiva politica unitaria e indipendente ha avuto dall’inizio molti nemici esterni ed interni ( in vari paesi contrapposizione tra euroatlantici, euro- mediterranei e tendenze autonomiste e terzaforziste) Vedi in Italia il decennio innovatore del boom economico del 1953-1963 con l’azione di uomini quali Fanfani, Gronchi, Mattei o gli anni 80 del CAF.

Arena suddivide la lunga storia del processo di unificazione europeo in tre fasi distinte:

FASE ASCENDENTE (1951-1991) lunga 40 anni

FASE del DECLINO (1992-2022) di 30 anni

AGONIA ATTUALE (2022-2024) gli ultimi 2 anni che costituiscono una pietra tombale su una Europa politicamente e militarmente indipendente, oltre alle conseguenze economico-produttive e finanziarie. Adesso in fase involutiva e regressiva.

Il MOMENTO DI SVOLTA tra la prima e la seconda fase è il crollo del muro di Berlino e la dissoluzione dell’ URSS. Le speranze riposte da giornalisti, intellettuali, studiosi, giovani, e dall’opinione pubblica internazionale, vanno nella direzione della fine dell’incubo della guerra nucleare e della fine della logica degli scontri. Si prospetta insomma un liberi tutti…ma le amministrazioni nordamericane, l’Intelligence ed il complesso militar-industriale statunitense, interpretano invece la congiuntura come una definitiva ed inattesa vittoria sul campo! Un’opportunità estremamente favorevole x passare all’incasso ed estendere all’intero pianeta l’unilateralismo americano ed il dominio assoluto degli USA in tutti gli scacchieri possibili (Medio Oriente, Corno d’Africa, Asia Centrale, America Latina, Europa del Sud-Est), facendo uscire, al contempo, l’economia americana dalla recessione.

Da qui la lunga stagione dei conflitti (1991-2014)

  • La I guerra del Golfo (1991).
  • L’attacco alle Torri Gemelle (2001) ed il progetto neocon contro i cosiddetti “Stati canaglia” ( Iraq, Siria, Libano, Iran, Somalia, Sudan, Afghanistan).
  • L’Invasione dell’Afghanistan talebano che non c’entrava nulla con gli attentati e che aveva distrutto la rete internazionale dell’oppio.
  • La II Guerra del Golfo (2003). I falsi dossier sulle armi di distruzione di massa predisposti in USA e G.B e la realtà di un Saddam Hussein intenzionato a vendere il greggio iracheno in euro.
  • Le primavere arabe e la disintegrazione della Libia (2010-2012): emigrazione, instabilità politica, acquisizioni degli approvvigionamenti petroliferi da parte di compagnie anglo-americane.
  • Il califfato dell’ISIS, creato e supportato dalla Cia.
  • Le crisi regionali nel Sud-Est Europa (2008-2014): Kossovo e conflitto con la Serbia del 1999 con 850.000 serbi deportati fuori dalle loro terre, Georgia,

Ma ad essere colpite furono anche aree occidentali considerate “alleate”. Infatti il nuovo scenario da imporre al mondo intero con la globalizzazione iperliberista prevedeva privatizzazioni, abbattimento del welfare, delocalizzazioni produttive, finanza predatrice ed economia virtuale. Le borse della City e di Wall Street non dovevano incontrare più ostacoli, di nessun tipo, neanche fra gli “alleati”.

Ne sono un evidente esempio le vicende italiane, come la destabilizzazione subita dal Giappone negli stessi anni ( anche lì per un decennio le accuse di corruzione alla classe politica andarono di pari passo con atti di terrorismo ). Guarda caso due paesi che si trovavano, in quel momento, al quarto e quinto posto tra le più grandi potenze economiche mondiali.

LE STRANE DINAMICHE ITALIANE DEL 1992-1993:

  • Dimissioni anticipate di Cossiga, strage di Capaci ed elezione di Scalfaro
  • Incontro sul panfilo Britannia (giugno 1992), alla presenza di Draghi ed Andreatta, con finanzieri e banchieri inglesi per progettare la dismissione del patrimonio pubblico italiano.
  • La Corte dei Conti nega il visto di regolarità al Bilancio dello Stato per la prima volta nella storia della Repubblica.
  • Incarico a Giuliano Amato e Decreto 333: IRI, ENI; ENEL ed INA trasformate in Società x azioni e poi dismissione di SIP, TELECOM, ENEL, ecc. con privatizzazioni simili a svendite a prezzi stracciati.
  • Declassamento BTP italiani (agosto)
  • Attacco speculativo di Soros, Svalutazione del 30% ed uscita dallo SME (settembre)
  • Privatizzazione delle Banche Pubbliche (Banca Commerciale, Credito Italiano, Banca di Roma, San Paolo, Mps, Ina…)
  • Suicidi ed arresti di dirigenti delle Partecipazioni Statali e dell’Iri (febbraio-giugno 1993).
  • Cambio di status della Banca d’Italia che dalla proprietà e gestione pubblica passa a quella di Istituti di Credito privati.

In meno di due anni il “sistema paese” Italia viene distrutto. Lo Stato italiano fino a quel momento controllava treni, aerei, autostrade, acqua, elettricità e gas, l’80% del sistema bancario, l’intera telefonia, la Rai, porzioni consistenti dell’industria chimica e siderurgica, meccanica ed alimentare, impiegando circa il 20% della forza lavoro. A pochi anni di distanza dall’inizio dello smantellamento programmato della presenza statale precipita il PIL, si contrae la bilancia dei pagamenti, la capacità di potere d’acquisto di salari e stipendi si decurta, reddito disponibile e risparmi si contraggono, ecc.

Molti, dall’opposizione cosiddetta antisistema (Lega, Msi, ecc.), plaudono inconsapevoli, ipnotizzati dal crollo repentino della Prima Repubblica. Il Pci invece, trasformatosi in meno di un lustro da quinta colonna dell’Unione Sovietica in braccio operativo delle holding finanziarie e degli interessi statunitensi, sotto la segreteria di Occhetto e la guida dei cosiddetti “miglioristi” di Napolitano e Macaluso, si appresta ad assumere la guida del governo. Il progetto, patrocinato dal quotidiano “La Repubblica” prevede l’alleanza tra Pri, Pds e forze minori laico-azioniste (La Rete ed altri) e si pone sotto stretta tutela di Mediobanca e di poderosi gruppi industriali (De Benedetti, Benetton, Caracciolo, ecc.).

Ma quello che colpisce di più sono alcuni fatti, altrettanto inquietanti, riguardo gli attentati del 1993, seguiti all’uccisione dei magistrati Falcone e Borsellino:

  • L’esplosivo usato per la strage di Capaci, risulterebbe in dotazione a strutture militari NATO
  • I siti da dove partono le telefonate di rivendicazione degli attentati mafiosi di Firenze, Roma e Milano, della sedicente “Falange armata”, sono le sedi periferiche del SISMI
  • Dei 16 nominativi coinvolti negli attentati mafiosi contro beni ed istituzioni culturali tra Firenze, Roma e Milano, ben 15 fanno parte di Gladio, secondo le dichiarazioni del CESIS, l’organismo di coordinamento dei servizi segreti italiani, guidato all’epoca dall’ex ambasciatore Francesco Paolo Fulci.

Tra le immediate conseguenze di questa drammatica stagione si ha la rinuncia dello Stato e della Politica italiana al loro tradizionale ruolo di indirizzo dell’economia.

Insomma le stragi di mafia e le vicende di Tangentopoli appaiono funzionali ad un disegno politico internazionale di destabilizzazione simile a quello utilizzato negli Anni di Piombo e della Strategia della Tensione (1969-1981), quando invece l’obiettivo era la stabilizzazione di equilibri politici precari.

LE AMBIGUITA’ DI CERTO SOVRANISMO

L’onda lunga di protesta e contestazione anti establishment emersa in tutta Europa dopo la crisi economica del 2008 e che aveva visto nascere, crescere impetuosamente, ed affermarsi una serie di formazioni populiste anti-sistema, è andata arenandosi e retrocedendo dalle iniziali posizioni di lotta e d’avanguardia.

Emblematico il caso di Podemos in Spagna, nato  dalle proteste degli Indignados contro le misure di austerità nel 2011, e passato dall’autonomia politica e parlamentare e dalle procedure di democrazia diretta all’appoggio dei governi sistemici di centro-sinistra. Stessa sorte di Syriza, il movimento populista greco, che nel gennaio 2015 forma un governo con i “Greci Indipendenti”, la destra euroscettica di ANEL, per poi, nonostante il referendum vinto contro la Troika (BCE, FMI, Commissione Europea) a luglio, fare marcia indietro con il premier Tsipras che accetta, dapprima, maggiori tasse ed aumento dell’ età pensionabile ed infine, addirittura, il commissariamento di un’intera nazione e la razzia generalizzata di pressoché tutti i suoi beni senza neanche riuscire a rinegoziare, in modo adeguato e conveniente per il paese, il debito greco.

Vicende analoghe in Italia per il M5Stelle, Lega e Fdi. Tutte formazioni pronte ad alzare il dito d’accusa contro le istituzioni europee, Commissione, Euro, BCE, tecnocrati di Bruxelles, ma non sui responsabili della deriva mercatista post 1991 e tanto meno sulle forze esterne, di matrice anglo-americana, interessate a mettere davvero fuori gioco ogni ipotesi continentale terzaforzista.

Lo schieramento sovranista, inoltre, appare quanto mai diviso a livello territoriale e politico. Nel parlamento di Strasburgo partiti e movimenti riconducibili, in un modo o nell’altro, a quest’area, risultano iscritti a ben quattro gruppi diversi ( Conservatori e riformisti, Patrioti per l’Europa, Europa delle Nazioni Sovrane, Non Iscritti). Pur potendo contare nel complesso su 219 deputati su un totale di 720 e rappresentando quindi, per numero, il più forte raggruppamento in assoluto, l’incapacità di costituire un unico blocco comune ha infatti letteralmente vanificato la consistente spinta euro-critica ed euroscettica palesatasi in maniera evidente nelle recenti elezioni di giugno.

All’interno stesso di questi gruppi per di più, spesso si trovano fianco a fianco, tendenze “rigoriste” e frugali quali quelle dei sovranisti olandesi e scandinavi accanto all’ungherese Fidesz di Orban, il Pis polacco o l’Unione dei Contadini e Verdi di Lituania radicalmente avversi a politiche di tal genere.

Nella penisola iberica troviamo liberisti, antiregionalisti e filoNato come Vox (Spagna) e Chega (Portogallo), a rappresentare “Identità e Democrazia” alla cui guida si trovano il Rassemblement National francese, l’FPO austriaco e la Lega di Salvini, notoriamente su ben altre posizioni .

Baltici e polacchi nazionalisti, cattolici ed anticomunisti mantengono alta la polemica contro la Russia (russofobia) a differenza dello Smer slovacco o dei bulgari di Rinascita.

Nonostante la stragrande maggioranza degli italiani sia contraria alle sanzioni contro la Russia, agli esorbitanti aiuti miliardari e all’invio di armi all’Ucraina, Fdi, come quasi tutto lo scacchiere politico parlamentare, è schierato a prescindere con Zelenski e Israele.

E non sono pochi coloro che, all’interno di questi schieramenti, sorvolano sugli enormi fattori d’influenza e condizionamento costituiti dalla cupola dell’Alta Finanza, al cui vertice 9 Banche d’Affari internazionali ( J. P. Morgan, Goldman Sachs, Bank of America, Citigroup, Ubs, Barclays, ecc.) e 5 grandi Fondi d’Investimento tra cui (Vanguard e Black Rock), interconnessi fra loro e adusi ad operare in sinergia, detengono insieme il 25% del risparmio totale gestito nel mondo.

Di fronte a questo scenario frammentato ed incapacitante il libro di Antonio Arena indica alle forze europee, sinceramente indipendentiste, una rotta possibile ed una prospettiva futura. Un modello confederale rafforzato con un nucleo coeso e ristretto di una dozzina di paesi ed una serie di cerchi concentrici, a latere, con un assetto complessivo di quattro macro-aree regionali aventi caratteristiche simili al loro interno:  nordica, mitteleuropea, mediterranea ed orientale.

E soprattutto offre, oltre ad analisi ponderate, la consapevolezza critica di un cammino difficile quanto inevitabile da seguire per la rinascita di un antico sogno sempre attuale, quello dell’I-Dea Europa, dell’Europa-Nazione!

Il libro e l’autore

Nonostante l’ottimismo sbandierato dai suoi funzionari, l’Unione Europea è in una evidente fase regressiva e i cittadini di tutte le nazioni aderenti al Trattato di Maastricht hanno visto inesorabilmente ridursi il proprio tenore di vita. Questo libro ne spiega le ragioni.

Questo saggio ha l’ambizione di dimostrare che un’altra Europa sarà possibile solo prendendo coscienza di quelle cause che l’hanno fatta deragliare dai suoi propositi ideali. Un nuovo inizio sarà possibile se si riconosceranno come non casuali gli eventi rivelatisi dannosi per l’Europa; se si comprende che contro di essa hanno agito e continuano ad agire potenti nemici esterni ed interni; se si prende atto che taluni dei compagni di cammino (o soci per meglio dire) sono entrati nel “Club Europa” principalmente per meri scopi mercatisti, cercando (e talvolta riuscendovi) di cambiarne lo statuto fondante; se si superano le pulsazioni vetero nazionaliste (da tutti contro tutti); se si eviteranno le forzature normative e interpretative dei Trattati a vantaggio di alcuni Stati (Germania su tutti) e penalizzanti per altri (Italia su tutti); se si porrà fine, in politica estera, alle fughe in avanti da parte di singoli Stati membri, che hanno causato altrettanti o maggiori danni alla coesione europea di quanto non abbiano fatto le rigidità sui decimali di deficit da parte della Commissione europea; se si lasceranno ai margini delle Istituzioni europee tutte quelle pulsioni o input pseudo valoriali e relativistici che provengono da lobbies o influencer globali, che dividono più che unire e che pretendono di “indicare la giusta via” ai cittadini europei – dove per giusta via si intende il sottostare ai diktat del politicamente corretto.

Antonio Arena (1954) è giornalista pubblicista, già funzionario dell’Unione Europea.

L’incontro

A Giradini Naxos  l’incontro letterario ha visto la partecipazione anche di “Checco” Rovella, Massimo Scaffidi e Fulvia Toscano.

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14 Settembre 2024

Autore:

redazione


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